Confessione del conducente (es. CID): esclusa efficacia probatoria nei confronti di proprietario e assicurazione
In merito all’efficacia della confessione del conducente nei confronti del proprietario e dell’assicuratore, deve ritenersi che la confessione proveniente da un soggetto litisconsorte facoltativo, qual è il
conducente danneggiante non proprietario del veicolo, ha valore di piena prova solo nei confronti
del medesimo confidente, come previsto dall'art. 2733, secondo comma, cod. civ., con la
conseguenza che il giudice può accogliere la domanda nei suoi confronti e rigettarla nei
confronti dell’assicuratore della r.c.a. e del proprietario (ex multis, Cass. 20.4.2023 n. 10687;
Cass. 19327/2017).
La mera dichiarazione confessoria del conducente responsabile non proprietario del veicolo
danneggiante è liberamente apprezzabile dal Giudice nei riguardi del proprietario e del suo
assicuratore, in applicazione dell’art. 2733 co. 3 c.c., come affermato da una più che consolidata
giurisprudenza (vds. ex multis, Cass. 13718/2021; 19327/2017; 3875/2014).
Per tale ragione è principio costantemente affermato che nel giudizio promosso dal
danneggiato nei confronti dell'assicuratore della responsabilità civile da circolazione stradale,
la dichiarazione, avente valore confessorio, contenuta nel modulo di constatazione amichevole
del sinistro (cosiddetto C.I.D.), per essere opponibile all'assicuratore e generare la presunzione iuris tantum di cui all’art. 143 CAP, deve essere resa dal responsabile del danno che sia anche
proprietario del veicolo assicurato e dunque litisconsorte necessario, non anche dal conducente
del veicolo che non sia anche proprietario del mezzo, il quale è solo litisconsorte facoltativo
(Cass. Sez. 3, Sentenza n. 8214 del 04/04/2013. SS.UU. n. 10311 del 5/5/2016; 20/2/2018 n.
4010).