Rimessa alle Sezioni Unite la questione concernente l’onere probatorio in tema di prescrizione del diritto alla ripetizione di indebito nei rapporti banca-cliente

Cass. Civ., Sez. I, ordinanza 30 ottobre 2018, n. 27680 (Rel. Lamorgese)

Rimessa alle Sezioni unite la questione concernente il riparto dell'onere probatorio in tema di prescrizione del diritto alla ripetizione di indebito nei rapporti banca-cliente. Secondo un primo orietamento, elemento costitutivo della eccezione di prescrizione estintiva è l'inerzia del titolare del diritto fatto valere in giudizio, mentre la determinazione della durata di questa, necessaria per il verificarsi dell'effetto estintivo, si configura come una quaestio iuris concernente l'identificazione del diritto stesso e del regime prescrizionale per esso previsto dalla legge. Ne consegue che la riserva alla parte del potere di sollevare l'eccezione implica che ad essa sia fatto onere soltanto di allegare il menzionato elemento costitutivo e di manifestare la volontà di profittare di quell'effetto, non anche di indicare direttamente o indirettamente (cioè attraverso specifica menzione della durata dell'inerzia) le norme applicabili al caso di specie, l'identificazione delle quali spetta al potere-dovere del giudice. Pertanto, secondo quest'ultimo orientamento, non incorre nelle preclusioni di legge la parte che, proposta originariamente un'eccezione di prescrizione quinquennale, invochi nel successivo corso del giudizio la prescrizione ordinaria decennale, o viceversa. Inoltre, il riferimento della parte ad uno di tali termini non priva il giudice del potere officioso di applicazione (previa attivazione del contraddittorio sulla relativa questione) di una norma che prevede un termine diverso, atteso che la questione relativa all'applicabilità di uno specifico termine di prescrizione attiene all'obbligo inerente all'esatta applicazione della legge, la cui rilevazione non è riservata al monopolio della parte ma può avvenire anche d'ufficio.
Secondo un diverso orientamento, invece, è onere della banca provare la natura solutoria del versamento per far decorrere da tal momento la prescrizione.

Adempimento del debito, da parte del coobbligato, dopo la dichiarazione di fallimento

Cass. Civ., Sez. I, sentenza 17 ottobre 2018, n. 26003 (Rel. De Marzo)

Il coobbligato, il quale intenda far valere, con l'ammissione al passivo, l'avvenuto pagamento successivo aIla dichiarazione di fallimento, deve dimostrare, ai sensi dell'art. 61, secondo comma, l. fall., il carattere integralmente satisfattivo delle ragioni ereditarie;

il principio di cristallizzazione della massa passiva (ossia della sostanziale immutabilità dell'insinuazione) rende irrilevante il pagamento parziale, ancorché quest'ultimo esaurisca l'obbligazione del solvens (per es., in caso di fideiussore parziale).

Concordato omologato e successiva dichiarazione di fallimento: il credito ammesso al fallimento è quello originario

Cass. Civ., Sez. I, sentenza 17 ottobre 2018, n. 26002 (Rel. Lamorgese)

Gli accordi stipulati nel piano di concordato preventivo omologato, non risolto né annullato, cui segua la dichiarazione di fallimento, non possono restare fermi e, dunque, il credito ammissibile al fallimento è quello originario (per l'intero) e non quello soggetto alla falcidia concordataria.

L’iscrizione ipotecaria su beni di valore superiore al credito non è fonte di responsabilità per il creditore

Cass. Civ., Sez. III, ordinanza 5 ottobre 2018, n. 24565 (Rel. Pellecchia)

La mera iscrizione ipotecaria effettuata dal creditore su beni di valore eccedente il credito vantato non è idonea a costituire fonte di danno risarcibile (cfr., ex multis, Cass. civ. Sez. I, 30 luglio 2010, n. 17902; Cass. civ. Sez. III, 3 settembre 2007, n. 18533; Cass. civ., Sez. III, 24 luglio 2007, n. 16308).

Gli obblighi informativi dell’intermediario finanziario ed il concreto profilo dell’investitore

Cass. Civ., Sez. VI, ordinanza 4 ottobre 2018, n. 24393 (Rel. Dolmetta)

La prestazione dell'informazione circa margini e termini di rischio di una specifica operazione si pone come momento in sé funzionale a che l'investitore vada a considerare - nel caso, a riconsiderare - gli effettivi suoi interesse e propensione a procedere nel senso di investimenti particolarmente rischiosi. E non già - questo è il punto - rispetto all'astratto atteggiarsi una categoria concettuale, secondo quanto per regola avviene nel momento del rilascio, da parte dell'investitore, della dichiarazione generale sui propri obiettivi di investimento. Bensì con riferimento a una singola, concreta operazione di investimento, come ormai individuata in tutti i suoi aspetti salienti. Neppure la sussistenza di una buona conoscenza del mercato finanziario, tratta dall'esperienza della relativa pratica, viene a incidere sulla consistenza degli obblighi informativi dell'intermediario; infatti, come ha rilevato la già richiamata pronuncia n. 8333/2018, la «buona conoscenza del mercato finanziario è indizio, semmai, della capacità di distinguere tra investimenti consigliabili e sconsigliabili, sempre che, però, si disponga delle necessarie informazioni sullo specifico prodotto oggetto dell'operazione, che dunque si ha tutto l'interesse a ricevere». Ché, anzi, proprio perché frutto del mero accumularsi delle operazioni effettuate, la «buona conoscenza» dell'investitore ha particolarmente bisogno di essere vigilata e nutrita dalla doverosa professionalità dell'intermediario.

Credito fondiario

Cass. Civ., Sez. VI, ordinanza 3 ottobre 2018, n. 24138 (Rel. Dolmetta)

Il credito fondiario - che non rispetti il rapporto tra valore del bene ipotecato e montante del mutuo concesso fissato dalla normativa di cui all'art. 38 TUB - è nullo perché posto in essere in violazione di norme imperative (Cass., 13 luglio 2017, n. 17352, Cass., 9 maggio 2018, n. 11201; Cass., 16 marzo 2018, n. 6586; Cass., 12 aprile 2018, n. 9079; Cass., 11 maggio 2018, n. 11543; Cass., 28 maggio 2018, n. 13285; Cass., 28 maggio 2018, n. 13286). In realtà, il limite dell'«ammontare massimo del finanziamento» posto dalla norma dell'art. 38, comma 2, TUB (come poi specificato dalla correlata normativa regolamentare) è requisito che non si accontenta della presenza di riscontri formali, ma attiene alla sostanza del rapporto tra misura del credito concedibile e valore della garanzia a servizio. Secondo quanto discende prima di tutto dalla caratteristica strutturale di base del mutuo fondiario, quale concessione di credito in cui la valutazione del futuro «rientro» dell'erogato viene in modo specifico a puntualizzarsi, se non propriamente a circoscriversi, su determinati beni immobili portati in garanzia.

La “nullità selettiva” nei contratti-quadro

Cass. Civ., Sez. I, ordinanza 2 ottobre 2018, n. 23927 (Rel. Valitutti)

La Prima Sezione ha rimesso all’esame del Primo Presidente, per la valutazione dell’eventuale assegnazione alle Sezioni unite, la questione di massima di particolare importanza riguardante l'ammissibilità di un uso selettivo della nullità del contratto quadro, riconoscendo all'investitore il potere di chiederne la limitazione degli effetti solo ad alcune delle operazioni poste in essere in esecuzione del rapporto contrattuale dichiarato nullo.

La falsificazione di un assegno non trasferibile non costituisce più reato ma solo illecito civile

Cass. Pen., Sez. un., sentenza 10 settembre 2018, n. 40256

La falsità commessa su un assegno bancario munito della clausola di non trasferibilità configura la fattispecie di cui all'art. 485 cod. pen, abrogato dall'art. 1, comma 1, lett. a), del d.lgs. 15 gennaio 2016, n. 7 e trasformato in illecito civile.
Rimane, invece, la persistente rilevanza penale degli assegni trasmissibili mediante girata, senza che ciò determini alcuna ingiustificata disparità di trattamento, in ragione della rilevata peculiarità della odierna disciplina sulla clausola di trasmissibilità degli assegni, qualificata da particolari limiti quantitativi e dalla soddisfazione di specifiche ragioni dell'emittente, tali da rendere non irragionevole la scelta del legislatore di conservarne la rilevanza penale.

Insinuazione nel passivo fallimentare di credito derivante da saldo negativo di conto corrente:onere probatorio a carico della banca

Cass. Civ., Sez. I, ordinanza 12 settembre 2018, n. 22208

Nell'insinuare al passivo fallimentare il credito derivante da saldo negativo di conto corrente la banca ha l'onere di dare conto dell'intera evoluzione del rapporto tramite il deposito degli estratti conto integrali; il curatore, eseguite le verifiche di sua competenza, ha l'onere di sollevare specifiche contestazioni in relazione a determinate poste, in presenza delle quali la banca ha a sua volta l'onere di integrare la documentazione, o comunque la prova, del credito relativamente alle contestazioni sollevate; il giudice delegato o, in 7 Corte di Cassazione - copia non ufficiale sede di opposizione, il TRibunale, in mancanza di contestazioni del curatore, è tenuto a prendere atto dell'evoluzione storica del rapporto contrattuale come rappresentata negli estratti conto, pur conservando il potere di rilevare d'ufficio ogni eccezione non rimessa alle sole parti, che si fondi sui fatti in tal modo acquisiti al giudizio.

Inadempimento dell’intermediario finanziario: risoluzione del contratto quadro e dei singoli ordini di investimento

Cass. Civ., Sez. I, ordinanza 4 luglio 2018, n. 17497

In materia di compravendita di strumenti finanziari, l'investitore, a seguito dell'inadempimento dell'intermediario ai propri obblighi di informazione, imposti dalla normativa di legge e di regolamento Consob e derivanti dalla stipula del cd. contratto quadro, può domandare la risoluzione non solo di quest'ultimo ma anche dei singoli ordini di investimento - aventi natura negoziale e tra loro distinti e autonomi - quando il relativo inadempimento sia di non scarsa importanza.» (Cass. 23 maggio 2017, n. 12937).

La diversa incidenza che può avere l'inadempimento degli obblighi d'informazione posti a carico degli intermediari finanziari, ove sia collocabile, rispettivamente, in epoca antecedente o successiva rispetto alle operazioni di investimento o disinvestimento compiute in esecuzione del "contratto quadro", può condurre, a seconda dei casi, alla risoluzione dell'intero rapporto ovvero soltanto di quelli derivanti dai singoli ordini impartiti alla banca.» (Cass. 9 agosto 2016, n. 16820).