Randagismo – Oneri probatori a carico del danneggiato

Tribunale di Marsala, 20 luglio 2018, n. 773 (g. F. Bellafiore)

Per affermare la responsabilità in caso di danni provocati da animale randagio, non è sufficiente individuare semplicemente l'ente preposto alla cattura dei randagi ed alla custodia degli stessi, non essendo materialmente esigibile - anche in considerazione della possibilità di spostamento di tali animali - un controllo del territorio così penetrante e diffuso, ed uno svolgimento dell'attività di cattura così puntuale e tempestiva da impedire del tutto che possano comunque trovarsi sul territorio in un determinato momento degli animali randagi, occorrendo, piuttosto, che sia specificamente allegato e provato dall'attore che, nel caso di specie, la cattura e la custodia dello specifico animale randagio che ha provocato il danno era nella specie possibile ed esigibile, e che l'omissione di esse sia derivata da un comportamento colposo dell'ente preposto (ad esempio perché vi erano state specifiche segnalazioni della presenza abituale dell'animale in un determinato luogo, rientrante nel territorio di competenza dell'ente preposto, e ciò nonostante quest'ultimo non si era adeguatamente attivato per la sua cattura).
(Nel caso di specie, la domanda attorea viene rigettata in ragione dell'omessa specifica allegazione e prova, di cui l'istante era onerata in base alla regola generale di cui all'art. 2043 c.c., della condotta obbligatoria concretamente esigibile dall'Ente comunale e specificamente omessa, oltre che della riconducibilità del sinistro al mancato adempimento della detta condotta doverosa.)

Domicilio digitale, notificazioni e decorrenza termine per impugnare

Cass. Civ., Sez. un., sentenza 23 luglio 2018, n. 19526

A seguito dell'introduzione del domicilio digitale, corrispondente all'indirizzo PEC che ciascun avvocato ha indicato al Consiglio dell'ordine di appartenenza, previsto dall'art. 16-sexies d.l. 18/10/2012, n. 179, come modificato dal d.l. 24/06/2014, n. 90, non è più possibile effettuare le comunicazioni o le notificazioni presso la cancelleria dell'ufficio giudiziario procedente (se munito di PEC, nella specie giurisdizionale@pec.cnf.it ), anche se l'avvocato destinatario ha omesso di eleggere il domicilio nel comune in cui ha sede quest'ultimo, a meno che, oltre a tale omissione, non ricorra altresì la circostanza che l'indirizzo di posta elettronica certificata non sia accessibile per cause imputabili al destinatario (Cass., 11/07/2017, n. 17048 e 15/09/2017, n. 21519; conf. Cass., Sez. U., 31/05/2016, n. 11383). Tale principio di diritto, enunciato riguardo al processo civile, va esteso al processo dinanzi al Consiglio nazionale forense, al quale si applicano norme e principi del codice di rito civile (art. 37, legge n. 247/2012; conf. Cass., Sez. U., 26/07/2004, n. 13975), i quali, invece, unicamente per il giudizio di cassazione (art. 366, secondo comma, cod. proc. civ.; art. 16-sexies, d.l. n.179/2012) prescrivono che, in mancanza di espresse indicazioni, le notificazioni devono essere effettuate in cancelleria (Cass., 05/10/2017, n. 23289; conf. Cass., Sez. U., 20/06/2012, n. 10143). 1.4 Consequenzialmente, non risultando dagli atti l'inaccessibilità dell'indirizzo di posta elettronica certificata dell'avvocato, non era consentita la notificazione della sentenza presso gli uffici del Consiglio nazionale forense; il che rende operante il termine "lungo" di cui all'art. 327 cod. proc. civ.

La compensazione non può essere dichiarata dal giudice se il controcredito è oggetto di accertamento in separato giudizio

Cass. Civ., Sez. VI, ordinanza 20 luglio 2018, n. 19450

In tema di compensazione dei crediti, se è controversa, nel medesimo giudizio instaurato dal creditore principale o in altro già pendente, l'esistenza del controcredito opposto in compensazione, il giudice non può pronunciare la compensazione, neppure quella giudiziale, perché quest'ultima, ex art. 1243, comma 2, c.c., presuppone l'accertamento del controcredito da parte del giudice dinanzi al quale è fatta valere, mentre non può fondarsi su un credito la cui esistenza dipenda dall'esito di un separato giudizio in corso e prima che il relativo accertamento sia divenuto definitivo. In tale ipotesi, resta pertanto esclusa la possibilità di disporre la sospensione della decisione sul credito oggetto della domanda principale, ed è parimenti preclusa l'invocabilità della sospensione contemplata in via generale dall'art. 295 c.p.c. o dall'art. 337, comma 2, c.p.c, in considerazione della prevalenza della disciplina speciale dell'art. 1243 c.c.. (conf. Cass. n. 23225/2016).

Pignoramento presso terzi: l’ordine di assegnazione è titolo esecutivo una volta portato a conoscenza del terzo assegnatario

Cass. Civ., Sez. VI, ordinanza 20 luglio 2018, n. 19447

In tema di esecuzione mobiliare presso terzi, l'ordinanza con la quale il giudice dell'esecuzione assegna in pagamento al creditore procedente la somma di cui il terzo pignorato si è dichiarato debitore nei confronti del debitore espropriato costituisce titolo esecutivo nei confronti del terzo ed a favore dell'assegnatario, ma acquista tale efficacia soltanto dal momento in cui sia portato a conoscenza del terzo assegnatario o dal momento successivo a tale conoscenza che sia specificamente indicato nell'ordinanza di assegnazione.

Danno morale e lesione fisio-relazionale

Cass. Civ., sez. III, ordinanza 19 luglio 2018, n. 19158 (rel. Moscarini)

Nel procedere all'accertamento e alla quantificazione del danno non patrimoniale, deve tenersi conto del recente intervento del legislatore sugli artt. 138 e 139 codice delle assicurazioni, come modificati dall'art. 1, comma 17, della legge 4 agosto 2017, n. 124, la cui novellata rubrica (titolata "danno non patrimoniale", in sostituzione della precedente "danno biologico"), e il cui contenuto consentono di distinguere definitivamente il danno dinamico-relazionale da quello morale. Ne deriva che il giudice deve congiuntamente, ma distintamente, valutare la compiuta fenomenologia della lesione non patrimoniale, e cioè tanto l'aspetto interiore del danno sofferto (cd. danno morale, sub specie del dolore, come in ipotesi della vergogna, della disistima di sé, della paura, ovvero della disperazione) quanto quello dinamico-relazionale (destinato a incidere in senso peggiorativo su tutte le relazioni di vita esterne del soggetto).
Nella valutazione del danno in parola, ma non diversamente da quella di tutti gli altri danni alla persona conseguenti alla lesione di un valore/interesse costituzionalmente protetto, il giudice dovrà, pertanto, valutare, a fini risarcitori, tanto le conseguenze subite dal danneggiato nella sua sfera morale (che si collocano nella dimensione del rapporto del soggetto con sé stesso), quanto quelle incidenti sul piano dinamico-relazionale della sua vita (che si dipanano nell'ambito della relazione del soggetto con la realtà esterna, con tutto ciò che, in altri termini, costituisce "altro da sé").

Contratto di assicurazione: clausole che delimitano o escludono il rischio

Cass. Civ., Sez. VI, ordinanza 19 luglio 2018, n. 19251

Nel contratto di assicurazione sono da considerare clausole limitative della responsabilità, per gli effetti dell'art. 1341 c.c, (con conseguente sottoposizione delle stesse alla necessaria e specifica approvazione preventiva per iscritto) quelle clausole che limitano le conseguenze della colpa o dell'inadempimento o che escludono il rischio garantito, mentre attengono all'oggetto del contratto, e non sono perciò, assoggettate al regime previsto dal comma 2, di detta norma, le clausole che riguardano il contenuto ed i limiti della garanzia assicurativa e, dunque, specificano il rischio garantito. Nella fattispecie in esame, sotto il titolo "delimitazione dell'assicurazione - esclusioni", non si ricomprendono nel rischio assicurato "i danni provocati da lavori di scavo, sterro e reinterro, a condutture ed impianti sotterranei in genere, a fabbricati ed a cose in genere dovuti ad assestamento, cedimenti, franamento o vibrazioni del terreno da qualsiasi causa determinati"; con tale clausola, l'assicuratore (quale tra l'altro "predisponente" il contenuto contrattuale in modo unilaterale sottoscritto dall'assicurato), ha previsto una così ampia casistica, di attività ipotizzabili nell'esercizio di impresa edile, da apparire la stessa clausola finalizzata non ad una consentita "specificazione" del rischio contrattuale, bensì ad una non corretta esclusione in toto di quest'ultimo, con modalità tali, quindi, da incidere in concreto negativamente sulla sussistenza della causa del contratto di assicurazione, destinato proprio a garantire i rischi collegati all'attività imprenditoriale in questione.

Notifica telematica e ricorso per Cassazione

Cass. Civ., Sez. VI, ordinanza 18 luglio 2018, n. 19068

Se il destinatario della notifica del provvedimento impugnato intende proporre ricorso per cassazione, dovrà depositare nella cancelleria della Corte copia analogica del messaggio di posta elettronica ricevuto e dei relativi allegati, atto impugnato e relazione di notifica, e dovrà attestare la conformità di tali documenti cartacei agli originali digitali. L'autenticazione del messaggio p.e.c. è poi necessaria, perché solo di lì si evince giorno e ora in cui si è perfezionata la notifica per il destinatario, essendo altresì necessaria l'autenticazione dei suoi due allegati: relazione della notificazione a mezzo p.e. e provvedimento impugnato autenticato dall'avvocato che ha provveduto alla notifica, in quanto solo così si adempie a quanto previsto dall'art. 369 c.p.c., laddove richiede, a pena d'improcedibilità, il deposito di "copia autentica della sentenza o della decisione impugnata con la relazione di notificazione, se questa è avvenuta".

La parcellizzazione del credito è valida se fondata su uno specifico interesse concreto

Cass. Civ., Sez. II, ordinanza 16 luglio 2018, n. 18849

Le domande aventi ad oggetto diversi e distinti diritti di credito, benché relativi ad un medesimo rapporto di durata tra le parti, possono essere proposte in separati processi, ma, ove le suddette pretese creditorie, oltre a far capo ad un medesimo rapporto tra le stesse parti, siano anche, in proiezione, inscrivibili nel medesimo ambito oggettivo di un possibile giudicato o, comunque, fondate sullo stesso fatto costitutivo, - sì da non poter essere accertate separatamente se non a costo di una duplicazione di attività istruttoria e di una conseguente dispersione della conoscenza dell'identica vicenda sostanziale - le relative domande possono essere formulate in autonomi giudizi solo se risulti in capo al creditore un interesse oggettivamente valutabile alla tutela processuale frazionata e, laddove ne manchi la corrispondente deduzione, il giudice che intenda farne oggetto di rilievo dovrà indicare la relativa questione ex art.183 c.p.c. riservando, se del caso, la decisione con termine alle parti per il deposito di memorie ex art.101, comma 2, c.p.c. (Cass., Sez. un., sentenza 16 febbraio 2017, n. 4090).

La revocatoria della cessione del credito

Cass. Civ., Sez. I, ordinanza 15 luglio 2018, n. 18729

Poiché la cessione di credito è un negozio a causa variabile - potendo essere stipulata anche a fine di garanzia, oltre che di pagamento - e poiché sono diverse le condizioni di assoggettabilità a revocatoria fallimentare dei pagamenti e delle garanzie, l'effettiva funzione solutoria della cessione "pro solvendo" di un credito va accertata in concreto, in ragione della sua eventuale destinazione all'estinzione o alla riduzione di una pregressa esposizione passiva: destinazione che peraltro dipende unicamente dal contesto oggettivo e soggettivo della cessione stessa, e non già da quello del successivo pagamento del credito ceduto (cfr. Cass. n. 15955/2005).