23 Aprile 2012

Risarcibilità del danno non patrimoniale da lesione di uno stretto congiunto – Risarcimento dei pregiudizi esistenziali – Presunzioni

“Al genitore di persona, che abbia subito la paralisi ostetrica del braccio destro all’esito di errato intervento in sede di parto, spetta il risarcimento del danno non patrimoniale sofferto in conseguenza di tale evento, dovendo, ai fini della liquidazione del relativo ristoro, tenersi in considerazione la sofferenza (o patema d’animo) anche sotto il profilo della sua degenerazione in obiettivi profili relazionali._x000d_
La prova di tale danno può essere data anche con presunzioni. Ne consegue che in presenza dell’allegazione del fatto-base delle gravi lesioni subite dal figlio convivente, il giudice deve ritenere provata la sofferenza interiore (o patema d’animo) e lo sconvolgimento dell’esistenza che per la madre ne derivano, dovendo nella liquidazione del relativo ristoro tenere conto di entrambi i suddetti profili. Incombe alla parte nel cui sfavore opera la presunzione dare la prova contraria idonea a vincerla”

Il caso di specie pone attenzione alla richiesta risarcitoria avanzata dalla madre di un bambino che, a seguito della lesione del plesso nervoso brachiale conseguente ad un errato intervento in sede di parto, riportava la paralisi ostetrica del braccio destro._x000d_
In particolare la madre lamentava la mancata liquidazione, in sede di appello, del danno esistenziale che aveva subito, a fronte delle modificate relazioni e modalità di vita del gruppo familiare (la fondatezza delle quali poteva evincersi mediante presunzioni), e tenuto conto della circostanza che aveva dovuto lasciare il lavoro per occuparsi a tempo pieno del figlio, fatto che aveva trovato conferma nella prova testimoniale assunta._x000d_
La Suprema Corte, mediante la sentenza in commento, affronta l’argomento della prova del danno non patrimoniale risarcibile, specificando che “ove il danneggiato abbia, come nella specie, allegato sia il fatto base della normale e pacifica convivenza del proprio nucleo familiare, che le gravi lesioni subite dal proprio congiunto all’esito del fatto/evento lesivo hanno comportato una sofferenza interiore tale da determinare un’alterazione del proprio relazionarsi con il mondo esterno, inducendolo a scelte di vita radicalmente diverse, incombe sul danneggiante dare la prova contraria idonea a vincere la presunzione della sofferenza interiore e dello sconvolgimento esistenziale, riverberante anche in radicali scelte di vita diverse, che dalla perdita o anche solo dalla lesione del rapporto parentale, normalmente discendono”._x000d_
Affermato, poi, che le presunzioni scaturenti dalla prova testimoniale indicata dalla madre del bambino, assunta in primo grado, potevano fondare la richiesta risarcitoria, la Cassazione riconosce la risarcibilità del danno non patrimoniale iure proprio del congiunto, sotto il profilo relazionale ed esistenziale anche nel caso in cui si sia verificata la lesione e non la perdita del rapporto parentale, ritenendo non conforme ai principi di diritto la statuizione della Corte d’Appello, per la quale non risultava che “le lesioni permanenti riportate dal bambino, peraltro solo all’arto superiore del braccio destro, abbiano riverberato i propri effetti negativi sul legame con i genitori”._x000d_
La sentenza impugnata è stata cassata, con disposizione per la Corte d’Appello competente per il giudizio rescissorio dell’applicazione dei principi di diritto massimati.