Incompetenza per territorio

Cass. Civ., Sez. VI, ordinanza 18 ottobre 2018, n. 26276 (Rel. Cigna)

In tema di competenza per territorio derogabile, il convenuto ha, ai sensi dell'art. 38 cod. proc. civ., l'onere di contestare nella comparsa di risposta tempestivamente depositata l'incompetenza per territorio del Giudice adito con riferimento a tutti i concorrenti criteri previsti dagli artt. 18, 19 e 20 cod. proc. civ., indicando specificamente, in relazione ai criteri medesimi, quale sia il Giudice che ritiene competente, senza che, verificatasi la suddetta decadenza o risultata comunque inefficace l'eccezione, il Giudice possa rilevare d'ufficio profili di incompetenza non proposti o supplire alla genericità o incompletezza dell'eccezione stessa, restando la competenza del giudice adito radicata in base al profilo non (o non efficacemente) contestato (Cass. n. 6380/2018; conf., tra le altre, Cass. n. 23328/2014 e n. 16136/2013); incompletezza della formulazione dell'eccezione controllabile, anche d'ufficio, dalla Corte di Cassazione in sede di regolamento di competenza (Cass. n. 6380/2018; Cass. n. 13202/2011; Cass. n. 11192/2010). Nel caso di specie, come evidenziato anche dal Tribunale nell'impugnata ordinanza nonché dal Procuratore Generale, l'eccezione d'incompetenza per territorio del Tribunale non è stata formulata in maniera completa, non essendo stata ritualmente contestata la competenza né con riferimento al criterio di collegamento di cui al "forum destinatae solutionis" (art. 20, seconda parte, c.p.c.) né a quello di cui al "giudice del luogo dove la persona giuridica ha uno stabilimento e un rappresentante a stare in giudizio per l'oggetto della domanda" (art. 19, comma 1, cpc).

Imposta di registro: la sentenza ex art. 2932 c.c. è soggetta all’imposta in misura proporzionale

Cass. Civ., Sez. VI, ordinanza 17 ottobre 2018, n. 26090 (Rel. Solaini)

In materia d'imposta di registro, la sentenza ex ad. 2932 c.c., che abbia disposto il trasferimento di un immobile in favore del promissario acquirente, subordinatamente al pagamento del corrispettivo pattuito, è soggetta ad imposta proporzionale e non in misura fissa, anche se ancora soggetta ad impugnazione, trovando applicazione l'art. 27 del d.P.R. n. 13 del 1986, alla stregua del quale non sono considerati sottoposti a condizione sospensiva gli atti i cui effetti dipendano, in virtù di condizione meramente potestativa, dalla mera volontà dell'acquirente, nella specie dall'iniziativa unilaterale del promittente acquirente (Cass. nn. 18006/16, 14470/18, 3806/17, 21625/2015, 16818/2014, 8544/2014, 6116/2011, 11780/2008, 4627/2003, contra Cass. n. 24514/15, non in termini, in quanto, si riferisce a condizione sospensiva non potestativa, mentre, il diverso orientamento di cui Cass. n. 9097/2012 e Cass, ordinanza n. 18180/2013 è isolato e superato). Nel caso di specie, i giudici d'appello hanno "malgovernato" i principi regolatori della materia, in quanto l'art. 27 comma 3 del DPR n. 131 cit., non considera, ai fini fiscali, sottoposti a condizione sospensiva gli atti che fanno dipendere l'avveramento degli effetti della predetta condizione, dalla mera volontà dell'acquirente o del creditore (nel caso di specie, dall'iniziativa unilaterale del promittente acquirente), infatti, la condizione del pagamento del saldo, non rileva ai fini tributari, in quanto, essendo lasciata all'autonomia dell'acquirente (che può decidere unilateralmente di non pagarlo, per ragioni di convenienza), dipende dalla sua mera volontà, e quindi, come disposto dall'art. 27 terzo comma del DPR n. 131 citato, ai fini tributari, tale trasferimento non è considerato sottoposto ad alcuna condizione.

Agevolazioni “prima casa” e acquisto di immobile in costruzione

Cass. Civ., Sez. VI, ordinanza 17 ottobre 2018, n. 26088 (Rel. Solaini)

In tema di agevolazioni tributarie, i benefici fiscali per l'acquisto della "prima casa", previsti dall'art. 1, sesto comma, della legge 22 aprile 1982, n. 168, e dall'art. 2, primo comma, del D.L. 7 febbraio 1985, n. 12 convertito, con modificazioni, nella legge 5 aprile 1985, n. 118, spettano pure all'acquirente di immobile in corso di costruzione, da destinare ad abitazione "non di lusso", anche se tali benefici possono essere conservati soltanto qualora la finalità dichiarata dal contribuente nell'atto di acquisto, di destinare l'immobile a propria abitazione, venga da questo realizzata entro il termine di decadenza del potere di accertamento dell'Ufficio in ordine alla sussistenza dei requisiti per fruire di tali benefici (che con riferimento all'imposta di registro è di tre anni dalla registrazione dell'atto).

Non esiste obbligo di instaurazione del contraddittorio prima dell’emissione dell’avviso di accertamento

Cass. Civ., Sez. VI, ordinanza 17 ottobre 2018, n. 26087 (Rel. Solaini)

Non esiste nel nostro ordinamento un obbligo generale d'instaurazione preventiva del contraddittorio con il contribuente prima dell'emissione dell'avviso d'accertamento, essendo tale obbligo circoscritto, per i tributi "non armonizzati" ai soli casi espressamente previsti (Cass. sez. un. n. 24823/15).

Adempimento del debito, da parte del coobbligato, dopo la dichiarazione di fallimento

Cass. Civ., Sez. I, sentenza 17 ottobre 2018, n. 26003 (Rel. De Marzo)

Il coobbligato, il quale intenda far valere, con l'ammissione al passivo, l'avvenuto pagamento successivo aIla dichiarazione di fallimento, deve dimostrare, ai sensi dell'art. 61, secondo comma, l. fall., il carattere integralmente satisfattivo delle ragioni ereditarie;

il principio di cristallizzazione della massa passiva (ossia della sostanziale immutabilità dell'insinuazione) rende irrilevante il pagamento parziale, ancorché quest'ultimo esaurisca l'obbligazione del solvens (per es., in caso di fideiussore parziale).

Concordato omologato e successiva dichiarazione di fallimento: il credito ammesso al fallimento è quello originario

Cass. Civ., Sez. I, sentenza 17 ottobre 2018, n. 26002 (Rel. Lamorgese)

Gli accordi stipulati nel piano di concordato preventivo omologato, non risolto né annullato, cui segua la dichiarazione di fallimento, non possono restare fermi e, dunque, il credito ammissibile al fallimento è quello originario (per l'intero) e non quello soggetto alla falcidia concordataria.

Risarcimento dei danni al proprietario trasportato che abbia affidato il veicolo a persona non abilitata alla guida

Cass. Civ., sez. III, ordinanza 12 ottobre 2018, n. 25391 (rel. F. Fiecconi)

Sia con riferimento ai principi sanciti dalla Corte di Cassazione in tema di concorso colposo della vittima nella determinazione del sinistro, sia con riferimento ai criteri d'interpretazione delle norme di derivazione europea sanciti dalla Corte di Giustizia, la statuizione di un giudice in ordine alla prevalenza assoluta della responsabilità del proprietario e/o alla inefficacia o inoperatività della polizza assicurativa per il proprietario trasportato, vittima del sinistro, ove abbia consentito la guida a un soggetto non abilitato, non risulta conforme ai principi di diritto che governano la materia dell'assicurazione obbligatoria per i veicoli a motori.

Un'eventuale cooperazione colposa del creditore al fatto illecito, non spezza il nesso eziologico rispetto al danno da lui subito. Pertanto, la cooperazione del trasportato allo scaturire dell'evento dannoso dalla condotta colposa del conducente della vettura (per esempio, non allacciandosi il trasportato le cinture di sicurezza: Cass. sez. 3, 11 marzo 2004 n. 4993) comporta esclusivamente una proporzionale riduzione dell'entità del risarcimento.
Inoltre, la cooperazione colposa nella determinazione del sinistro non può essere identificata, per così dire, preventivamente - ovvero quando il sinistro è ancora soltanto una mera eventualità - ad esempio nel salire su un veicolo condotto da una persona che il trasportato sa non essere in grado di fornire una guida adeguata, occorrendo invece un'attività del trasportato, una volta che il trasporto sia iniziato e quindi divenuto un fatto reale e attuale, la quale esplichi diretta incidenza causale sul concreto susseguente evento dannoso (v. Cass. sez. 3, 7 dicembre 2005 n. 27010). D'altronde, l'accettare che la guida del veicolo sia effettuata da un soggetto non idoneo non può intendersi come valida rinuncia ad ogni risarcimento dei danni, che potranno generarsi da tale guida, trattandosi di lesioni di diritti indisponibili (cfr. Cass. sez. 3, 11 marzo 2004 n. 4993 e Cass. sez III, sentenza n.14699/2016).

Calcolo del danno differenziale e del credito surrogatorio dell’Ente previdenziale

Cass. Civ., sez. VI, ordinanza 15 ottobre 2018, n. 25618 (rel. M. Rossetti)

Nel caso in cui la vittima di un fatto illecito abbia percepito un indennizzo dall'Inail, per stabilire se ed in che misura residui un credito risarcitorio del danneggiato nei confronti del terzo responsabile (il c.d. danno differenziale) occorre calcolare la differenza col criterio cd. 'per poste" (o "voci") di danno: vale a dire sottraendo l'indennizzo Inail dal credito risarcitorio solo quando l'uno e l'altro siano stati destinati a ristorare pregiudizi identici.
Così, ad esempio, occorrerà sottrarre l'indennizzo Inail erogato per il danno biologico permanente dal credito risarcitorio per lo stesso titolo; l'indennizzo Inail erogato per il danno alla capacità lavorativa dal credito risarcitorio per lo stesso titolo, e così via.
Corollari di questo metodo sono che:
(a) se per una voce di danno l'indennizzo Inail eccede il credito civilistico, nulla potrà pretendere per quel danno la vittima dal responsabile;
(b) se per una voce di danno l'indennizzo Inail eccede il credito civilistico, il responsabile non potrà pretendere che l'eventuale eccedenza sia riportata a defalco di altri crediti risarcitori della vittima (in tal senso si vedano Sez. 3, Sentenza n. 13222 del 26.6.2015; Sez. 6 - 3, Ordinanza n. 17407 del 30.8.2016; Sez. 1,, Sentenza n. 27669 del 21.11.2017).

Il calcolo del credito surrogatorio dell'Inail deve avvenire da un lato sommando (e rivalutando, trattandosi di obbligazione di valore) i ratei della rendita già corrisposti; dall'altro capitalizzando (cioè trasformando in un capitale) la rendita ancora da erogare, in rapporto alla speranza di vita del beneficiario.

Ripetute interruzioni nella somministrazione di energia elettrica e limitazione dei danni risarcibili ai sensi dell’art. 1227, comma 2, c.c.

Cass. Civ., Sez. VI, ordinanza 15 ottobre 2018, n. 25750 (Rel. Sestini)

In tema di risarcimento del danno da ripetute interruzioni nella somministrazione di energia elettrica, il limite di esigibilità del comportamento previsto dall'art. 1227, 2° co. è costituito dall'ordinaria e non dalla straordinaria diligenza, «intendendosi comprese nell'ambito dell'ordinaria diligenza, all'uopo richiesta, soltanto quelle attività che non siano gravose o eccezionali o tali da comportare notevoli rischi o rilevanti sacrifici» (Cass. n. 17094/2017). Nello specifico, invece, la Corte ha finito per imporre alla somministrata obblighi sicuramente eccedenti l'ordinaria diligenza, in quanto comportanti uno stravolgimento dell'organizzazione aziendale (mediante la predisposizione di turni di reperibilità notturna e festiva), non riconducibile all'osservanza dei principi generali di correttezza e buona fede richiamati dall'art. 1175 c.c., di cui la disposizione dell'art. 1227, 2° co. c.c. costituisce espressione (cfr. Cass. n. 26639/2013).

La notificazione della sentenza di fallimento a norma dell’art. 140 c.p.c. presso il recapito del legale rappresentante della società dichiarata fallita indicato nella visura camerale

Cass. Civ., Sez. I, ordinanza 12 ottobre 2018, n. 25603 (Rel. Caiazzo)

In tema di notificazione, è consolidato l'orientamento, cui questa Corte intende dare continuità, secondo cui qualora un soggetto, residente all'estero, abbia domicilio in Italia, non trova applicazione diretta l'art. 139 cod. proc. civ., che disciplina le notificazioni da eseguirsi a persone residenti, dimorate e domiciliate in Italia, ma, rivestendo le risultanze anagrafiche solo un valore presuntivo in relazione all'abituale effettiva dimora, accertabile con ogni mezzo anche contro tali risultanze, può ritenersi corretta, alla stregua di una interpretazione sistematica del menzionato articolo e dell'ad. 142 cod. proc. civ., nonché del principio di effettività della notifica, la valorizzazione del suddetto domicilio quale collegamento rilevante del notificando con il luogo, sito in Italia, idoneo a far considerare valida la notifica ivi effettuatagli (Cass., n. 21896/2013). E stato altresì affermato che, ai fini della determinazione del luogo di residenza o dimora del destinatario della notificazione, rileva esclusivamente il luogo ove questi dimora di fatto in modo abituale, rivestendo le risultanze anagrafiche mero valore presuntivo e potendo essere superate, in quanto tali, da una prova contraria, desumibile da qualsiasi fonte di convincimento, affidata all'apprezzamento del giudice di merito (Cass,, n. 10170 /2016), Nel caso concreto, la Corte d'appello ha ritenuto correttamente eseguita la notificazione della sentenza di fallimento a norma dell'art. 140 c.p.c. presso il recapito del legale rappresentante della società dichiarata fallita indicato nella visura camerale, ove si è recato l'ufficiale notificatore riscontrando traccia positiva dell'abitazione del destinatario costituita dalla presenza della cassetta postale a lui intestata e dando atto della temporanea assenza di quest'ultimo.