I contratti “My way” non sono meritevoli di tutela

Cass. Civ., Sez. I, ordinanza 4 aprile 2018, n. 8342

Il contratto "My Way" non è meritevole di tutela ai sensi dell'art. 1322, comma 2, c.c., perché la struttura negoziale (che prevede l'acquisto di prodotti finanziari mediante un mutuo erogato dalla stessa banca che gestisce o emette quegli strumenti, poi costituiti in pegno a garanzia dell'eventuale mancato rimborso del finanziamento) pone l'alea della operazione in capo al solo risparmiatore, il quale, a fronte dell'obbligo di restituire le somme mutuate ad un saggio d'interesse non tenue, non ha una certa prospettiva di lucro, laddove invece la banca consegue vantaggi certi e garantiti. Né il rischio dell'inadempimento del risparmiatore può farsi rientrare nell'alea contrattuale, così incidendo nel meccanismo funzionale del rapporto, atteso che l'interesse al corretto adempimento del proprio debitore è circostanza comune ad ogni contratto (conf.Cass. 10 novembre 2015, n. 22950 ).

I contratti “4 You” non sono meritevoli di tutela

Cass. Civ., Sez. VI, ordinanza 28 marzo 2018, n. 7751

Ai fini dell'art. 1322 c.c., comma 2, non integra un interesse meritevole di tutela da parte dell'ordinamento, per contrasto con i principi generali ricavabili dagli arti. 47 e 38 Cost., sulla tutela del risparmio e l'incoraggiamento delle forme di previdenza anche privata, quello perseguito mediante un contratto atipico fondato sullo sfruttamento delle preoccupazioni previdenziali del cliente da parte degli operatori professionali mediante operazioni negoziali complesse di rischio e di unilaterale riattribuzione del proprio rischio d'impresa, in ordine alla gestione di fondi comuni comprendenti anche titoli di dubbia o problematica redditività nel proprio portafoglio, in capo a colui a cui il prodotto è stato espressamente presentato come rispondente alle esigenze di previdenza complementare, quale piano pensionistico a profilo di rischio molto basso e con possibilità di disinvestimento senza oneri in qualunque momento; pertanto, non è efficace per l'ordinamento il contratto atipico il quale, in dette circostanze, consista, tra l'altro, nella concessione di un mutuo di durata ragguardevole all'investitore, destinato all'acquisto di prodotti finanziari della finanziatrice ed in un contestuale mandato alla banca ad acquistare detti prodotti anche in situazione di potenziale conflitto d'interessi» (conf. Cass. 20 settembre 2015, n. 19559). In particolare, nel «4 You», il raggiungimento di un beneficio economico futuro a fini previdenziali è «radicalmente disatteso non dall'andamento imprevedibile dei mercati, ovvero da un rischio che poteva essere contenuto nel nucleo causale del contratto atipico in questione, ove accompagnato dalle cautele previste dal t.u.f. e dalla normazione regolamentare Consob, ma dal tessuto di regole e vincoli contrattuali, congegnati in modo tale da esporre il cliente esclusivamente a conseguenze svantaggiose» (conf. Cass. 15 febbraio 2016, n. 2900).

Gli ordini di investimento non devono avere forma scritta

Cass. civ., Sez. VI, ordinanza 28 marzo 2018, n. 7746

L'art. 23 t.u.f., laddove impone la forma scritta, a pena di nullità, per i contratti relativi alla prestazione di servizi di investimento, si riferisce ai contratti quadro, e non ai singoli ordini di investimento che vengano poi impartiti dal cliente all'intermediario (per tutte: Cass. 9 agosto 2017, n. 19759; Cass. 2 agosto 2016, n. 16053; Cass. 29 febbraio 2016, n. 3950). Né è rilevante, [...], quanto prescritto dal Regolamento Consob n. 11522/1998 con riferimento agli ordini telefonici. Infatti, l'art. 60 del detto regolamento, che impone alla banca intermediaria di registrare su nastro magnetico, o altro supporto equivalente, gli ordini inerenti alle negoziazioni in valori mobiliari impartiti telefonicamente dal cliente, costituisce uno strumento atto a garantire agli intermediari, mediante l'oggettivo ed immediato riscontro della volontà manifestata dal cliente, l'esonero da ogni responsabilità quanto all'operazione da compiere, ma non impone, in assenza di specifica previsione, un requisito di forma, sia pure ad probationem, degli ordini suddetti, restando inapplicabile la preclusione di cui all'art. 2725 c.c. (Cass. 15 gennaio 2016, n. 612).

Gestione del portafoglio, riparto dell’onere probatorio

Cass. Civ., Sez. I, ordinanza 20 marzo 2018, n. 6973

a) Nell'ambito del rapporto contrattuale di gestione del portafoglio, non rientra nella nozione normativa d'istruzione vincolante l'ordine di acquisto che comporti una modifica radicale della linea d'investimento stabilita nel programma negoziale preesistente, dovendosi in tale ipotesi applicare le regole imperative relative all'assolvimento degli obblighi informativi così come prescritto dall'art. 21 del d.lgs n. 58 del 1998 e dagli artt. 26,27,28, 29 e 45 del Reg. Consob n. 11522 del 1998.
b) La ripartizione dell'onere della prova stabilita nell'art. 23 del d.lgs n. 58 del 1998 si applica anche all'accertamento della violazione dell'obbligo endocontrattuale relativo alla sussistenza del conflitto d'interessi, essendo sufficiente all'investitore di fornire allegazione specifica della denunciata situazione.

Il nesso causale nella responsabilità dell’intermediario finanziario

Cass. Civ., Sez. VI, ordinanza 20 marzo 2018, n. 6962

In tema di intermediazione finanziaria, nella ipotesi di inosservanza dell'obbligo di informazione attiva, l'esistenza del nesso causale va accertata in concreto, non potendosi escludere che l'investitore, una volta correttamente informato, avrebbe deciso di dar corso ugualmente all'investimento (conf. Cass. 25 ottobre 2017, n. 25335).

Violazione degli obblighi informativi da parte della Banca ed esclusione del concorso di colpa del cliente

Cass. Civ., Sez. I, ordinanza 28 febbraio 2018, n. 4727

L'intermediario che sia rimasto inadempiente agli specifichi obblighi informativi previsti dalla legge non può invocare l'attenuazione della sua responsabilità, ex art. 1227 c.c., per non avere l'investitore condiviso i suggerimenti (nella specie, ad alleggerire la posizione creditoria o ad uscire dall'investimento) da lui ricevuti dopo l'esecuzione dell'ordine di acquisto ed entro il termine di scadenza dell'investimento, atteso che tale condotta non comporta un'esposizione volontaria ad un rischio, né viola una regola di comune prudenza (conf. Cass. n. 17333 del 31/08/2015).

Legittimazione attiva e passiva delle filiali di una Banca

Cass. Civ., Sez. I, ordinanza 26 febbraio 2018, n. 4503

L'attività posta in essere dalle filiali o succursali di una banca, in quanto prive di personalità giuridica, così come indicato nella Direttiva CEE n. 780 del 12 dicembre 1977 ed espressamente ribadito dall'art. 1, lett. e) del d.lgs. 1 settembre 1993, n. 385, deve essere imputata all'istituto di credito di cui costituiscono un'emanazione periferica, non essendo tali stabilimenti sottratti al regime generale delle sedi secondarie delle imprese operanti in forma societaria; ai dirigenti preposti a tali filiali e succursali, peraltro, è, di regola, riconosciuta la qualità di institore, ai sensi dell'art. 2203 cod. civ., dalla quale deriva la loro legittimazione attiva e passiva in giudizio in nome della banca preponente con imputazione a quest'ultima dell'attività giudiziaria da essi svolta (conf. Cass. n. 1365/2016)

La mala fede dell’intermediario non può essere desunta dall’imputabilità dell’inadempimento

Cass. Civ., Sez. I, ordinanza 16 febbraio 2018, n. 3912

In tema di intermediazione finanziaria, allorché sia stata pronunciata la risoluzione del contratto per inadempimento della banca, non può reputarsi in re ipsa la prova della malafede, traendo tale convincimento dalla mera imputabilità ad essa dell'inadempimento che abbia determinato la risoluzione del contratto: pena la vanificazione in nuce del diverso trattamento posto dall'art. 2033 cod. civ., in quanto, pur ove l'azione di ripetizione di indebito venga esercitata in ragione di un inadempimento della parte accipiente, il principio posto dalla norma non soffre eccezione.

Violazione degli obblighi informativi a carico dell’intermediario finanziario e nesso di causalità

Cass. Civ., Sez. I, ordinanza 16 febbraio 2018, n. 3914

Il comportamento dell'intermediario che trascura di onorare scrupolosamente i propri compiti di informazione del cliente si manifesta, in sé stesso, come fattore di «disorientamento» del risparmiatore. Nel disegno normativo del TUF e del Regolamento intermediari, il comportamento in concreto tenuto dall'intermediario in punto di informazione del prodotto viene di per sé assunto come uno dei momenti costitutivi - sul piano strutturale - delle singole decisioni di investimento che vengono assunte dal risparmiatore. La presunzione di sussistenza del nesso di causalità tra omessa informazione e danno patito dall'investitore non esclude, com'è del resto naturale, la possibilità di una prova contraria che provenga dall'intermediario. Una simile prova viene propriamente ad atteggiarsi, più nello specifico, come prova positiva di sopravvenienze che risultino in sé atte a deviare il corso della catena causale emergente dal vigente sistema normativo delineato dalla disciplina di settore.