Resp. medica ante Legge Gelli – Aborto – Onere probatorio

Cass. Civ., sez. III, sentenza 29 marzo 2022, n. 10050 (rel. P. Spaziani)

Con riguardo al le fattispecie di responsabilità medica non sottoposte al nuovo regime introdotto dalla legge n. 24 del 2017 (la quale non trova applicazione in ordine ai fatti verificatisi anteriormente alla sua entrata in vigore: Cass. 8 novembre 2019, n. 28811; Cass. 11 novembre 2019, n. 28994 ), questa Corte, con orientamento consolidatosi sin dagli ul timi anni del l o scorso millennio, ha chiarito che, nell'ipotesi in cui il paziente alleghi di aver subìto danni in conseguenza di una attività svolta dal medico (eventualmente, ma non necessariamente, sulla base di un vincolo di dipendenza con la struttura sanitaria) in esecuzione dell a prestazione che forma oggetto del rapporto obbligatorio tra quest'ultima e il paziente, tanto la responsabilità della struttura quanto quella del medico vanno qualificate in termini di responsabilità contrattuale: la prima, in quanto conseguente all'inadempimento dell e obbligazioni derivanti dal contratto atipico di spedalità o di assistenza sanitaria, che il debitore (la struttura) deve adempiere personalmente (rispondendone ex art. 1218 c.c.) o mediante il personale sanitario (rispondendone ex art. 1228 c.c.); la seconda, in quanto conseguente alla violazione di un obbligo di comportamento fondato sulla buona fede e funzionale a tutelare l'affidamento sorto in capo al paziente in seguito al contatto sociale avuto con il medico, che diviene quindi direttamente responsabile, ex art. 1218 c.c., della violazione di siffatto obbligo (a partire da Cass. 22 gennaio 1999, n. 589, cfr., tra le tante: Cass. 19 aprile 2006, n. 9085; Cass. 14 giugno 2007, n. 13953; Cass. 31 marzo 2015, n. 6438; Cass. 22 settembre 2015, n. 18610).
Nell'ipotesi - come quella in esame - in cui il paziente faccia valere la responsabilità del medico e della struttura sanitaria per i danni derivatigli da un intervento che si assume svolto in spregio alle leges artis, l'attore è tenuto a provare, anche attraverso presunzioni, il nesso di causalità materiale intercorrente tra la condotta del medico e l'evento dannoso, consistente nella lesione della salute e nelle altre lesioni ad essa connesse (nella specie, la perdita del concepito); è, invece, onere dei convenuti, ove il predetto nesso di causalità materiale sia stato dimostrato, provare o di avere eseguito la prestazione con la diligenza, la prudenza e la perizia richieste nel caso concreto, o che l'inadempimento (ovvero l'adempimento inesatto) è dipeso dall'impossibilità di eseguirla esattamente per causa ad essi non imputabile (Cass. 26 novembre 2020, n. 26907).

Danno morale – Per la liquidazione non rilevano fatti e avvenimenti successivi all’evento dannoso

Cass. Civ., sez. VI, ordinanza 16 aprile 2022, n. 12060 (rel. S.G. Guizzi)

La liquidazione del danno morale, quale sofferenza interiore patita dalla vittima dell'illecito, deve effettuarsi con riferimento al momento dell'evento dannoso ed alle caratteristiche dello stesso, mentre non incidono su di essa fatti ed avvenimenti successivi, quale la morte del soggetto leso.

RCA – Mora dell’assicuratore e massimale

Cass. Civ., sez. VI, ordinanza 17 marzo 2022, n. 8676 (rel. M. Rossetti)

La mora dell'assicuratore della r.c.a. nei confronti del danneggiato ha conseguenze diverse a seconda che il massimale sia capiente o incapiente.
Sino a quando il massimale resti capiente rispetto al danno causato dall'assicurato al terzo, la mora dell'assicuratore è giuridicamente insignificante, perché resta assorbita dalla mora dell'assicurato. Quest'ultimo infatti, in quanto autore di un fatto illecito, è tenuto al pagamento degli interessi (compensativi) di mora dal giorno dell'illecito, ai sensi dell'art. 1219, secondo comma, n. 1, c.c., interessi che costituiscono una delle voci del risarcimento spettante al terzo. L'assicuratore della r.c.a. ha l'obbligo di pagare al terzo danneggiato il medesimo risarcimento a quegli dovuto dall'assicurato: sia a titolo di capitale, sia a titolo di interessi. Pertanto gli interessi dovuti dall'assicurato al danneggiato ai sensi dell'art. 1219 c.c. sono ipso facto dovuti anche dall'assicuratore della r.c.a., e vanno calcolati col saggio e sul capitale stabiliti dalle Sezioni Unite di questa Corte con la nota sentenza 17.2.1995 n. 1712, e cioè ad un tasso equitativamente scelto dal giudice in considerazione delle peculiarità del caso, applicato sulla semisomma tra credito espresso in moneta dell'epoca dell'illecito, e credito rivalutato all'epoca della decisione. Pertanto sino al limite di capienza del massimale l'assicuratore in mora sarà tenuto a versare all'assicurato gli stessi interessi dovuti dall'assicurato, vale a dire gli interessi compensativi computati secondo i criteri stabiliti da Sez. U, Sentenza n. 1712 del 17/02/1995. Questa è la ragione per la quale si è affermato che l'obbligazione dell'assicuratore della r.c.a., la quale è una obbligazione di valuta, fino a quando non supera il massimale "si comporta" come una obbligazione di valore per quanto attiene le conseguenze della mora (Sez. 3, Sentenza n. 28811 del 08/11/2019).
Quando il danno causato dall'assicurato eccede il massimale, l'obbligazione dell'assicuratore nei confronti del terzo danneggiato ha per oggetto l'intero massimale.
Quando l'assicuratore della r.c.a. sia tenuto al pagamento dell'intero massimale, e non adempia nei termini di legge, non può ovviamente più pretendere che le conseguenze della (sua) mora restino contenute nel limite del massimale. Quel limite, infatti, concerne una garanzia per fatto altrui, e cioè il risarcimento del danno causato dall'assicurato. Ma se l'assicuratore della r.c.a. debba versare alla vittima l'intero massimale e non lo faccia nei tennini di legge, tale ritardo sarà imputabile a lui, non al fatto dell'assicurato. Pertanto in virtù del principio di autoresponsabilità (per effetto del quale ciascuno deve sopportare le conseguenze giuridiche delle proprie azioni od omissioni) l'assicuratore in mora nel pagamento dell'intero massimale sarà tenuto a sopportare gli effetti della mora stessa sena limiti di sorta. In questo caso infatti le conseguenze della mora scaturiscono dall'inadempimento dell'assicuratore, e non dall'illecito dell'assicurato.

Opposizione a decreto ingiuntivo – Domanda nuova in comparsa di costituzione e risposta

Cass. Civ., sentenza 5 marzo 2022, n. 13491 (rel. L. Semeraro)

In tema di opposizione a decreto ingiuntivo il convenuto opposto può proporre con la comparsa di costituzione e risposta tempestivamente depositata una domanda nuova, diversa da quella posta a fondamento del ricorso per decreto ingiuntivo, anche nel caso in cui l'opponente non abbia proposto una domanda o un 'eccezione riconvenzionale e sia limitato a proporre eccezioni chiedendo la revoca del decreto opposto, qualora tale domanda si riferisca alla medesima vicenda sostanziale dedotta in giudizio, attenga allo stesso sostanziale bene della vita e sia connessa per incompatibilità a quella originariamente proposta.

Surroga INPS – Concorso di colpa del danneggiato – Limiti

Cass. Civ., sez. III, sentenza 21 marzo 2022, n. 9002 (rel. F.G.A. Frasca)

Il congegno della surrogazione non può diventare fonte di lucro per chi lo subisce neppure quando il ristoro del danno spetti da parte di soggetti diversi: tale eventualità è scongiurata, appunto, dal diritto di surrogazione dell'assicuratore per il recupero delle spese effettivamente sostenute e delle indennità eventualmente versate all'assicurato nei confronti del terzo responsabile del fatto dannoso, fino a concorrenza dell'ammontare della somma erogata, ma entro i limiti del quantum liquidato a favore del danneggiato, senza che possa tenersi conto del concorso di colpa di quest'ultimo nella produzione del danno
(cfr. Cass. Sez. 3n. 2595 del 1979; Sez. 3 n. 9742 del 07 ottobre 1997; Cass. Sez. 3 n. 293 del 1973; Cass. n. 2341 del 1977; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 2823 del 06 agosto 1968; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 3761 del 03 luglio 1979; Cass. Sez. 3, sentenza n. 20357 del 21 ottobre 2005).

Danno da perdita della capacità di lavoro – Danno permanente da incapacità di guadagno – Liquidazione – Inadeguati i coefficienti di capitalizzazione del 1922

Cass. Civ., sez. III, sentenza 21 marzo 2022, n. 9002 (rel. F.G.A. Frasca)

Il danno permanente da incapacità di guadagno non può essere liquidato in base ai coefficienti di capitalizzazione approvati con r.d. n. 1403 del 1922, i quali, a causa dell'innalzamento della durata media della vita e dell'abbassamento dei saggi di interesse, non garantiscono l'integrale ristoro del danno, e con esso il rispetto della regola di cui all'art. 1223 cod.civ. (cfr. Cass. Sez. 6 - 3, Ordinanza n. 18093 del 31/08/2020).
Inoltre il danno da perdita della capacità di lavoro, come ogni altro credito risarcitorio, va liquidato stabilendo la quota del reddito perduta dalla vittima in conseguenza dell'invalidità causata dall'illecito; se l'ultimo reddito noto risale ad epoca anteriore al sinistro, detta liquidazione va operata rivalutando tale importo in base al coefficiente del costo della vita per le famiglie di operai ed impiegati (cd. FOI) calcolato dall'Istat e relativo al tempo del sinistro (cfr. Cass. Sez. 6 - 3, Ordinanza n. 3545 del 13/02/2020).

Responsabilità da cose in custodia – L’Ente preposto alla manutenzione della strada non è tenuto sempre ad installare guard rail

Tribunale di Novara, sentenza 11 gennaio 2022, n. 4 (g. L. Casiraghi)

In tema di responsabilità da cose in custodia, le regole di comune prudenza e le disposizioni regolamentari in tema di manutenzione delle strade pubbliche non impongono al gestore, in base al rapporto di custodia, o comunque al principio del neminem laedere, l'apposizione di una recinzione dell'intera rete viaria, mediante guard-rail, anche nei tratti oggettivamente non pericolosi, al fine di neutralizzare qualsivoglia anomalia nella condotta di guida degli utenti.

Richieste istruttorie vanno specificatamente reiterate – Richieste di restituzione somme possono formularsi in conclusionale

Corte d'Appello di Caltanissetta, sentenza 11 marzo 2022, n. 68

La parte che si sia vista rigettare dal giudice le proprie richieste istruttorie ha l'onere di reiterarle, in modo specifico, quando precisa le conclusioni, senza limitarsi al richiamo generico dei precedenti atti difensivi, poiché, diversamente, le stesse devono ritenersi abbandonate e non potranno essere riproposte in sede di impugnazione (cfr. Cass. 5741/2019).

Nel giudizio di appello l'istanza di restituzione delle somme corrisposte in esecuzione della sentenza di primo grado, che peraltro può anche essere disposta d'ufficio dal giudice, non integra una domanda nuova ex art. 345 c.p.c. in quanto conseguente alla richiesta di modifica della decisione impugnata; ne discende che, ove il pagamento sia intervenuto durante il giudizio di impugnazione, detta istanza può essere formulata in qualunque momento, anche nell'udienza di discussione della causa, in sede di precisazione delle conclusioni, oppure nella comparsa conclusionale” (cfr. Cass. Sez. 1 - , Ordinanza n. 23972 del 29/10/2020)

Danni da morte – Danni patrimoniali – Criteri di liquidazione – Spese funerarie escluse se non provate

Tribunale di Catania, sez. V, sentenza 12 febbraio 2022, n. 703 (g. F. Cardile)

La liquidazione del danno patrimoniale, costituita dalla perdita dei benefici economici che la vittima destinava ai familiari, fondandosi sul ragionamento presuntivo secondo cui se non fosse intervenuto il decesso la vittima avrebbe continuato a destinare parte del suo reddito alla famiglia, va effettuata in via equitativa e secondo criteri necessariamente prudenziali.
Tale pregiudizio sussiste a prescindere dal fatto che il familiare superstite sia economicamente indipendente, assumendo tale circostanza rilevanza soltanto ai fini della liquidazione. Il fatto costitutivo della pretesa, infatti, è la perdita degli emolumenti erogati dal defunto ai familiari, che si verifica anche laddove i congiunti superstiti siano titolari di redditi autonomi, per l'ovvia ragione che il decesso riduce inevitabilmente la disponibilità patrimoniale complessiva della famiglia. Con particolare riferimento al rapporto genitore figlio, va rilevato che l'obbligo per ciascun genitore di provvedere al mantenimento del figlio rientra tra i doveri materiali dei genitori e trova la sua disciplina sia all'interno della Costituzione (art. 30) che nel Codice civile (artt. 147, 315 bis, 316 bis). Deve, invece, rigettarsi la domanda di risarcimento del danno patrimoniale emergente relativo alle spese funerarie, delle quali non è stata fornita alcuna prova.

Danni da morte – Danni Jure hereditatis – D. biologico terminale – D. morale catastrofale

Tribunale di Catania, sez. V, sentenza 12 febbraio 2022, n. 703 (g. F. Cardile)

Il danno subito dalla vittima, nell’ipotesi in cui la morte, oltreché cagionata da un illecito, sopravvenga dopo un apprezzabile lasso di tempo dall’evento lesivo, è configurabile e trasmissibile agli eredi nella duplice componente di danno biologico “terminale”, cioè di danno biologico da invalidità temporanea assoluta, e di danno morale consistente nella sofferenza patita dal danneggiato che lucidamente e coscientemente assiste allo spegnersi della propria vita, avvertendone l’imminenza e addolorandosi per essa (Cass., sez. III, 2020/13870; Cass. sez. III, 2021/11719).
Ne consegue che la possibilità di chiedere jure hereditatis il risarcimento del danno patito dalla vittima di lesioni mortali è ammessa, quanto al “danno biologico temporaneo”, laddove la lesione della salute si sia protratta per un periodo di tempo “apprezzabile” che ne consenta l’accertamento medico-legale e, quanto al “danno morale”, laddove sussista uno stato di coscienza, tale per cui possa dirsi che la persona, trovatasi in condizione di lucidità agonica, abbia percepito l’imminenza dell’exitus.