Compensatio lucri cum damno – Eccezione in senso lato – Oneri probatori

Cass. Civ., sez. VI-3, ordinanza 22 settembre 2022, n. 26636 (rel. A. Scrima)

Nonostante la natura di eccezione in senso lato della compensatio lucri cum damno, la mancata dimostrazione del fondamento di tale pretesa non può essere colmata con il giudizio di rinvio che prevede "un'istruzione chiusa" e che, pertanto, non consente l'introduzione di elementi di fatto nuovi e diversi da quelli già prospettati nei precedenti gradi del giudizio. Nel giudizio di rinvio, configurato dall'art. 394 c.p.c. quale giudizio ad istruzione sostanzialmente "chiusa", è, infatti, preclusa la produzione di nuovi documenti, salvo che la loro produzione non sia giustificata da fatti sopravvenuti riguardanti la controversia in decisione, da esigenze istruttorie derivanti dalla sentenza di annullamento della Corte di cassazione o dall'impossibilità di produrli in precedenza per causa di forza maggiore.

L’eccezione di prescrizione del diritto sollevata in sede di ATP è tardiva se non riproposta nel termine ex art. 166 c.p.c.

Cass. Civ., sez. II, ordinanza 9 agosto 2022, n. 24490 (rel. P. Papa)

L'eventuale tempestività di un’eccezione non rilevabile d’ufficio formulata nell'ambito del procedimento di accertamento tecnico preventivo «non è destinata a spandere effetto nel giudizio di merito poi instaurato, non costituendo quest'ultimo una riassunzione del primo» (così, in relazione all’eccezione di incompetenza per territorio derogabile, avente uguale natura di eccezione non rilevabile d’ufficio, Sez. 6 - 2, Ordinanza n. 20881 del 14/10/2016): ne consegue che il termine decadenziale prescritto dall’art. 166 cod.proc.civ. per la proposizione delle eccezioni non rilevabili d’ufficio opera comunque, seppure la stessa eccezione sia stata precedentemente proposta nella fase cautelare preventiva. Ciò perché il provvedimento che ammette l'accertamento tecnico preventivo è connotato dal carattere della provvisorietà e strumentalità, come risulta dall'art. 698 cod. proc. civ., in virtù del quale l'assunzione preventiva dei mezzi di prova non pregiudica le questioni relative alla loro ammissibilità e rilevanza, né impedisce la loro rinnovazione nel giudizio di merito e non è, per tale sua natura, neppure suscettibile di ricorso per Cassazione (cfr. Cass. 19.8.2005, n. 17058). In tal senso la proposizione dell’eccezione nel giudizio preventivo equivale a proposizione in sede stragiudiziale.

Perdita rapporto parentale: il risarcimento non è in re ipsa

Cass. Civ., sez. III, sentenza 30 agosto 2022, n. 25541 (rel. A. Pellecchia)

In tema di danni da perdita del rapporto parentale, la presenza di un legame di parentela qualificato deve ritenersi elemento idoneo a fondare la presunzione, secondo l'id quod plerumque accidit, dell'esistenza del danno in capo ai familiari del defunto, ma è cosa distinta dal riconoscere a quest'ultimi la risarcibilità del danno in re ipsa, per il sol fatto della sussistenza di un legame familiare.
Il c.d. danno presuntivo è concetto autonomo c distinto rispetto al c.d. danno in re ipsa: se, infatti, per quest'ultimo non è richiesta alcuna allegazione da parte del danneggiato, sorgendo il diritto al risarcimento del danno per il sol fatto del ricorrere di una determinata condizione, il primo richiede un'allegazione, seppur presuntiva, che è sempre suscettibile di essere superata da una eventuale prova contraria allegata da controparte.

Domicilio digitale – Nullità della notifica presso la Cancelleria

Cass. Civ., sez. II, ordinanza 15 settembre 2022, n. 27183 (rel. G. Fortunato)

In tema di domicilio digitale, la Suprema Corte ha precisato i seguenti principi:
1) a seguito della introduzione del cd. domicilio digitale, conseguente alla modifica apportata all’art. 125 c.p.c. ad opera dell'art. 45-bis, comma 1, D.L. 90/2014, convertito con L. 114/2014, del 2014, non sussiste alcun obbligo, per il difensore di indicare nell'atto introduttivo l'indirizzo PEC "comunicato al proprio ordine", trattandosi di dato già risultante dal "ReGindE", in virtù di della trasmissione effettuata dall'Ordine di appartenenza, in base alla comunicazione eseguita dall'interessato ex art. 16-sexies D.L. 179/2012, convertito con L. 114/2014 (Cass. 33806/2021; Cass. s.u. 23620/2018; Cass. 13224/2018);
b) le notificazioni e le comunicazioni vanno, quindi, eseguite al "domicilio digitale" di cui ciascun avvocato è dotato, corrispondente all'indirizzo P.E.C. - risultante dal ReGindE e conoscibile dai terzi attraverso la consultazione dell'Indice nazionale degli indirizzi di posta elettronica certificata (INI-PEC; cfr. Cass. 3685/2021; Cass. 33806/2021; Cass. 2460/2021);
c) la notifica effettuata - ai sensi dell'art. 82 del R.D. 37/1934 – presso la cancelleria dell'ufficio giudiziario innanzi al quale pende la lite - è nulla anche se il destinatario abbia omesso di eleggere il domicilio nel Comune in cui ha sede quest'ultimo, a meno che, oltre a tale omissione, l'indirizzo di posta elettronica certificata non sia accessibile per cause imputabili al destinatario (Cass. 14140/2019; Cass. 14194/2018; Cass. 30139/2017; Cass. 17048/2017); d) detta notifica è invece valida solo ove il destinatario abbia scelto, eventualmente in associazione a quello digitale, di eleggere il domicilio presso la cancelleria, dato che l’introduzione del domicilio digitale non esclude la facoltà di eleggere domicilio fisico (Cass. 1982/2020).

Danno biologico: definizione, accertamento e liquidazione

Cass. Civ., sez. III, sentenza 19 settembre 2022, n. 27380 (rel. L. Rubino)

Il danno biologico è la lesione della integrità psico-fisica subita da una persona, comprensiva delle alterazioni fisio-psichiche, temporanee o permanenti, e della loro incidenza sullo svolgimento delle funzioni della vita e sugli aspetti personali dinamico-relazionali.
Esso va accertato con criteri medico-legali e valutato in punti percentuali in base ad un accreditato "barème" medico-legale in cui il valore monetario del punto di invalidità permanente cresce proporzionalmente al crescere della percentuale di invalidità.
Ai fini della sua unitaria liquidazione, devono formare oggetto di autonoma valutazione il pregiudizio da invalidità temporanea (da riconoscersi come danno da inabilità temporanea totale o parziale ove il danneggiato si sia sottoposto a periodi di cure necessarie per conservare o ridurre il grado di invalidità residuato al fatto lesivo o impedirne l'aumento, inteso come privazione della capacità psico-fisica in corrispondenza di ciascun periodo e in proporzione al grado effettivo di inabilità sofferto), e quello da invalidità permanente (con decorrenza dal momento della cessazione della malattia e della relativa stabilizzazione dei postumi).
Ai fini della liquidazione complessiva del danno non patrimoniale, deve tenersi conto altresì delle sofferenze morali soggettive, eventualmente patite dal soggetto in ciascuno degli indicati periodi.

Danni da morte – Liquidazione – Criterio a forbice

Cass. Civ., sez. VI, ordinanza 8 settembre 2022, n. 26440 (rel. M Rossetti)

Quando la liquidazione del danno non patrimoniale da uccisione d'un congiunto avvenga in base ad un criterio "a forbice", che preveda un importo variabile tra un minimo ed un massimo, è consentito al giudice di merito liquidare un risarcimento inferiore al minimo solo in presenza di circostanze eccezionali e peculiari al caso di specie. Tali non sono né l'età della vittima, né quella del superstite, né l'assenza di convivenza tra l'una e l'altro, circostanze tutte che possono solo giustificare la quantificazione del risarcimento all'interno della fascia di oscillazione tra minimo e massimo tabellare.

Resp. medica: il medico responsabile è tenuto a pagare anche la quota di risarcimento posta a carico dell’Azienda Sanitaria

Corte dei Conti, sez. I giurisd., sentenza 10 giugno 2022, n. 282

La Corte dei Conti conferma la condanna in capo ad un dirigente medico a rifondere l’erario per le lesioni prodotte a terzi nell’esercizio dell’attività sanitaria.
Per tali fatti, in sede di giudizio civile, la stessa struttura era stata riconosciuta responsabile, in solido con il professionista, per le conseguenze derivanti al soggetto a causa della ritardata diagnosi di una patologia tumorale.
Il medico viene condannato a rifondere all'Azienda sanitaria la quota di risarcimento rimasta a carico dell’Ente stesso, che aveva provveduto a pagare la metà delle somme di cui al pregiudizio economico riconosciuto all’esito del contenzioso civile.
Viene accertato, infatti, che il danno era riconducibile a una condotta gravemente colposa del medico.

Resp. medica – Liquidazione del danno – Art. 138 e 139 CdA – Applicazione retroattiva L. Gelli-Bianco

Cass. Cvi., sez. III, sentenza 13 luglio 2022, n. 22136 (rel. L.A. Scarano)

In tema di risarcimento del danno alla salute conseguente ad attività sanitaria, la norma contenuta nell'art. 3, comma 3, del d.l. n. 158 del 2012 (convertito dalla l. n. 189 del 2012) e sostanzialmente riprodotta nell'art. 7, comma 4, della l. n. 24 del 2017 - la quale prevede il criterio equitativo di liquidazione del danno non patrimoniale fondato sulle tabelle elaborate in base agli artt. 138 e 139 del d.lgs. n. 209 del 2005 (d.lg. 7 settembre 2005 n. 209) - trova applicazione anche nelle controversie come nella specie relative ad illeciti commessi e a danni prodotti anteriormente alla sua entrata in vigore, nonché ai giudizi pendenti a tale data (con il solo limite del giudicato interno sul "quantum"), in quanto la disposizione, non incidendo retroattivamente sugli elementi costitutivi della fattispecie legale della responsabilità civile, non intacca situazioni giuridiche precostituite ed acquisite al patrimonio del soggetto leso, ma si rivolge direttamente al giudice, delimitandone l'ambito di discrezionalità e indicando il criterio tabellare quale parametro equitativo nella liquidazione del danno.

Assicurazione resp. civile – Clausola fatti accidentali – Copertura per fatti colposi

Cass. Civ., sez. VI, ordinanza 29 luglio 2022, n. 23762 (rel. M. Rossetti)

La clausola inserita in un contratto di assicurazione della responsabilità civile, nella quale si stabilisca che l’assicuratore si obbliga a tenere indenne l’assicurato di quanto questi sia tenuto a pagare a titolo di risarcimento di danni causati “in conseguenza di un fatto accidentale” non può essere interpretata nel senso che restino esclusi dalla copertura assicurativa i fatti colposi, giacché tale interpretazione renderebbe nullo il contratto ai sensi dell’articolo 1895 c.p.c. per l’inesistenza del rischio.