Il termine entro cui il proprietario del veicolo è tenuto a comunicare all’organo di polizia che procede i dati relativi al conducente decorre dalla richiesta rivolta al proprietario dall’autorità

Cass. Civ., Sez. II, ordinanza 9 luglio 2018, n. 18027

In tema di sanzioni amministrative conseguenti a violazioni del codice della strada, il termine entro cui il proprietario del veicolo è tenuto, ai sensi dell'art.126-bis comma 2 CdS, a comunicare all'organo di polizia che procede i dati relativi al conducente, non decorre dalla definizione del procedimento di opposizione avverso il verbale di accertamento dell'infrazione presupposta, ma dalla richiesta rivolta al proprietario dall'autorità, trattandosi di un'ipotesi di illecito istantaneo previsto a garanzia dell'interesse pubblicistico relativo alla tempestiva identificazione del responsabile, del tutto autonomo rispetto all'effettiva commissione di un precedente illecito (conf. Cass., Sez. II, sentenza 23 luglio 2015, n.15542; Cass., Sez. II, sentenza 10 novembre 2010, n. 22881). Ne consegue che l'autorità non è tenuta a soprassedere alla richiesta di comunicazione dei dati del conducente del mezzo in attesa della definizione della contestazione della violazione originaria.

Codice della strada: la contestazione deve essere immediata tranne nei casi di impossibilità

Cass. Civ., Sez. II, ordinanza 9 luglio 2018, n. 18023

La contestazione immediata deve, dunque, essere effettuata se e quando sia possibile in relazione alle modalità di organizzazione del servizio predisposto dall'Amministrazione secondo il suo insindacabile giudizio, servizio il cui fine istituzionale è pur sempre quello di reprimere comportamenti pericolosi per la regolarità della circolazione e la vita degli utenti delle strade, mentre può legittimamente non essere effettuata in ogni altro caso in cui sia stato comunque impossibile procedervi. L'indicazione, poi, nel verbale di contestazione notificato, d'una ragione che rendesse ammissibile la contestazione differita dell'infrazione, rende ipso facto legittimo il verbale e la conseguente irrogazione della sanzione, senza che, in proposito, sussista alcun margine d'apprezzamento, in sede giudiziaria, circa la possibilità concreta di contestazione immediata della violazione, dovendo escludersi che il sindacato del giudice dell'opposizione possa riguardare le scelte organizzative dell'amministrazione.

La surrogazione dell’assicuratore ex art. 1916 c.c. non è automatica

Cass. Civ., Sez. II, sentenza 9 luglio 2018, n. 18016

La surroga dell'assicuratore, prevista dall'art. 1916 c.c., non avviene automaticamente per effetto del solo pagamento della indennità all'assicurato, bensì quando l'assicuratore, avvalendosi del disposto della citata norma, richieda al danneggiante il rimborso dell'indennità; pertanto, qualora l'assicuratore non si avvalga di tale facoltà, il danneggiato, ancorché abbia già riscosso l'indennità assicurativa, può agire per il risarcimento totale, senza che il responsabile possa opporgli l'avvenuta riscossione.

La tutela processuale frazionata è legittima se fondata su un interesse specifico e concreto

Cass., Civ., Sez. II, ordinanza 9 luglio 2018, n. 18014

e domande aventi ad oggetto diversi e distinti diritti di credito, relativi ad un medesimo rapporto di durata tra le parti, possono essere proposte in separati processi, ma, ove le suddette pretese creditorie, oltre a far capo ad un medesimo rapporto tra le stesse parti, siano anche, in proiezione, inscrivibili nel medesimo ambito oggettivo di un possibile giudicato o, comunque, fondate sullo stesso fatto costitutivo, - sì da non poter essere accertate separatamente se non a costo di una duplicazione di attività istruttoria e di una conseguente dispersione della conoscenza dell'identica vicenda sostanziale - le relative domande possono essere formulate in autonomi giudizi solo se risulti in capo al creditore un interesse oggettivamente valutabile alla tutela processuale frazionata, e, laddove ne manchi la corrispondente deduzione, il giudice che intenda farne oggetto di rilievo dovrà indicare la relativa questione ex art. 183, c.p.c., riservando, se del caso, la decisione con termine alle parti per il deposito di memorie ex art. 101, comma 2, c.p.c (Cass., Sez. Un., sentenza 16 febbraio 2017, n. 4090). Nel caso di specie, la questione relativa alla mancanza di un interesse oggettivamente valutabile alla tutela processuale frazionata (riscontrata dal primo giudice e posta a base della pronuncia di improponibilità) ha formato oggetto di precedente deduzione nel giudizio di merito, atteso che la linea difensiva adottata dalla società convenuta era improntata principalmente sulla improponibilità della domanda per abusivo frazionamento del credito, concetto che, come è evidente, presuppone logicamente proprio la contestazione dell'esistenza di un interesse meritevole di tutela giuridica.

Per la chiamata in garanzia il convenuto deve costituirsi tempestivamente

Cass. Civ., sez. III, ordinanza 5 luglio 2018, n. 17607 (rel. Cigna)

Il convenuto per poter legittimamente formulare, ai sensi del combinato disposto degli artt. 167, comma terzo, e 269 cod. proc. civ., l'istanza di chiamata in causa di un terzo deve necessariamente costituirsi tempestivamente, ovvero nel rispetto del termine fissato dall'art. 166 dello stesso codice di rito, di modo che in caso di tardività della costituzione deve conseguire la declaratoria di inammissibilità della predetta richiesta" (Cass. 12490/2007).
Inoltre, in base al disposto dell'art. 269, secondo comma, cod. proc. civ., il convenuto che intenda chiamare in giudizio un terzo ha l'onere di inserire nella comparsa di risposta sia la formulazione della chiamata che l'istanza di spostamento della prima udienza, sicché incorre nella decadenza prevista dalia medesima disposizione anche quando provveda solo al primo di tali adempimenti, ma non al secondo (Cass. 10579/2013).
Né può ritenersi rilevante la mancata eccezione al riguardo da parte della Compagnia, posto che detta decadenza è rilevabile d'ufficio ed insuscettibile di sanatoria per effetto della costituzione del terzo chiamato, ancorché questi non abbia sul punto sollevato eccezioni, in quanto il principio della non rilevabilità di ufficio della nullità di un atto per raggiungimento dello scopo si riferisce esclusivamente all'inosservanza di forme in senso stretto, e non di termini perentori, per i quali vigono apposite e distinte norme (conf. Cass. 22113/2015).

Decreto ingiuntivo in favore dei professionisti

Cass. Civ., Sez. II, ordinanza 6 luglio 2018, n. 17911

L'art. 636, comma primo, c.p.c., nel disciplinare i presupposti per l'emissione del decreto ingiuntivo in favore dei professionisti ai sensi dell'art. 633, comma 1, nn. 2 e 3 c.p.c., assegna alla parcella professionale corredata dal parere del Consiglio dell'ordine di appartenenza una valenza probatoria privilegiata a carattere vincolante e ai fini della sola pronuncia dell'ingiunzione, mentre tale valore probatorio non permane anche nella fase di opposizione, nel quale è il giudice a dover valutare la congruità degli importi richiesti - o a stabilire quanto competa al professionista - sulla base degli atti di causa (Cass. 15 gennaio 2018, n. 712; Cass. 11 gennaio 2016, n. 430; Cass. 13 aprile 2015, n. 7413). Difatti, l'opposizione ex art. 645 c.p.c. dà luogo ad un autonomo giudizio di cognizione che si svolge secondo le norme del procedimento ordinario, con la conseguenza che il giudice dell'opposizione è investito del potere - dovere di pronunciare sulla pretesa fatta valere con la domanda di ingiunzione, ancorché il decreto ingiuntivo sia stato emesso fuori delle condizioni stabilite dalla legge per il procedimento monitorio (Cass. 29 gennaio 1999, n. 807). La mancanza del parere dell'ordine professionale e della parcella contenente l'esposizione delle spese e dei diritti, può - perciò - essere eventualmente valutata sotto il solo profilo del regolamento delle spese processuali, ma non impedisce al giudice dell'opposizione di valutare autonomamente la fondatezza della pretesa creditoria (cfr. Cass. 12 febbraio 1998, n. 1505).

L’istanza di verificazione deve essere presentata entro il termine per la produzione in giudizio del documento

Cass. Civ., Sez. II, ordinanza 6 luglio 2018, n. 17902

La parte che intenda avvalersi di una scrittura privata disconosciuta deve presentare l'istanza di verificazione, in modo non equivoco, entro il termine perentorio previsto per le deduzioni istruttorie delle parti, ossia entro il termine entro il quale è possibile la produzione del documento (conf. Cass. n. 2411/2005).

La mancata indicazione del “nome del file” nella attestazione di conformità non vizia la notifica se è stato raggiunto lo scopo

Cass. Civ., Sez. II, ordinanza 6 luglio 2018, n. 17893

La mera mancata indicazione del "nome del file" nella attestazione di conformità della copia informatica, vertendo su un aspetto meramente formale, non causa la nullità della notificazione, inquanto è evidente che il documento informatico contenente il controricorso per cassazione è stato ricevuto e quindi lo scopo della notifica è stato pienamente raggiunto.

Cassazione: errata deduzione dei motivi di impugnazione

Cass. Civ., sez. V, sentenza 5 luglio 2018, n. 17629

In merito alle conseguenze della errata deduzione, per orientamento consolidato, il ricorso per cassazione, avendo ad oggetto censure espressamente e tassativamente previste dall'art. 360, comma 1, c.p.c., deve essere articolato in specifici motivi riconducibili in maniera immediata ed inequivocabile ad una delle cinque ragioni di impugnazione stabilite dalla citata disposizione, pur senza la necessaria adozione di formule sacramentali o l'esatta indicazione numerica di una delle predette ipotesi. Pertanto, nel caso in cui il ricorrente lamenti l'omessa pronuncia, da parte dell'impugnata sentenza, in ordine ad una delle domande o eccezioni proposte, non è indispensabile che faccia esplicita menzione della ravvisabilità della fattispecie di cui al n. 4 del comma 1 dell'art. 360 c.p.c., con riguardo all'art. 112 c.p.c., purché il motivo rechi univoco riferimento alla nullità della decisione derivante dalla relativa omissione, dovendosi, invece, dichiarare inammissibile il gravame allorché sostenga che la motivazione sia mancante o insufficiente o si limiti ad argomentare sulla violazione di legge.

Il patrocinio a spese dello Stato non copre le spese di trasferta

Cass. civ., Sez. II, ordinanza 5 luglio 2018, n. 17656

In base al D.P.R. n. 115 del 2002, il soggetto ammesso al patrocinio a spese dello Stato ha il diritto di nominare un difensore ed un consulente di parte che non operino all'interno del distretto di corte di appello ove è in corso il giudizio, ma, al contempo, tale patrocinio non copre alcuni oneri, nello specifico "le spese e le indennità di trasferta previste dalla tariffa professionale" (per l'affermazione di un principio simile, pur se nella vigenza del testo previgente del decreto de quo: Cass., Sez. III, 20 ottobre 2009, n. 22178). Si tratta di previsioni esplicite e di portata generale, dettate per esigenze di contenimento della spesa pubblica e che contemperano in maniera ragionevole questo interesse con il diritto del singolo a scegliere liberamente il proprio difensore.