Consenso informato – Diritto di autodeterminazione: il danno non è in re ipsa – Oneri probatori
In tema di responsabilità professionale del medico, in presenza di un atto terapeutico necessario e correttamente eseguito dal quale siano tuttavia derivate conseguenze dannose per la salute, ove tale intervento non sia stato preceduto da un'adeguata informazione del paziente circa i possibili effetti pregiudizievoli non imprevedibili, il medico può essere chiamato a risarcire il danno alla salute solo se il paziente dimostri, anche tramite presunzioni, che, ove compiutamente informato, egli avrebbe verosimilmente rifiutato l'intervento, non potendo altrimenti ricondursi all'inadempimento dell'obbligo di informazione alcuna rilevanza causale sul danno alla salute" (Cass., 3, n. 2847 del 9/2/2010; Cass., 3, n. 2998 del 16/2/2016; Cass. 3, n. 26827 del 14/11/2017).
Sul punto, la giurisprudenza della Suprema Corte è del tutto consolidata nel senso di configurare il diritto all'autodeterminazione quale diritto autonomo e distinto rispetto al diritto alla salute e nell'individuarne il fondamento negli artt. 2, 13 e 32 Cost. (Cass., 3, n. 28985 del 11/11/2019; Cass., 3, n. 16892 del 25/6/2019; Cass., 3, n. 19199 del 19/7/2018; Cass., 3, n. 17022 del 28/6/2018), ma è altresì consolidata nel richiedere un giudizio controfattuale su quale sarebbe stata la scelta del paziente ove fosse stato correttamente informato atteso che, se avesse prestato senza riserve il consenso a quel tipo di intervento, la conseguenza dannosa si sarebbe dovuta imputare esclusivamente alla lesione del diritto alla salute determinata dalla successiva errata esecuzione della prestazione professionale, mentre, se egli avesse negato il consenso, il danno biologico scaturente dalla inesatta esecuzione della prestazione sanitaria sarebbe riferibile "ab origine" alla violazione dell'obbligo informativo e concorrerebbe unitamente all'errore relativo alla prestazione sanitaria alla sequenza causale produttiva della lesione della salute quale danno conseguenza (Cass., 3, n. 28985 del 11/11/2019).
La giurisprudenza è in particolare consolidata nel senso di ritenere che le conseguenze dannose derivanti dal diritto all'autodeterminazione debbano essere debitamente allegate dal paziente tenuto conto che il presupposto della domanda risarcitoria è costituito dalla sua scelta soggettiva (criterio della vicinanza della prova) essendo il discostamento dalle indicazioni terapeutiche del medico, eventualità non rientrante nell'id quod plerunque accidit; al riguardo la prova può essere fornita con ogni mezzo, ivi compreso il notorio, le massime di esperienza e le presunzioni, non essendo configurabile un danno risarcibile "in re ipsa" (Cass., 3, n. 28985 dell'11/11/2019; Cass., 3, n. 20885 del 22/8/2018; Cass., 3, n. 2369 del 31/1/2018; Cass., 3, n. 2998 del 16/2/2016).