Danni risarcibili iure hereditatis: d. biologico terminale e d. morale terminale o catastrofale – Criteri di liquidazione

Cass. Civ., sez. III, sentenza 28 febbraio 2022, n. 6503 (rel. G. Marchese)

Deve escludersi la risarcibilità iure hereditatis di un danno da perdita della vita (Cass., sez. un. nr . 15350 del 2015; v., ex multis, in motiv. Cass. nr. 8580 del 2019), in ragione dell'assenza del soggetto al quale sia collegabile la perdita del bene e nel cui patrimonio possa essere acquisito il relativo credito risarcitorio.
Piuttosto, deve ritenersi configurabile e trasmissibile iure hereditatis il danno non patrimoniale nelle due componenti di danno biologico «terminale», cioè di danno biologico da invalidità temporanea assoluta, configurabile in capo alla vittima nell'ipotesi in cui la morte sopravvenga dopo apprezzabile lasso di tempo dall'evento lesivo (Cass. nr. 26727 del 2018; nr. 21060 del 2016; nr. 23183 del 2014; nr. 22228 del 2014; nr. 15491 del 2014) e di danno morale «terminale o catastrofale o catastrofico», ossia del danno consistente nella sofferenza patita dalla vittima che lucidamente assiste allo spegnersi della propria vita, quando vi sia la prova della sussistenza di un suo stato di coscienza nell'intervallo tra l'evento lesivo e la morte, con conseguente acquisizione di una pretesa risarcitoria trasmissibile agli eredi (Cass. nr. 13537 del 2014; nr. 7126 del 2013; n. 2564 del 2012).

Indennizzo INAIL: copre solo l’inabilità permanente

Cass. Civ., sez. lav., sentenza 28 febbraio 2022, n. 6503 (rel. G. Marchese)

Il danno biologico coperto dall'INAIL si riferisce esclusivamente e soltanto alla menomazione permanente dell'integrità psico fisica, che si protrae, cioè, per tutta la vita, che può essere assoluta o parziale e decorre dal giorno successivo a quello della cessazione dell'inabilità temporanea (art. 74, secondo comma, T.U. INAIL). Esulano, dunque, dal sistema assicurativo, sia il «danno biologico temporaneo» che il cd. «danno morale».

Contestazioni e rilievi alla CTU: ammissibili per la prima volta in comparsa conclusionale e in appello

Cass. Civ., Sezioni Unite, sentenza 21 febbraio 2022, n. 5624 (rel. A. Scrima)

Le contestazioni e i rilievi critici delle parti alla consulenza tecnica d'ufficio, ove non integrino eccezioni di nullità relative al suo procedimento, come tali disciplinate dagli artt. 156 e 157 c.p.c., costituiscono argomentazioni difensive, sebbene di carattere non tecnico-giuridico, che possono essere formulate per la prima volta nella comparsa conclusionale e anche in appello, purché non introducano nuovi fatti costitutivi, modificativi o estintivi, nuove domande o eccezioni o nuove prove ma si riferiscano alla attendibilità e alla valutazione delle risultanze della c.t.u. e siano volte a sollecitare il potere valutativo del Giudice in relazione a tale mezzo istruttorio.
In tema di consulenza tecnica d'ufficio, il secondo termine previsto dall'ultimo comma dell'art. 195, c.p.c., così come modificato dalla I. n. 69 del 2009, ovvero l'analogo termine che, nei procedimenti cui non si applica, ratione temporis, il novellato art. 195 c.p.c., il giudice, sulla base dei suoi generali poteri di organizzazione e direzione del processo ex art. 175 c.p.c., abbia concesso alle parti ha natura ordinatoria e funzione acceleratoria e svolge ed esaurisce la sua funzione nel subprocedimento che si conclude con il deposito della relazione da parte dell'ausiliare; pertanto la mancata prospettazione al consulente tecnico di osservazioni e rilievi critici non preclude alla parte di sollevare tali osservazioni e rilievi, ove non integrino eccezioni di nullità relative al suo procedimento, come tali disciplinate dagli artt. 156 e 157 c.p.c., nel successivo corso del giudizio e, quindi, anche in comparsa conclusionale o in appello.
Qualora le contestazioni e i rilievi critici delle parti alla consulenza tecnica d'ufficio, non integranti eccezioni di nullità relative al suo procedimento, come tali disciplinate dagli artt. 156 e 157 c.p.c., siano stati proposti oltre i termini concessi all'uopo alle parti e, quindi, anche per la prima volta in comparsa conclusionale o in appello, il giudice può valutare, alla luce delle specifiche circostanze del caso, se tale comportamento sia stato o meno contrario al dovere di comportarsi in giudizio con lealtà e probità di cui all'art. 88 c.p.c. e, in caso di esito positivo di tale valutazione, trattandosi di un comportamento processuale idoneo a pregiudicare il diritto fondamentale della parte ad una ragionevole durata del processo ai sensi dell'art. 111 Cost. e, in applicazione dell'art. 92, primo comma, ultima parte c.p.c., può tenerne conto nella regolamentazione delle spese di lite.

Opposizione all’esecuzione – Cosa giudicata con riferimento al titolo esecutivo – Art. 2909 c.c. – Potere di interpretare il titolo esecutivo

Cass. Civ., Sezioni Unite, sentenza 21 febbraio 2022, n. 5633 (rel. E. Scoditti)

Ove risulti denunciata la violazione dell’art. 2909 cod. civ. nei giudizi di opposizione all’esecuzione o agli atti esecutivi con riferimento alla cosa giudicata corrispondente al titolo esecutivo giudiziale, la Corte di Cassazione ha il potere/dovere di interpretare il titolo esecutivo se il giudicato somministra il diritto sostanziale applicabile per l’accertamento del diritto della parte istante a procedere a esecuzione forzata o per l’accertamento della legittimità degli atti esecutivi.
Ai fini della denuncia della violazione, nei giudizi di opposizione all’esecuzione o agli atti esecutivi, dell’art. 2909 cod. civ. con riferimento alla cosa giudicata corrispondente al titolo esecutivo giudiziale, il ricorrente ha l’onere, a pena di inammissibilità del ricorso, sia di specifica indicazione ai sensi dell’art. 366, comma 1, n. 4 cod. proc. civ. del precetto sostanziale violato, nei cui limiti deve svolgersi il sindacato di legittimità, sia di specifica indicazione ai sensi dell’art. 366, comma 1, n. 6 cod. proc. civ. della sede nel giudicato del precetto di cui si denuncia l’errata interpretazione e dell’eventuale elemento extratestuale, ritualmente acquisito nel giudizio di merito, che sia rilevante per l’interpretazione del giudicato.

Dichiarazioni inesatte o reticenti – Inoperatività della polizza ex art. 1892 c.c.

Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto, sentenza 16 febbraio 2022, n. 174 (g. E. Di Giovanni)

Le dichiarazioni inesatte e reticenti, sebbene siano configurate come causa di annullamento del contratto - se rese dall’assicurato con dolo o colpa grave (art. 1892 c.c.) – ovvero come fondamento della ipotesi di recesso legale – se rese in difetto di dolo o colpa grave (art. 1893 c.c.) – le stesse, nondimeno, ben possono operare nella struttura del sinallagma contrattuale in termini di eccezione tesa a paralizzare l’accoglimento della domanda di adempimento contrattuale spiegata dal contraente o dal beneficiario di polizza (cfr. Cass. Civ., sez. III 13.07.10 n. 16406; in senso conforme Cass. sez. III 13.3.2007 n. 5849).
In tali casi, è onere dell’assicurato fornire la prova che l’assicuratore, pure in presenza di dichiarazioni inesatte o reticenti, fosse comunque a conoscenza delle circostanze relative alla dichiarazione inesatta o alla reticenza (cfr. Cass. Civ., sez. III 19.12.2000 n. 15939).
Nella fattispecie sottoposta al vaglio del Tribunale, alla stregua del compendio assertivo e documentale acquisito nel contraddittorio delle parti, può inferirsi la piena consapevolezza, in capo all’assicurato, già al tempo della sottoscrizione della proposta di polizza (19.6.2015), delle circostanze relative al proprio stato di salute fatte oggetto, tuttavia, di dichiarazioni non veridiche.
Tali circostanze documentali, contrariamente all’assunto di parte attrice, consentono di ritenere che le dichiarazioni rese nel contesto della proposta di polizza – contrastanti con le reali condizioni di salute - fossero sorrette da un atteggiamento psichico declinabile come stato soggettivo sorretto, quantomeno, da colpa grave.
È, infatti, verosimile ritenere che in difetto di dichiarazioni inesatte relative allo stato di salute, la compagnia avrebbe potuto diversamente graduare l’ammontare del premio di polizza (indicato, alla stregua delle inesatte circostanze, in misura pari a euro 121,00: cfr. doc. n. 7 fasc. convenuta).
Ne segue il rigetto della domanda stante l’inoperatività della polizza ex art. 1892 c.c.

R.C.A.: la mora debendi dell’assicuratore

Cass. Civ., sez. VI, ordinanza 14 febbraio 2022, n. 4668 (rel. M. Rossetti)

L'assicuratore della r.c.a. è in mora, nei confronti della vittima, una volta spirato il termine di cui all'art. 148, commi 1 o 2, cod ass.
L'assicuratore in mora è tenuto:
a) se il debito è inferiore al massimale, al pagamento degli stessi interessi compensativi dovuti dal responsabile ex art. 1219 c.c., calcolati al saggio e sul montante stabiliti da Cass. S. U. 1712/95;
b) se il debito è superiore al massimale al pagamento degli interessi di mora sul massimale stesso, ex art 1224, primo o secondo comma, c.c.
L'assicuratore della r.c.a., quando sia scaduto lo spatium deliberandi di cui all'art. 148 cod. ass., può evitare gli effetti della mora o attraverso l'offerta reale o secondo gli usi; o attraverso il deposito liberatorio di cui all'art 140 cod. ass.; oppure dimostrando che l'inadempimento è dipeso da causa non impitabile.
Né la difficoltosa ricostruzione della dinamica del sinistro; né l'intervento di assicuratori sociali; né la mancanza di prova di alcune delle voci di danno richieste dalla vittima costituiscono, di per sè, cause di esclusione della mora dell'assicuratore.

RCA: improponibile la domanda risarcitoria di chi non ha messo a disposizione il veicolo

Cass. Civ., sez. VI, ordinanza 20 gennaio 2022, n. 1756 (rel. S.G. Guizzi)

Secondo questa Corte, l'art. 145 cod. assicurazioni — come anche affermato dal Giudice delle leggi (Corte cost., sent. 3 maggio 2012, n. 111) — "ha un chiaro intento deflattivo", essendone evidente la finalità "di razionalizzazione del contenzioso giudiziario, notoriamente inflazionato, nella materia dei sinistri stradali, anche da liti bagatellari", intento il cui raggiungimento, tuttavia, "non è affidato soltanto alla prevista dilazione temporale (invero modesta) di sessanta/novanta giorni" per la proposizione della domanda risarcitoria, "ma — soprattutto — al procedimento ex art. 148 Codice delle assicurazioni private che, nel prescrivere una partecipazione attiva dell'assicuratore alla trattativa ante causam, mira a propiziare una conciliazione precontenziosa" (così, in motivazione, Cass. Sez. 3, sent. 25 gennaio 2018, n. 1829).
Affinché "la procedura di risarcimento descritta nella norma ora citata possa operare è indispensabile, però, che la compagnia assicuratrice sia posta in condizione di adempiere al dovere impostole e, cioè, di formulare un'«offerta congrua»", ciò che richiede sia "un presupposto formale", ovvero "la trasmissione di una richiesta contenente elementi (indicati nell'art. 148 Codice delle assicurazioni private) sufficienti a permettere all'assicuratore di «accertare le responsabilità, stimare il danno e formulare l'offerta»", sia "un requisito sostanziale", e ciò in quanto "la collaborazione tra danneggiato e assicuratore della r.c.a., nella fase stragiudiziale, impone correttezza (art. 1175 cod. civ.) e buona fede (art. 1375 cod. civ.)" (così, nuovamente, Cass. Sez. 3, sent. n. 1829 del 2018, cit.).
Viene meno, dunque, a tale dovere di collaborazione — subendone, come conseguenza, l'improponibilità della domanda risarcitoria — il danneggiato che "si è sottratto all'ispezione" del mezzo, "attività utile alla ricostruzione della dinamica dell'incidente e alla formulazione di una congrua offerta risarcitoria" (cfr. ancora una volta, Cass. Sez. 3, sent. n. 1829 del 2018, cit.).

Consenso informato: il danno va liquidato con le Tabelle Milano 2021

Corte di Appello di Catania, sentenza 3 febbraio 2022, n. 227 (rel. A.V. Balsamo)

Nel caso di specie, va confermata la sentenza di primo grado avuto riguardo alla violazione del diritto all’autodeterminazione in assenza del consenso informato circa la terapia farmacologica somministrata alla paziente per stimolare il parto, trattandosi di soggetto già cesarizzato essendo presumibile, secondo la comune esperienza, che la paziente se avesse avuto conoscenza degli eventuali rischi che ne sarebbero potuti derivare, non avrebbe prestato il proprio consenso al parto naturale. Tale danno da liquidarsi in via equitativa esclusivamente in favore della paziente va quantificato sulla base dei parametri elaborati dal Tribunale di Milano nella versione dell’anno 2021, dovendosi applicare la tabella pubblicata al momento in cui viene emessa la sentenza, che prevede anche i parametri per la liquidazione in via equitativa del danno da violazione del diritto al consenso informato.

Le Sezioni Unite sugli accertamenti e le acquisizioni del CTU

Cass. Civ., Sezioni Unite, sentenza 1 febbraio 2022, n. 3086 (rel. M. Marulli)

In materia di consulenza tecnica d'ufficio, il consulente nominato dal giudice, nei limiti delle indagini commessegli e nell'osservanza del contraddittorio delle parti, può accertare tutti i fatti inerenti all'oggetto della lite il cui accertamento si rende necessario al fine di rispondere ai quesiti sottopostigli, a condizione che non si tratti dei fatti principali che è onere delle parti allegare a fondamento della domanda o delle eccezioni e salvo, quanto a queste ultime, che non si tratti fatti principali rilevabili d'ufficio.
In materia di consulenza tecnica d'ufficio il consulente nominato dal giudice, nei limiti delle indagini commessegli e nell'osservanza del contraddittorio delle parti, può acquisire, anche prescindendo dall'attività di allegazione delle parti, non applicandosi alle attività del consulente le preclusioni istruttorie vigenti a carico delle parti, tutti i documenti che si rende necessario acquisire al fine di rispondere ai quesiti sottopostigli, a condizione che essi non siano diretti a provare i fatti principali dedotti a fondamento della domanda e delle eccezioni che è onere delle parti provare e, salvo quanto a queste ultime, che non si tratti di documenti diretti a provare fatti principali rilevabili d'ufficio.
In materia di esame contabile ai sensi dell'art. 198 cod. proc. civ. il consulente nominato dal giudice, nei limiti delle indagini commessegli e nell'osservanza della disciplina del contraddittorio delle parti ivi prevista, può acquisire, anche prescindendo dall'attività di allegazione delle parti, tutti i documenti che si rende necessario acquisire al fine di rispondere ai quesiti sottopostigli, anche se essi siano diretti a provare i fatti principali posti dalle parti a fondamento della domanda e delle eccezioni.
In materia di consulenza tecnica d'ufficio, l'accertamento di fatti diversi dai fatti principali dedotti dalle parti a fondamento della domanda o delle eccezioni e salvo, quanto a queste ultime, che non si tratti di fatti principali rilevabili d'ufficio, o l'acquisizione nei predetti limiti di documenti che il consulente nominato dal giudice accerti o acquisisca al fine di rispondere ai quesiti sottopostigli in violazione del contraddittorio delle parti è fonte di nullità relativa rilevabile ad iniziativa di parte nella prima difesa o istanza successiva all'atto viziato o alla notizia di esso.
In materia di consulenza tecnica d'ufficio, l'accertamento di fatti principali diversi da quelli dedotti dalle parti a fondamento della domanda o delle eccezioni e salvo, quanto a queste ultime, che non si tratti di fatti principali rilevabili d'ufficio, che il consulente nominato dal giudice accerti nel rispondere ai quesiti sottopostigli dal giudice viola il principio della domanda ed il principio dispositivo ed è fonte di nullità assoluta rilevabile d'ufficio o, in difetto, di motivo i impugnazione da farsi a valere ai sensi dell'art. 161 cod. proc. civ.

Sull’ammissibilità della condanna alle spese di parte attrice in ipotesi di significativo divario tra petitum e decisum: rimessione alle SS.UU. della Corte di Cassazione

Cass. Civ. Sez. III, Ordinanza 14 ottobre 2021, n. 28048 (rel. M. Rossetti)

Il Collegio ritiene che, a norma del capoverso dell'art. 374 c.p.c., ed in relazione alla questione di massima di particolare importanza ed al contrasto descritto, sia necessario rimettere il ricorso al Primo Presidente, affinchè valuti l'opportunità di assegnarlo alle Sezioni Unite perchè sia data risposta al seguente quesito: se sia corretta e costituzionalmente orientata l'interpretazione dell'art. 92 c.p.c., secondo cui, nel caso di rilevante divario tra petitum e decisum, l'attore parzialmente vittorioso possa essere condannato alla rifusione di una aliquota delle spese di lite in favore della controparte.