Ciclista – Risarcimento escluso – Comportamento colposo che esclude nesso causale

Cass. Civ., sez. VI, ordinanza 17 novembre 2021, n. 34883 (rel. F. M Cirillo)

Nel caso di specie deve escludersi il risarcimento dei danni richiesti per il sinistro occorso al ciclista, in quanto il danneggiato conosceva a sufficienza lo stato dei luoghi e, in considerazione delle aggravate condizioni di traffico esistenti — conseguenti alla temporanea chiusura del tratto autostradale, con riversamento dei mezzi sulla Via ove si è verificato il sinistro — avrebbe dovuto osservare un grado maggiore di diligenza. Ciò era da ritenere non impossibile, sia perché il ciclista già stava tenendo una velocità moderata sia perché l'avvallamento stradale era ben illuminato in quel giorno e a quell'ora (8,30 del 28 settembre 2013). Per cui il sinistro era da ricondurre ad esclusiva responsabilità del danneggiato, idoneo ad interrompere il nesso di causalità tra la cosa in custodia e il danno.

Resp. medica – Patologie pregresse – Causalità materiale e causalità giuridica – Liquidazione del danno differenziale

Cass. Civ., sez. III, sentenza 7 ottobre 2021, n. 27265 (rel. L. Rubino)

In materia di responsabilità per attività medico-chirurgica, ove si individui in un pregresso stato morboso del paziente/danneggiato (nella specie, la patologia tumorale in atto) e nell'intervento chirurgico correttamente eseguito per asportare la parte del corpo irrimediabilmente compromessa altrettanti antecedenti privi di interdipendenza funzionale con l'accertata condotta colposa del sanitario (consistente, nella specie, nell'asportazione dell'intero apparato riproduttivo), ma dotato di efficacia concausale nella determinazione dell'unica e complessiva situazione patologica riscontrata, allo stesso non può attribuirsi rilievo sul piano della ricostruzione del nesso di causalità tra detta condotta e l'evento dannoso, appartenendo ad una serie causale del tutto autonoma rispetto a quella in cui si inserisce il contegno del sanitario, bensì unicamente sul piano della determinazione equitativa del danno, potendosi così pervenire - sulla base di una valutazione da effettuarsi, in difetto di qualsiasi automatismo riduttivo, con ragionevole e prudente apprezzamento di tutte le circostanze del caso concreto - solamente ad una delimitazione del "quantum" del risarcimento. Ciò allo scopo di ascrivere all'autore della condotta, responsabile tout court sul piano della causalità materiale, un obbligo risarcitorio che non comprenda anche le conseguenze dannose non riconducibili eziologicamente all'evento di danno, bensì determinate dal fortuito, come tale dovendo reputarsi la pregressa situazione patologica del danneggiato e l'intervento chirurgico necessario, concordato e correttamente eseguito. In tal modo il danneggiante sarà chiamato a rispondere di tutto il danno provocato e soltanto di esso, ovvero, in presenza di concause, delle sole conseguenze dannose a lui ascrivibili sotto il profilo della causalità giuridica (v. (Cass. n. 15991 del 2011; Cass. n. 24204 del 2014; Cass. n. 27524 del 2017; Cass. n. 20829 del 2018Cass. n. 28986 del 2019; Cass. n. 17555 del 2020, Cass. n. 514 del 2020).
Quanto al criterio da utilizzare per calcolare l'ammontare del danno da risarcire in queste particolari situazioni in cui ad una patologia o una menomazione preesistente se ne aggiunge una determinata dall'illecito, che con essa concorre, vanno richiamati i principi recentemente affermati per la liquidazione del danno c.d. differenziale secondo i quali in tema di liquidazione del danno alla salute, l'apprezzamento delle menomazioni preesistenti "concorrenti" in capo al danneggiato rispetto al maggior danno causato dall'illecito va compiuto stimando, prima in punti percentuali, l'invalidità complessiva, risultante cioè dalla menomazione preesistente sommata a quella causata dall'illecito, poi stimando quella preesistente all'illecito, convertendo entrambe le percentuali in una somma di denaro, e procedendo, infine, a sottrarre dal valore monetario dell'invalidità complessivamente accertata quello corrispondente al grado di invalidità preesistente: solo del differenziale tra questi due valori può essere ritenuto responsabile il danneggiante, avendo dato luogo solo a quel "segmento" di danno, e solo in relazione a tale "segmento", così individuato potrà il giudice legittimamente esercitare il suo potere-dovere di personalizzare il danno in relazione alle circostanze del caso concreto, prendendo a base di calcolo il parametro costituito dalla differenza tra i due valori (v. sul tema Cass. n. 28896 del 2019).

Sinistro stradale – Liquidazione micropermanenti – Art. 139 Cod. Ass. – Rivalsa dell’assicuratore ex art. 292 c.p.c.

Corte di Appello di Catania, sentenza 16 novembre 2021, n. 2161 (rel. G. Dipietro)

Nel caso di risarcimento del danno da circolazione stradale, laddove sia stata accertata a carico del danneggiato un’invalidità permanente - quale conseguenza del sinistro stradale in questione - fino alla misura del 9%, ai fini della liquidazione del relativo danno biologico (o non patrimoniale) devono essere applicate non già le tabelle elaborate dal Tribunale di Milano, bensì quelle predisposte e adottate con decreto del Presidente della Repubblica, ai sensi dell’art. 139, comma quarto, del decreto legislativo n. 209/2005 (concernente appunto le menomazioni dell’integrità psico-fisica comprese tra 1 e 9 punti di invalidità). L’ammontare complessivo del risarcimento in tal modo riconosciuto è esaustivo del risarcimento del danno non patrimoniale conseguente a lesioni fisiche (terzo comma del citato art. 139).

Nei rapporti interni tra coobbligati, l’azione di regresso esperita da chi abbia pagato il credito risarcitorio è esercitabile non solo nei confronti del responsabile civile, ma anche verso tutti gli altri corresponsabili in solido. In particolare, il regresso può essere azionato anche dall'assicuratore della responsabilità civile che abbia pagato il danneggiato in luogo del suo assicurato, perché l'assicuratore, rispetto alla prestazione risarcitoria, è nella posizione dell'obbligato in solido (considerazioni, queste, vieppiù valide nel caso di specie, per il quale l’art. 292 del codice delle assicurazioni prevede espressamente il diritto di regresso dell’impresa assicuratrice designata per la liquidazione dei sinistri a carico del Fondo di garanzia per le vittime della strada).

Massimale incapiente – Danni da mala gestio – Interessi legali sul massimale

Cass. Civ., sez. III, sentenza 20 ottobre 2021, n. 29027 (rel. S. Guizzi)

In materia di assicurazione per la responsabilità civile, allorché il credito del danneggiato già al momento del sinistro risultava eccedere il massimale, il danno da «mela gestio» c.d. propria deve essere liquidato, attraverso la corresponsione di una somma pari agli interessi legali sul massimale, salva la prova di un pregiudizio maggiore ai sensi dell'art. 1224, comma 2, cod. civ.

Resp. medica: omessa diagnosi di malattia terminale lede diritto di autodeterminazione – Danni risarcibili

Cass. Civ., sez. III, sentenza 12 ottobre 2021, n. 27682 (rel. A. Pellecchia)

In tema di danno alla persona, conseguente a responsabilità medica, integra l'esistenza di un danno risarcibile alla persona l'omissione della diagnosi di un processo morboso terminale, in quanto essa nega al paziente, oltre che di essere messo nelle condizioni di scegliere "cosa fare", nell'ambito di ciò che la scienza medica suggerisce per garantire la fruizione della salute residua fino all'esito infausto, anche di essere messo in condizione di programmare il suo essere persona e, quindi, in senso lato l'esplicazione delle sue attitudini psico-fisiche, in vista e fino a quell'esito.
La violazione del diritto di determinarsi liberamente nella scelta dei propri percorsi esistenziali, determinata dal colpevole ritardo diagnostico di una patologia ad esito certamente infausto, non coincide con la perdita di "chances" connesse allo svolgimento di specifiche scelte di vita non potute compiere, ma con la lesione di un bene di per sé autonomamente apprezzabile sul piano sostanziale, tale da non richiedere l'assolvimento di alcun ulteriore onere di allegazione argomentativa o probatoria, potendo giustificare una condanna al risarcimento del danno sulla base di una liquidazione equitativa (cfr. Cass. n. 7260/2018).

Caducazione del titolo esecutivo: il giudizio di opposizione all’esecuzione di estingue per cessata materia del contendere
Giudice competente sul risarcimento dei danni

Cass. Civ., SS.UU., sentenza 21 settembre 2021, n. 25478 (rel. F.M. Cirillo)

In caso di esecuzione forzata intrapresa sulla base di un titolo giudiziale non definitivo, la sopravvenuta caducazione del titolo per effetto di una pronuncia del giudice della cognizione (nella specie: ordinanza di convalida di sfratto successivamente annullata in grado di appello) determina che il giudizio di opposizione all'esecuzione si debba concludere non con l'accoglimento dell'opposizione, bensì con una pronuncia di cessazione della materia del contendere; per cui il giudice di tale opposizione è tenuto a regolare le spese seguendo il criterio della soccombenza virtuale, da valutare in relazione ai soli motivi originari di opposizione.

L'istanza con la quale si chieda il risarcimento dei danni, ai sensi dell'art. 96, secondo comma, cod. proc. civ., per aver intrapreso o compiuto l'esecuzione forzata senza la normale prudenza, in forza di un titolo esecutivo di formazione giudiziale non definitivo, successivamente caducato, deve essere proposta, di regola, in sede di cognizione, ossia nel giudizio in cui si è formato o deve divenire definitivo il titolo esecutivo, ove quel giudizio sia ancora pendente e non vi siano preclusioni di natura processuale. Ricorrendo, invece, quest'ultima ipotesi, la domanda andrà posta al giudice dell'opposizione all'esecuzione; e, solamente quando sussista un'ipotesi di impossibilità di fatto o di diritto alla proposizione della domanda anche in sede di opposizione all'esecuzione, potrà esserne consentita la proposizione in un giudizio autonomo.

Randagismo – Sinistro stradale – Prescrizione breve biennale – Art. 2947, c. 2, c.c.

Giudice di Paca di Messina, sentenza 9 settembre 2021, n. 31 (g. I. Bonfiglio)

Deve Accogliersi l'eccezione di prescrizione breve biennale del diritto al risarcimento del danno prodotto dalla circolazione di veicoli, anche nel caso in cui il sinistro sia derivato da episodi di randagismo (nel caso di specie, il sinistro si era verificato a causa dell'attraversamento di un cane randagio e la domanda risarcitoria era stata proposta dopo quattro anni dall'evento).

Surroga INPS: nuovo orientamento della Cassazione

Cass. Civ., sez. III, sentenza 23 giugno 2021, n. 17966 (rel. G. Positano)

Nell'ipotesi in cui il giudice debba valutare il contenuto della surroga riferita ad un danno de futuro, deve essere affermata la rilevanza, anche giuridica, dell'eventuale sopravvenienza di una modifica delle condizioni del danneggiato, che evidenzi il venir meno dello stato invalidante o una sua riduzione, tale da incidere sul danno per come liquidato. Tale principio va applicato anche all'assicuratore sociale che abbia riconosciuto l'indennizzo nella forma della rendita e si surroghi ai sensi dell'art. 14.
Una volta riconosciuto l'indennizzo, l'istituto potrà esercitare la surroga per la rendita come liquidata, subentrando nel corrispondente diritto del danneggiato al risarcimento del danno anche futuro, con la possibilità di agire nei confronti dell'assicuratore privato ed il responsabile debbono pagare.
Nell'ipotesi di successiva modifica migliorativa delle condizioni del danneggiato con conseguente riduzione della menomazione e della misura dell'obbligo di corresponsione dell'indennizzo, ove ciò intervenga nel corso del giudizio, tale evento incide necessariamente sull'oggetto della surroga, atteso che il secondo comma dell'articolo 14 si limita a stabilire l'ammontare della surroga al momento del riconoscimento, per l'ipotesi di stabilità della menomazione del danneggiato, nei termini riconosciuti dall'assicuratore sociale.

Valutazione della prova presuntiva – Inferenza probabilistica – Elevata velocità concausa del sinistro

Cass. Civ., ordinanza 26 luglio 2021, n. 21403 (rel. S. Guizzi)

Per la configurazione di una presunzione giuridicamente valida non occorre che l'esistenza del fatto ignoto rappresenti l'unica conseguenza possibile di quello noto secondo un legame di necessarietà assoluta ed esclusiva (secondo quanto reputa, viceversa, il ricorrente, nell'affermare che la possibilità di avvistamento del veicolo antagonista "non significa necessariamente" che egli potesse "evitare l'impatto anche tenendo una velocità non elevata"), essendo, invece, sufficiente che dal fatto noto sia desumibile univocamente quello ignoto, alla stregua di un giudizio di probabilità basato sull'id quod plerumque accidit (così Cass. Sez. 3, sent. n. 17457 del 2007, cit., in senso analogo, più di recente, Cass. Sez. 2, sent. 6 febbraio 2019, n. 3513, n. 652361-01; Cass. Sez. 2, sent. 31 ottobre 2011, n. 22656).
In particolare, la precisione esprime l'idea che l'inferenza probabilistica conduca alla conoscenza del fatto ignoto con un grado di probabilità che si indirizzi solo verso di esso, mentre non lasci spazio, sempre al livello della probabilità (e, dunque, anche in questo caso non della certezza), ad un indirizzarsi in senso diverso, cioè anche verso un altro o altri fatti; mentre la concordanza individua un requisito del ragionamento presuntivo, che non lo concerne in modo assoluto, cioè di per sé considerato, come invece gli altri due elementi, bensì in modo relativo, cioè nel quadro della possibile sussistenza di altri elementi probatori, volendo esprimere l'idea che, intanto la presunzione è ammissibile, in quanto indirizzi alla conoscenza del fatto in modo concordante con altri elementi probatori, che, peraltro, possono essere o meno anche altri ragionamenti presuntivi" (così, nuovamente, Cass. sez. 3, sent. 19485 del 2017).