Valida la claims made anche alla luce delle Sezioni Unite (settembre 2018)

Trib. Messina, sentenza 8 novembre 2018, n. 2159 (g. M.L. Tortorella)

In merito alla validità delle c.d. clausole claims made la S. C. è da ultimo intervenuta a SS. UU. con sentenza n. 22437 del 24 settembre 208, affermando che il modello di assicurazione della responsabilità civile con clausole "on claims made basis", quale deroga convenzionale all'art. 1917, comma 1, c.c., consentita dall'art. 1932 c.c., è riconducibile al tipo dell'assicurazione contro i danni e, pertanto, non è soggetto al controllo di meritevolezza di cui all'art. 1322, comma 2, c.c., ma alla verifica, ai sensi dell'art. 1322, comma 1, c.c., della rispondenza della conformazione del tipo, operata attraverso l'adozione delle suddette clausole, ai limiti imposti dalla legge, da intendersi come l'ordinamento giuridico nella sua complessità, comprensivo delle norme di rango costituzionale e sovranazionale. Tale indagine riguarda, innanzitutto, la causa concreta del contratto - sotto il profilo della liceità e dell'adeguatezza all'assetto sinallagmatico rispetto agli specifici interessi perseguiti dalle parti -, ma non si arresta al momento della genesi del regolamento negoziale, investendo anche la fase precontrattuale (in cui occorre verificare l'osservanza, da parte dell'impresa assicurativa, degli obblighi di informazione sul contenuto della claims made) e quella dell'attuazione del rapporto (come nel caso in cui nel regolamento contrattuale "on claims made basis" vengano inserite clausole abusive), con la conseguenza che la tutela inviolabile dell'assicurato può esplicarsi, in termini di effettività, su diversi piani, con attivazione dei rimedi pertinenti ai profili di volta in volta implicati.
Nel caso di specie, le condizioni generali di contratto vennero predisposte da una società incaricata dalla stessa Azienza Ospedaliera di svolgere attività di mediazione e consulenza assicurativa e, tra l'altro, di predisporre i capitolati di gara e assistere l'Azienda nello svolgimento della gara e nella valutazione delle offerte pervenute sicché non può imputarsi alla società assicurativa alcun difetto di informazione dell'assicurato circa le clausole del contratto ed i rischi/vantaggi dello stesso.

Cessione di credito

Cass. Civ., Sez. I, ordinanza 16 novembre 2018, n. 29608 (Rel. Caiazzo)

La cessione del credito, quale negozio a causa variabile, può essere stipulata anche a fine di garanzia e senza che venga meno l'immediato effetto traslativo della titolarità del credito tipico di ogni cessione, in quanto è proprio mediante tale effetto traslativo che si attua la garanzia, pure quando la cessione sia pro solvendo e non già pro soluto, con mancato trasferimento al cessionario, pertanto, del rischio d'insolvenza del debitore ceduto. Talché è applicabile il principio per il quale in tema di cessione del credito in luogo dell'adempimento, ai sensi dell'art. 1198 c.c., grava sul cessionario che agisce nei confronti del cedente dare la prova dell'esigibilità del credito e dell'insolvenza del debitore ceduto (Cass., n. 15677/2009).

Responsabilità dell’intermediario finanziario per inadempimento degli obblighi informativi: il danno consiste nel rischio di perdita del capitale investito

Cass. Civ., Sez. I, ordinanza 14 novembre 2018, n. 29353 (Rel. Lamorgese)

In presenza di un comportamento illegittimo dell'intermediario, l'investitore inconsapevole si trova esposto ad un rischio che avrebbe potuto essergli accollato solo a seguito di adeguate informazioni. Il danno consiste nel rischio di perdita del capitale investito che il cliente ben informato non si sarebbe presumibilmente addossato, o almeno non in quella misura. E poiché il legislatore, nel dettare la normativa di settore in materia, muove dal presupposto che dette informazioni sono invece necessarie all'effettuazione di scelte d'investimento effettivamente consapevoli ed oculate, deve presumersi, fino a prova contraria, che quel rischio il cliente non lo avrebbe corso se fosse stato informato come si doveva. E' dunque corretto far riferimento alla successiva perdita di valore del titolo per quantificare il danno subito dall'investitore il quale si sia trovato esposto al rischio di quella perdita per un fatto imputabile all'intermediario (Cass. n. 29864/2011). Questo principio si deve ribadire, tenuto conto che l'inosservanza dei doveri informativi ingenera una presunzione di riconducibilità all'intermediario stesso dell'operazione finanziaria, costituendo di per sé un fattore di disorientamento dell'investitore che condiziona in modo scorretto le sue scelte di investimento (Cass. n. 3914/2018).

Giurisdizione della Corte dei Conti in materia pensionistica: limiti e contenuto

Cass. Civ., Sez. Un., sentenza 14 novembre 2018, n. 29284 (Rel. Greco)

La giurisdizione della Corte dei conti in materia di pensioni (artt. 13 e 62 del R.D. 12 luglio 1934, n. 1214) ha carattere esclusivo, in quanto affidata al criterio di collegamento costituito dalla materia, onde in essa sono comprese tutte le controversie in cui il rapporto pensionistico costituisca elemento identificativo del petitum sostanziale e, quindi, tutte le controversie concernenti la sussistenza del diritto, la misura e la decorrenza della pensione dei pubblici dipendenti, nonché, pur in costanza di lavoro, ogni diritto relativo al rapporto pensionistico (Cass., sez. un., nn. 12722 del 2005, 2298 del 2008, 153 e 4853 del 2013). Nella fattispecie, invece, l'oggetto della controversia risultava estraneo al detto ambito, attenendo alla determinazione dell'importo della trattenuta da operare mensilmente sulla pensione per la restituzione del prestito, con la conseguenza che la giurisdizione deve considerarsi appartenere al giudice del rapporto di lavoro e, quindi, essendo la situazione giuridica azionata successiva al 30 giugno 1998, al giudice ordinario.

Responsabilità da sinistri: la ricostruzione della dinamica rientra tra gli accertamenti di fatto effettuabili dal solo Giudice di merito

Cass. Civ., Sez. VI, ordinanza 14 novembre 2018, n. 29272 (Rel. Cirillo)

In materia di responsabilità da sinistri derivanti dalla circolazione stradale, la ricostruzione delle modalità del fatto generatore del danno, la valutazione della condotta dei singoli soggetti che vi sono coinvolti, l'accertamento e la graduazione della colpa, l'esistenza o l'esclusione del rapporto di causalità tra i comportamenti dei singoli soggetti e l'evento dannoso, integrano altrettanti giudizi di merito, come tali sottratti al sindacato di legittimità se il ragionamento posto a base delle conclusioni sia caratterizzato da completezza, correttezza e coerenza dal punto di vista logico-giuridico (v., tra le altre, le sentenze 23 febbraio 2006, n. 4009, 25 gennaio 2012, n. 1028 e 30 giugno 2015, n. 13421, nonché l'ordinanza 22 settembre 2017, n. 22205, e la sentenza 17 gennaio 2018, n. 908).

La sentenza di appello, anche se integralmente confermativa, si sostituisce a quella di primo grado

Cass. Civ., Sez. III, sentenza 13 novembre 2018, n. 29021 (Rel. Rubino)

In materia di titolo esecutivo di formazione giudiziale, specificamente nei rapporti tra sentenza di primo grado e sentenza d'appello, la giurisprudenza di questa Corte attribuisce alla sentenza d'appello, salvo i casi di inammissibilità, improponibilità ed improcedibilità dell'appello (e, quindi, quelli in cui l'appello sia definito in rito e non sia esaminato nel merito con la realizzazione dell'effetto devolutivo di gravame sul merito), l'efficacia di sostituire quella di primo grado, tanto nel caso di riforma che in quello di conferma di essa (cfr. Cass. n. 2885/73; n.6438/92; n. 586/99; n. 6911/02; n. 29205/08; n. 7537/09). Deve quindi ribadirsi in questa sede quanto già più volte affermato dalla giurisprudenza di legittimità (v., tra le altre, Cass. n. 18254 del 2014), ovvero che la sentenza di appello, anche se integralmente confermativa, si sostituisce a quella di primo grado, che viene eliminata e non torna a rivivere neppure se, a seguito di cassazione senza rinvio, la stessa sentenza di appello venga eliminata (in questo senso da ultimo v. anche Cass. n. 2955 del 2013). L'effetto sostitutivo della sentenza d'appello, la quale confermi integralmente o riformi parzialmente la decisione di primo grado, comporta che, ove l'esecuzione non sia ancora iniziata, essa dovrà intraprendersi sulla base della pronuncia di secondo grado, mentre, se l'esecuzione sia già stata promossa in virtù del primo titolo esecutivo, la stessa proseguirà sulla base delle statuizioni ivi contenute che abbiano trovato conferma in sede di impugnazione (in questo senso v. Cass. n. 9161 del 2013). Pertanto, ai fini della corretta introduzione della esecuzione promossa quando già sia stata pubblicata la sentenza di appello, il titolo esecutivo da notificare prima o congiuntamente al precetto ai fini della validità di quest'ultimo è costituito in ogni caso dalla sentenza di appello e non dalla sentenza di primo grado, anche quando il dispositivo della sentenza di appello contenga esclusivamente il rigetto dell'appello e l'integrale conferma della sentenza di primo grado.

Notifica PEC: valida in ogni caso se raggiunge lo scopo.
Domicilio digitale: se manca elezione di domicilio nel comune di competenza non può precedersi alla notifica in Cancelleria

Cass. Civ., Sezioni Unite, sentenza 8 settembre 2018, n. 23620 (P. Campanile)

In tema di notificazione in via telematica, il raggiungimento dello scopo della notifica, vale a dire la produzione del risultato della conoscenza dell'atto notificato a mezzo di posta elettronica certificata, priva di significativo rilievo la presenza di meri vizi di natura procedimentale (come, ad esempio, l'estensione.doc in luogo del formato pdf), ove l'erronea applicazione della regola processuale non abbia comportato (ovvero non sia stata neppure prospettata) una lesione del diritto di difesa, oppure altro pregiudizio per la decisione (cfr. Cass., Sez. U, 18 aprile 2016, n. 7665).
La mancata indicazione nell'oggetto del messaggio di p.e.c. della dizione "notificazione ai sensi della legge n. 53 del 1994", ovvero l'omessa indicazione del codice fiscale del destinatario, costituiscono mera irregolarità, essendo comunque raggiunto lo scopo della notificazione, avendola il destinatario ricevuta ed avendo mostrato di averne ben compreso il contenuto (cfr. Cass., 4 ottobre 2016, n. 19814).
In materia di notificazioni al difensore, a seguito dell'introduzione del "domicilio digitale", corrispondente all'indirizzo p.e.c. che ciascun avvocato ha indicato al Consiglio dell'ordine di appartenenza, previsto dal d.l. n. 179 del 2012, art. 16 sexies (conv., con modif., dalla I. n. 221 del 2012), come modificato dal d.l. n. 90 del 2014 (conv., con modif., dalla I. n. 114 del 2014), non è più possibile procedere - ai sensi del R.D. n. 37 del 1934, art. 82 - alle comunicazioni o alle notificazioni presso la cancelleria dell'ufficio giudiziario innanzi al quale pende la lite, anche se il destinatario ha omesso di eleggere il domicilio nel comune in cui ha sede quest'ultimo, a meno che, oltre a tale omissione, non ricorra altresì la circostanza che l'indirizzo di posta elettronica certificata non sia accessibile per cause imputabili al destinatario.

Sulla regolarità della notifica all’estero

Cass. Civ., sez. III, sentenza 8 novembre 2018, n. 28509 (rel. C. D'Arrigo)

In tema di notificazione o comunicazione di atti giudiziari fra Stati membri dell'Unione europea, regolata dal Regolamento CE n. 1393/2007, è onere del notificante dimostrare che l'atto fosse, ai sensi dell'art. 8 del citato Regolamento, redatto o accompagnato da una traduzione in una lingua compresa dal destinatario oppure nella lingua ufficiale dello Stato di destinazione. Tale dimostrazione può essere fornita anche mediante l'attestazione rilasciata dall'ufficiale giudiziario italiano, ma tale attestazione, essendo relativa ad una notificazione che si perfeziona all'estero, secondo la legge del luogo di destinazione e sotto il controllo del relativo organo ricevente, non fa fede fino a querela di falso e può essere superata dalla prova contraria.
Ove sia accertata la carenza, nella copia ricevuta dal destinatario di altro Stato membro, della traduzione dell'atto nella lingua richiesta da questa, il destinatario ha diritto ad un termine per la regolarizzazione, ovvero, in alternativa, il termine perentorio dalla ricezione dell'atto, a causa dell'irritualità di questo, non inizia a decorrere e, finché non sia provata - in base alla legge del luogo di destinazione della notifica - dal notificante la ricezione della copia tradotta, l'attività da lui espletata non può definirsi tardiva.

Le spese della pretestuosa chiamata in garanzia dell’assicuratore sono sempre a carico del chiamante

Cass. Civ., sez. III, sentenza 8 novembre 2018, n. 28510 (rel. C. D'Arrigo)

In tema di spese processuali, la palese infondatezza della domanda di garanzia proposta dal convenuto nei confronti di un terzo chiamato in giudizio comporta l'applicabilità del principio di soccombenza nel rapporto processuale instauratosi fra di loro, anche quando l'attore sia, a sua volta, soccombente nei confronti del convenuto chiamante, atteso che quest'ultimo sarebbe stato soccombente nei confronti del terzo anche in caso di esito diverso della causa principale (Sez. 6 - 3, Ordinanza n. 10070 del 21/04/2017; Sez. 3, Sentenza n. 8363 del 08/04/2010).

Danni da pignoramento illegittimo

Cass. Civ., sez. III, sentenza 8 novembre 2018, n. 28527 (rel. M. Rossetti)

La domanda di risarcimento del danno derivato dall'incauta trascrizione d'un pignoramento, ai sensi dell'art. 96, comma secondo, c.p.c., può essere proposta in via autonoma solo: (a) quando non sia stata proposta opposizione all'esecuzione, né poteva esserlo; (b) ovvero quando, proposta opposizione all'esecuzione, il danno patito dall'esecutato sia insorto successivamente alla definizione di tale giudizio, e sempre che si tratti di un danno nuovo ed autonomo, e non d'un mero aggravamento del pregiudizio già insorto prima della definizione del giudizio di opposizione all'esecuzione.