Lesione capacità lavorativa in ipotesi di invalidità al 100%: danno patrimoniale (futuro) e danno biologico – Criteri di liquidazione

Cass. Civ., sez. III, ordinanza 13 giugno 2023, n. 16844 (rel. F.M. Cirillo)

In presenza di un soggetto che è divenuto invalido al 100 per cento fin dalla nascita a causa di una malpractice sanitaria, ogni discussione circa la distinzione tra capacità lavorativa generica e specifica e sulla possibile ricomprensione del danno patrimoniale in quello biologico è del tutto fuor di luogo. In tali casi, il danneggiato, non solo non è in grado di svolgere, all’attualità, alcuna attività lavorativa, ma neppure potrà mai svolgerla in futuro, data la gravità e l’irreversibilità della sua condizione. In una situazione del genere non ha senso compiere alcuna previsione di quella che potrà essere, in futuro, l’attività lavorativa svolta dalla danneggiata; ma è palese che la persona danneggiata certamente ha patito, in conseguenza del fatto dannoso, la definitiva e totale perdita della sua capacità di lavoro, pur non potendosi fare riferimento alla capacità di lavoro specifica, posto che la parte non ha mai lavorato. E tale perdita dovrà essere risarcita a titolo (anche) di danno patrimoniale e non certo (soltanto) di danno biologico, proprio per il fatto che la vittima non potrà mai svolgere alcuna attività lavorativa in conseguenza del fatto dannoso.

Danno ambientale – Inquinamento atmosferico – Lesione del diritto alla salute: diritto soggettivo e competenza del giudice ordinario

Cass. Civ., Sezioni Unite, ordinanza 23 febbraio 2023, n. 5668 (rel. F.M. Cirillo)

Le cause relative al risarcimento del danno derivante dalla lesione del diritto alla salute causato dall’inquinamento atmosferico sono devolute alla giurisdizione del giudice ordinario, poiché il diritto alla salute mantiene sempre la sua natura di diritto soggettivo, non degradabile a interesse legittimo.

Le Sezioni Unite in tema di danni da emotrasfusione su nesso causale, oneri probatori ed efficacia di giudicato

Cass. Civ., Sezioni Unite, sentenza 6 luglio 2023, n. 19129 (rel. F. Cirillo)

a) Nel giudizio risarcitorio promosso nei confronti del Ministero della Salute in relazione ai danni subiti per effetto della trasfusione di sangue infetto, il verbale redatto dalla Commissione medica di cui all'art. 4 della L. n. 210 del 1992 non ha valore confessorio e, al pari di ogni altro atto redatto da pubblico ufficiale, fa prova ex art. 2700 c.c. dei fatti che la commissione attesta essere avvenuti in sua presenza o essere stati dalla stessa compiuti, mentre le diagnosi, le manifestazioni di scienza o di opinione costituiscono materiale indiziario soggetto al libero apprezzamento del giudice che, pertanto, può valutarne l'importanza ai fini della prova, ma non può attribuire allo stesso il valore di prova legale.
b) Nel medesimo giudizio, il provvedimento amministrativo di riconoscimento del diritto all'indennizzo ex lege n. 210 del 1992, pur non integrando una confessione stragiudiziale, costituisce un elemento grave e preciso da solo sufficiente a giustificare il ricorso alla prova presuntiva e a far ritenere provato, per tale via, il nesso causale, sicché il Ministero per contrastarne l'efficacia è tenuto ad allegare specifici elementi fattuali non potuti apprezzare in sede di liquidazione dell'indennizzo o sopravvenute acquisizioni della scienza medica, idonei a privare la prova presuntiva offerta dal danneggiato dei requisiti di gravità, precisione e concordanza che la caratterizzano.
c) Nel giudizio di risarcimento del danno il giudicato esterno formatosi fra le stesse parti sul diritto alla prestazione assistenziale ex lege n. 210 del 1992 fa stato quanto alla sussistenza del nesso causale fra emotrasfusione e insorgenza della patologia ed il giudice del merito è tenuto a rilevare anche d'ufficio la formazione del giudicato, a condizione che lo stesso risulti dagli atti di causa.

Morte sopraggiunta dopo le lesioni – Danno biologico temporaneo – Danno morale soggettivo – Consapevolezza delle proprie condizioni

Cass. Civ., sez. III, ordinanza 8 giugno 2023, n. 16272 (rel. L. Rubino)

Nel caso di morte sopraggiunta a seguito di lesioni personali, qualora la vittima non abbia avuto consapevolezza della sua fine imminente, deve escludersi il diritto degli eredi, iure hereditatis, alla liquidazione del danno morale puro spettante al de cuius, proprio perché esso presuppone, per entrare nel patrimonio del defunto, che questi percepisca la condizione in cui si trova, che sia cosciente quel tanto che le basti per percepire la sua condizione di malattia ed i patimenti, psichici e fisici, ad essa associati, e, ancor più perché percepisca la sofferenza creata dalla paura della morte imminente.
Diversamente, il danno biologico temporaneo provocato dalla lesione mortale sarà risarcibile a prescindere dalla consapevolezza che la vittima ne abbia avuto, dal momento che quel pregiudizio consiste nella oggettiva perdita delle attività quotidiane.

Resp. sanitaria – Contratto di spedalità – Legittimazione passiva struttura sanitaria e altra istituzione pubblica

Cass. Civ., sez. III, ordinanza 8 giugno 2023, n. 16272 (rel. L. Rubino)

In tema di responsabilità medica, la presa in carico di un paziente da parte di una struttura sanitaria inserita nella rete del SSN, per la sottoposizione ad un trattamento medico chirurgico, determina l'instaurazione di un rapporto contrattuale atipico a prestazioni corrispettive - il c.d. contratto di spedalità - idoneo a fondare, in caso di esito infausto dell'intervento, la legittimazione passiva dell'ente in relazione all'azione di responsabilità proposta dal paziente o dai suoi eredi, essendo a tal fine irrilevante che, nella organizzazione interna del Servizio Sanitario regionale, la struttura stessa e il suo personale siano stati posti sotto la direzione amministrativa e medica di un'altra istituzione pubblica, la cui responsabilità può eventualmente aggiungersi a quella della struttura sanitaria adita, senza però eliderne la titolarità del rapporto dal lato passivo.

FGVS – Oneri probatori – Veicolo non identificato

Trib. Ragusa, sentenza 30 maggio 2023, n. 885 (g. A. Donzella)

Costituisce onere del danneggiato che promuova giudizio risarcitorio nei confronti del F.G.V.S., nel presupposto che il sinistro sia stato cagionato da veicolo non identificato, provare non solo che il sinistro si sia verificato a causa della condotta dolosa o colposa - esclusiva o concorrente - del conducente di un altro veicolo, ma anche che questo sia rimasto sconosciuto, la mancata identificazione del medesimo costituendo elemento alla concorrenza del quale l’art. 283, comma primo, lett. a), del D.Lvo n. 209/2005 subordina il sorgere del diritto del danneggiato al risarcimento nei confronti del Fondo; a tal riguardo, la legge non impone certo al danneggiato il compimento di indagini approfondite e complesse, lo stesso essendo infatti ammesso a fornire dimostrazione della mancata identificazione del veicolo documentando ad esempio che, dopo la denuncia del sinistro alle competenti autorità di polizia, le indagini da queste compiute o disposte dall’A.G. per l’identificazione del veicolo abbiano avuto esito negativo.

SS.UU. – Produzione documenti – Efficacia nei diversi gradi di giudizio – Oneri di allegazione

Cass. Civ., Sezioni Unite, sentenza 16 febbraio 2023, n. 4835 (rel. A. Scarpa)

Il principio di “non dispersione (o di acquisizione) della prova”, operante anche per i documenti - prodotti sia con modalità telematiche che in formato cartaceo -, comporta che il fatto storico in essi rappresentato si ha per dimostrato nel processo, costituendo fonte di conoscenza per il giudice e spiegando un’efficacia che non si esaurisce nel singolo grado di giudizio, né può dipendere dalle successive scelte difensive della parte che li abbia inizialmente offerti in comunicazione.
Il giudice d’appello ha il potere-dovere di esaminare un documento ritualmente prodotto in primo grado nel caso in cui la parte interessata ne faccia specifica istanza nei propri scritti difensivi, mediante richiamo di esso nella parte argomentativa dei motivi formulati o delle domande ed eccezioni riproposte, illustrando le ragioni, trascurate dal primo giudice, per le quali il contenuto del documento acquisito giustifichi le rispettive deduzioni.
Affinché il giudice di appello possa procedere all’autonomo e diretto esame del documento già prodotto in formato cartaceo nel giudizio di primo grado, onde dare risposta ai motivi di impugnazione o alle domande ed eccezioni riproposte su di esso fondati, il documento può essere sottoposto alla sua attenzione, ove non più disponibile nel fascicolo della parte che lo aveva offerto in comunicazione (perché ritirato e non restituito, o perché questa è rimasta contumace in secondo grado), mediante deposito della copia rilasciata alle altre parti a norma dell’art. 76 disp. att. c.p.c. Il giudice di appello può inoltre porre a fondamento della propria decisione il documento prodotto in formato cartaceo non rinvenibile nei fascicoli di parte apprezzandone il contenuto che sia trascritto o indicato nella decisione impugnata, o in altro provvedimento o atto del processo, ovvero, se lo ritiene necessario, può ordinare alla parte interessata di produrre, in copia o in originale, determinati documenti acquisiti in primo grado.
Allorché la parte abbia ottemperato all'onere processuale di compiere nell’atto di appello o nella comparsa di costituzione una puntuale allegazione del fatto rappresentato dal documento cartaceo prodotto in primo grado, del quale invochi il riesame in sede di gravame, e la controparte neppure abbia provveduto ad offrire in comunicazione lo stesso nel giudizio di secondo grado, sarà quest’ultima a subire le conseguenze di tale comportamento processuale, potendo il giudice, il quale ha comunque il dovere di ricomporre il contenuto di una rappresentazione già stabilmente acquisita al processo, ritenere provato il fatto storico rappresentato dal documento nei termini specificamente allegati nell’atto difensivo.

Notifica sentenza a mezzo pec – Decorso termine breve – Ipotesi di validità e nullità – Raggiungimento dello scopo

Cass. Civ., sez. II, ordinanza 16 giugno 2023, n. 16778 (rel. L. Varrone)

Ai fini della decorrenza del termine breve per l'impugnazione è necessaria la notifica della sentenza effettuata a mezzo PEC idonea a far decorrere il suddetto termine. La consegna telematica produce il risultato di portare a conoscenza dell’atto in modo tale da determinare il raggiungimento dello scopo, non essendo idonee a impedire tale effetto le mere irregolarità. In particolare, in ipotesi di mancato deposito dei file in estensione .eml al fine di verificare la relata e il contenuto della notifica, la notifica stessa non può considerarsi inesistente bensì nulla; con la conseguenza che può essere sanata nel caso in cui si dia prova del raggiungimento dello scopo.

Terzo trasportato – Risarcimento FGVS – Circolazione contra legem – Oneri probatori

Cass. Civ., sez. III, sentenza 7 giugno 2023, n. 15982 (rel. P. Condello)

L'onus probandi della consapevolezza del difetto di assicurazione, dovuto alla circolazione contro la volontà del proprietario, in quanto il veicolo è stato oggetto di furto, incombe in capo all'assicuratore. In particolare, la deroga alla non risarcibilità del danno del terzo trasportato da parte della compagnia di assicurazioni si giustifica a condizione che sussista la condizione dell'ignoranza dell'illegale circolazione.

Consenso informato e deficit informativo: vademecum della Cassazione

Cass. Civ., sez. III, ordinanza 12 giugno 2023, n. 16633 (rel. E. Iannello)

In relazione all'intrecciarsi, con riferimento alla medesima fattispecie, di allegazioni riguardanti l'esecuzione - inadempiente (ex art. 1218 c.c.) o colposa (ex art. 2043 c.c.) - della prestazione sanitaria e la violazione dell'obbligo informativo, quest'ultima in relazione sia alla lesione del diritto all'autodeterminazione sia alla lesione del diritto alla salute, possono verificarsi le seguenti ipotesi:
I) ricorrono: a) il consenso presunto (ossia può presumersi che, se correttamente informato, il paziente avrebbe comunque prestato il suo consenso); b) il danno iatrogeno (l'intervento ha determinato un peggioramento delle condizioni di salute preesistenti); c) ciò a causa della condotta inadempiente o colposa del medico - in tal caso sarà risarcibile il solo danno alla salute del paziente, nella sua duplice componente relazionale e morale, conseguente alla non corretta esecuzione, inadempiente o colposa, della prestazione sanitaria;
II) ricorrono: a) il dissenso presunto (ossia: può presumersi che, se correttamente informato, il paziente avrebbe rifiutato di sottoporsi all'atto terapeutico); b) il danno iatrogeno (l'intervento ha determinato un peggioramento delle condizioni di salute preesistenti); c) la condotta inadempiente o colposa del medico nell'esecuzione della prestazione sanitaria - in tal caso sarà risarcibile sia, per intero, il danno, biologico e morale, da lesione del diritto alla salute, sia il danno da lesione del diritto all'autodeterminazione del paziente, ossia le conseguenze dannose, diverse dal danno da lesione del diritto alla salute, che siano allegate e provate, sia pure per presunzioni;
III) ricorrono sia il dissenso presunto che il danno iatrogeno ma non la condotta inadempiente o colposa del medico nell'esecuzione della prestazione sanitaria (l'intervento è stato correttamente eseguito): in tal caso il risarcimento sarà liquidato con riferimento alla violazione del diritto all'autodeterminazione (sul piano puramente equitativo), mentre la lesione della salute - da considerarsi comunque in relazione causale con la condotta, poiché, in presenza di adeguata informazione, l'intervento non sarebbe stato eseguito - andrà valutata in relazione alla eventuale situazione "differenziale" tra il maggiore danno biologico conseguente all'intervento ed il preesistente stato patologico invalidante del soggetto;
IV) ricorre il consenso presunto (ossia può presumersi che, se correttamente informato, il paziente avrebbe comunque prestato il suo consenso) e non vi è alcun danno derivante dall'intervento: in tal caso nessun risarcimento sarà dovuto;
V) ricorrono il consenso presunto e il danno iatrogeno, ma non la condotta inadempiente o colposa del medico nell'esecuzione della prestazione sanitaria (l'intervento è stato correttamente eseguito): in tal caso, il danno da lesione del diritto, costituzionalmente tutelato, all'autodeterminazione sarà risarcibile qualora il paziente alleghi e provi che, dalla omessa, inadeguata o insufficiente informazione, gli siano comunque derivate conseguenze dannose, di natura non patrimoniale, diverse dal danno da lesione del diritto alla salute, in termini di sofferenza soggettiva e contrazione della libertà di disporre di se stesso, psichicamente e fisicamente (v. Cass. n. 28985 del 2019, cit.).