Cassazione – Specialità della procura – Ricorso nativo digitale e procura analogica

Cass. Civ., sez. III, ordinanza interlocutoria, 13 luglio 2023, n. 20176 (rel. A. Tatangelo)

In base alla previsione di cui all'art. 83, comma 3, c.p.c., ultimo periodo, che contiene un espresso riferimento alla procura redatta su supporto cartaceo in caso di costituzione telematica, può ritenersi che: sia tuttora legittimo il rilascio della procura difensiva su supporto cartaceo, anche in caso di ricorso nativo digitale e di costituzione telematica nell'ambito del PCT; sia sufficiente, ai fini del deposito nel fascicolo processuale telematico, la trasmissione all'ufficio della sua copia digitale in modalità telematica; la relativa sottoscrizione possa essere autenticata dallo stesso difensore, sebbene non si trovi a margine o in calce dell'atto cui accede.
Gli ulteriori e specifici requisiti di specialità della procura difensiva, che restano dettati esclusivamente nel c.p.c. (dall'art. 83 e, per il ricorso per cassazione, dall'art. 365), non prevedono alcuna equiparazione, ai fini del requisito di specialità, tra la redazione della procura in calce o a margine di un atto processuale e la congiunzione mediante strumenti informatici tra tale atto, qualora esso sia nativo digitale, e la (mera) copia digitale della procura cartacea.
Il D.M. n. 44 del 2011 sulle regole tecniche per la realizzazione del PCT, all'art. 18 disciplina semplicemente le modalità tecniche in cui deve avvenire la notificazione a mezzo PEC da parte dei difensori dei suddetti atti processuali, ma non modifica, né potrebbe modificare, le norme processuali sulla validità di detti atti (quindi anche sui requisiti di specialità della procura difensiva, che sono requisiti di validità della stessa: e, per il giudizio di legittimità, di ammissibilità del medesimo). Ne consegue che, nel giudizio di legittimità, in caso di costituzione telematica con ricorso nativo digitale, la procura difensiva che sia redatta su distinto supporto cartaceo, sia sottoscritta dalla parte in modalità analogica e nello stesso modo tale sottoscrizione sia autentica dal difensore, non potrebbe mancare di essere speciale almeno per contenuto ovvero intrinsecamente, non potendolo essere per "collocazione topografica".

Danni da perdita del rapporto parentale – Liquidazione equitativa – Obbligo di motivazione

Cass. Civ., sez. III, ordinanza 11 luglio 2023, n. 19731 (rel. E. Vincenti)

La liquidazione equitativa, anche nella sua forma cd. "pura", consiste in un giudizio di prudente contemperamento dei vari fattori di probabile incidenza sul danno nel caso concreto, sicché, pur nell'esercizio di un potere di carattere discrezionale, il giudice è chiamato a dare conto, in motivazione, del peso specifico attribuito ad ognuno di essi, in modo da rendere evidente il percorso logico seguito nella propria determinazione e consentire il sindacato del rispetto dei principi del danno effettivo e dell'integralità del risarcimento. Ne consegue che, allorché non siano indicate le ragioni dell'operato apprezzamento e non siano richiamati gli specifici criteri utilizzati nella liquidazione, la sentenza incorre sia nel vizio di nullità per difetto di motivazione (indebitamente ridotta al disotto del "minimo costituzionale" richiesto dall'art. 111 Cost., comma 6) sia nel vizio di violazione dell'art. 1226 c.c. (Cass. n. 22272/2018).
In definitiva, una liquidazione equitativa del danno, priva di specifica motivazione, si pone in violazione non solo della legge processuale (art. 132 c.p.c.), ma anche dell'art. 1226 c.c., perché ciò che difetta è non solo la motivazione, ma anche la valutazione e tale valutazione deve dare conto anche del profilo della quantificazione del danno sotto il profilo dell'"inferenza degli importi riconosciuti dai dati presupposti" (Cass. n. 33005/2021).

Interpretazione contratto assicurativo – Principio del gradualismo – Resp. cose in custodia – Rigetto domanda di garanzia

Cass. Civ., sez. III, ordinanza 17 luglio 2023, n. 20593 (rel. E. Vincenti)

La scelta da parte del giudice del merito del mezzo ermeneutico più idoneo all’accertamento della comune intenzione dei contraenti non è sindacabile in sede di legittimità qualora sia stato rispettato il principio del “gradualismo”, secondo il quale deve farsi ricorso ai criteri interpretativi sussidiari, come l’interpretatio contra stipulatorem in presenza di modulo predisposto da uno dei contraenti ai sensi dell’art. 1370 c.c., solo quando risulti non appagante il ricorso ai criteri di cui agli artt. 1362 - 1365 c.c., tenuto conto che il carattere prioritario dell’elemento letterale non va inteso in senso assoluto, atteso che il richiamo nell’art. 1362 c.c. alla comune intenzione delle parti impone di estendere l’indagine ai criteri logici, teleologici e sistematici anche laddove il testo dell’accordo sia chiaro, ma incoerente con indici esterni rivelatori di una diversa volontà dei contraenti

Cassazione – Ricorso improcedibile (notificato e non depositato) – Iscrizione a ruolo – Raddoppio contributo unificato

Cass. Civ., Sezioni Unite, sentenza 17 luglio 2023 n. 20621 (rel. A. Scarpa)

La pronuncia con cui la Corte di Cassazione dichiara l'improcedibilità del ricorso, per effetto del mancato deposito dello stesso a norma dell'art. 369 c.p.c., a seguito della iscrizione a ruolo a tal fine richiesta dalla parte cui il ricorso sia stato notificato, deve rendere l'attestazione della sussistenza del presupposto processuale per il raddoppio del contributo unificato di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1- quater, essendo il provvedimento adottato inquadrabile nei tipi previsti dalla norma.

Polizza infortuni – Rinuncia alla surroga – Esclusa la compensatio lucri cum damno

Tribunale di Milano, sez. X, sentenza 11 aprile 2023, n. 2894 (g. D. Spera)

La polizza infortuni stipulata dalle parti, prevedendo in concreto una rinuncia da parte dell'assicuratore al proprio diritto di surroga ex art. 1916 c.c., ha una finalità previdenziale e, quindi, assume in concreto una configurazione del tutto similare a quella delle assicurazioni sulla vita, rispetto alle quali deve escludersi l'operatività della compensatio lucri cum damno.

Appello – Nulla la notificazione PEC a indirizzo di posta ordinaria – Sanatoria con rinnovazione

Cass. Civ., sez. III, sentenza 31 maggio 2023, n. 15345 (rel. R. Bellè)

In caso di invio della notificazione con modalità telematiche ai sensi della L. n. 53 del 1994, art. 3-bis da una casella PEC ad una casella di posta elettronica ordinaria del destinatario, la notifica, in presenza di ricevuta di accettazione, è nulla e non inesistente, non potendosi presumere - salvo prova contraria - la totale assenza di un inoltro telematico di dati presso il destinatario, di cui restano solo incerti gli esiti e dovendosi quindi ritenere sussistente una fase di consegna, seppure non vi sia prova del perfezionamento della notificazione e dunque l'atto non sia in sé idoneo a raggiungere gli effetti suoi propri.
In presenza di nullità, la rinnovazione della notifica autorizzata dal Giudice d'appello sana ogni vizio nell'introduzione del gravame, ai sensi dell'art. 291 c.p.c. (v. per il principio Cass. 8 marzo 2017, n. 5853, nonché Cass. 17 aprile 2018, n. 9404; Cass. 28 agosto 2013, n. 19818).

Lesione capacità lavorativa in ipotesi di invalidità al 100%: danno patrimoniale (futuro) e danno biologico – Criteri di liquidazione

Cass. Civ., sez. III, ordinanza 13 giugno 2023, n. 16844 (rel. F.M. Cirillo)

In presenza di un soggetto che è divenuto invalido al 100 per cento fin dalla nascita a causa di una malpractice sanitaria, ogni discussione circa la distinzione tra capacità lavorativa generica e specifica e sulla possibile ricomprensione del danno patrimoniale in quello biologico è del tutto fuor di luogo. In tali casi, il danneggiato, non solo non è in grado di svolgere, all’attualità, alcuna attività lavorativa, ma neppure potrà mai svolgerla in futuro, data la gravità e l’irreversibilità della sua condizione. In una situazione del genere non ha senso compiere alcuna previsione di quella che potrà essere, in futuro, l’attività lavorativa svolta dalla danneggiata; ma è palese che la persona danneggiata certamente ha patito, in conseguenza del fatto dannoso, la definitiva e totale perdita della sua capacità di lavoro, pur non potendosi fare riferimento alla capacità di lavoro specifica, posto che la parte non ha mai lavorato. E tale perdita dovrà essere risarcita a titolo (anche) di danno patrimoniale e non certo (soltanto) di danno biologico, proprio per il fatto che la vittima non potrà mai svolgere alcuna attività lavorativa in conseguenza del fatto dannoso.

Danno ambientale – Inquinamento atmosferico – Lesione del diritto alla salute: diritto soggettivo e competenza del giudice ordinario

Cass. Civ., Sezioni Unite, ordinanza 23 febbraio 2023, n. 5668 (rel. F.M. Cirillo)

Le cause relative al risarcimento del danno derivante dalla lesione del diritto alla salute causato dall’inquinamento atmosferico sono devolute alla giurisdizione del giudice ordinario, poiché il diritto alla salute mantiene sempre la sua natura di diritto soggettivo, non degradabile a interesse legittimo.

Le Sezioni Unite in tema di danni da emotrasfusione su nesso causale, oneri probatori ed efficacia di giudicato

Cass. Civ., Sezioni Unite, sentenza 6 luglio 2023, n. 19129 (rel. F. Cirillo)

a) Nel giudizio risarcitorio promosso nei confronti del Ministero della Salute in relazione ai danni subiti per effetto della trasfusione di sangue infetto, il verbale redatto dalla Commissione medica di cui all'art. 4 della L. n. 210 del 1992 non ha valore confessorio e, al pari di ogni altro atto redatto da pubblico ufficiale, fa prova ex art. 2700 c.c. dei fatti che la commissione attesta essere avvenuti in sua presenza o essere stati dalla stessa compiuti, mentre le diagnosi, le manifestazioni di scienza o di opinione costituiscono materiale indiziario soggetto al libero apprezzamento del giudice che, pertanto, può valutarne l'importanza ai fini della prova, ma non può attribuire allo stesso il valore di prova legale.
b) Nel medesimo giudizio, il provvedimento amministrativo di riconoscimento del diritto all'indennizzo ex lege n. 210 del 1992, pur non integrando una confessione stragiudiziale, costituisce un elemento grave e preciso da solo sufficiente a giustificare il ricorso alla prova presuntiva e a far ritenere provato, per tale via, il nesso causale, sicché il Ministero per contrastarne l'efficacia è tenuto ad allegare specifici elementi fattuali non potuti apprezzare in sede di liquidazione dell'indennizzo o sopravvenute acquisizioni della scienza medica, idonei a privare la prova presuntiva offerta dal danneggiato dei requisiti di gravità, precisione e concordanza che la caratterizzano.
c) Nel giudizio di risarcimento del danno il giudicato esterno formatosi fra le stesse parti sul diritto alla prestazione assistenziale ex lege n. 210 del 1992 fa stato quanto alla sussistenza del nesso causale fra emotrasfusione e insorgenza della patologia ed il giudice del merito è tenuto a rilevare anche d'ufficio la formazione del giudicato, a condizione che lo stesso risulti dagli atti di causa.

Morte sopraggiunta dopo le lesioni – Danno biologico temporaneo – Danno morale soggettivo – Consapevolezza delle proprie condizioni

Cass. Civ., sez. III, ordinanza 8 giugno 2023, n. 16272 (rel. L. Rubino)

Nel caso di morte sopraggiunta a seguito di lesioni personali, qualora la vittima non abbia avuto consapevolezza della sua fine imminente, deve escludersi il diritto degli eredi, iure hereditatis, alla liquidazione del danno morale puro spettante al de cuius, proprio perché esso presuppone, per entrare nel patrimonio del defunto, che questi percepisca la condizione in cui si trova, che sia cosciente quel tanto che le basti per percepire la sua condizione di malattia ed i patimenti, psichici e fisici, ad essa associati, e, ancor più perché percepisca la sofferenza creata dalla paura della morte imminente.
Diversamente, il danno biologico temporaneo provocato dalla lesione mortale sarà risarcibile a prescindere dalla consapevolezza che la vittima ne abbia avuto, dal momento che quel pregiudizio consiste nella oggettiva perdita delle attività quotidiane.