Rilevamento della velocità e idonea segnalazione

Cass. Civ., Sez. VI, ordinanza 19 ottobre 2018, n. 26466 (Rel. Scalisi)

Ai sensi dell'art. 2, d.m. 15 agosto 2007, i segnali stradali e i dispositivi di segnalazione luminosi devono essere installati "con adeguato anticipo" rispetto al luogo ove viene effettuato il rilevamento della velocità, e in modo da garantirne il tempestivo avvistamento, in relazione alla velocità locale predominante. La distanza tra i segnali o i dispositivi e la postazione di rilevamento della velocità deve essere valutata in relazione allo stato dei luoghi; in particolare, è necessario che non vi sia tra il segnale e il luogo di effettivo rilevamento una distanza superiore a quattro km, mentre non è stabilita una distanza minima, né assume rilevo la mancata ripetizione della segnalazione di divieto, dopo ciascuna intersezione, per gli automobilisti, che proseguano lungo la medesima strada. A maggior chiarezza va qui osservato che né la legge, né il D.L. n. 117 del 2007, né altra normativa successiva, indica le caratteristiche che debba avere il segnale di avvertimento perché ciò che conta è che si tratti di strada sottoposta a rilevazione elettronica della velocità e che la sussistenza di una apparecchiatura di rilevamento della velocità, sia segnalata agli utenti, nei termini di cui si è detto, con qualunque strumento purché sia adeguato e comunque, visibile, indipendentemente, però che si tratti di dispositivo luminoso, o di un cartello stradale verticale od orizzontale e/o di cartello verticale luminoso a luce intermittente.

Inammissibile il ricorso redatto con la tecnica dell’assemblaggio

Cass. Civ., sez. VI, ordinanza 18 ottobre 2018, n. 26120 (rel M. Rossetti)

E' inammissibile il ricorso redatto con la tecnica cd. dell'assemblaggio, vale a dire mediante l'integrale riproduzione e collazione di una serie di documenti ed atti processuali. Tale tecnica, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, non può ammettersi, perché consiste in un'esposizione dei fatti non sommaria e viola perciò il disposto dell'art. 366, primo comma, n. 3, c.p.c. (Sez. 5 - , Sentenza n. 8245 del 04/04/2018; Sez. 5, Sentenza n. 18363 del 18/09/2015; Sez. 6 - 1, Ordinanza n. 22185 del 30/10/2015; Sez. 6 - 3, Sentenza n. 3385 del 22/02/2016); né dall'esposizione dei motivi, espunti dal ricorso gli atti processuali fotoriprodotti, è possibile desumere in modo chiaro ed inequivoco i fatti di causa (cfr. Sez. 3, Sentenza n. 11236 del 9.5.2017).

Notificazione non conclusa positivamente per causa non imputabile al richiedente e richiesta di sua ripresa

Cass. Civ., Sez. I, ordinanza 18 ottobre 2018, n. 26296 (Rel. Sambito)

In tema di notificazioni degli atti processuali, qualora la notificazione dell'atto, da effettuarsi entro un termine perentorio, non si concluda positivamente per circostanze non imputabili al richiedente, questi ha la facoltà e l'onere - anche alla luce del principio della ragionevole durata del processo, atteso che la richiesta di un provvedimento giudiziale comporterebbe un allungamento dei tempi del giudizio - di richiedere all'ufficiale giudiziario la ripresa del procedimento notificatorio, e, ai fini del rispetto del termine, la conseguente notificazione avrà effetto dalla data iniziale di attivazione del procedimento, sempreché la ripresa del medesimo sia intervenuta entro un termine ragionevolmente contenuto, tenuti presenti i tempi necessari secondo la comune diligenza per conoscere l'esito negativo della notificazione e per assumere le informazioni ulteriori conseguentemente necessarie (Cass. S.U. n. 17352 del 2009; Cass. n. 586 del 2010; n. 586 del 2010; n.6846 del 2010; n.21154 del 2010; n. 26518 del 2011; n. 4842 del 2012; n. 18174 del 2012; n. 20830 del 2013), tempi che le SU di questa Corte, con sentenza n. 14594 del 2016 hanno precisato non poter superare il limite pari alla metà dei termini indicati dall'art. 325 c.p.c., salvo circostanze eccezionali di cui sia data prova rigorosa (Cass. n. 19059 del 2017; n. 11485 del 2018).

Ricorso per Cassazione: violazione dell’art. 2697 c.c.

Cass. Civ., Sez. VI, ordinanza 18 ottobre 2018, n. 26281 (Rel. Olivieri)

La violazione dell'art. 2697 c.c. si configura se il giudice di merito applica la regola di giudizio fondata sull'onere della prova in modo erroneo, cioè attribuendo l'onus probandi a una parte diversa da quella che ne era onerata secondo le regole di scomposizione della fattispecie basate sulla differenza fra fatti costituivi ed eccezioni, mentre detta violazione non si può ravvisare nella mera circostanza che il giudice abbia valutato le prove proposte dalle parti attribuendo maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività consentita dal paradigma dell'art. 116 c.p.c., che non a caso è rubricato alla "valutazione delle prove"...." (cfr. Cass., Sez. un., sentenza 5 agosto 2016, n. 16598, in motivazione paragr. § 14).

Incompetenza per territorio

Cass. Civ., Sez. VI, ordinanza 18 ottobre 2018, n. 26276 (Rel. Cigna)

In tema di competenza per territorio derogabile, il convenuto ha, ai sensi dell'art. 38 cod. proc. civ., l'onere di contestare nella comparsa di risposta tempestivamente depositata l'incompetenza per territorio del Giudice adito con riferimento a tutti i concorrenti criteri previsti dagli artt. 18, 19 e 20 cod. proc. civ., indicando specificamente, in relazione ai criteri medesimi, quale sia il Giudice che ritiene competente, senza che, verificatasi la suddetta decadenza o risultata comunque inefficace l'eccezione, il Giudice possa rilevare d'ufficio profili di incompetenza non proposti o supplire alla genericità o incompletezza dell'eccezione stessa, restando la competenza del giudice adito radicata in base al profilo non (o non efficacemente) contestato (Cass. n. 6380/2018; conf., tra le altre, Cass. n. 23328/2014 e n. 16136/2013); incompletezza della formulazione dell'eccezione controllabile, anche d'ufficio, dalla Corte di Cassazione in sede di regolamento di competenza (Cass. n. 6380/2018; Cass. n. 13202/2011; Cass. n. 11192/2010). Nel caso di specie, come evidenziato anche dal Tribunale nell'impugnata ordinanza nonché dal Procuratore Generale, l'eccezione d'incompetenza per territorio del Tribunale non è stata formulata in maniera completa, non essendo stata ritualmente contestata la competenza né con riferimento al criterio di collegamento di cui al "forum destinatae solutionis" (art. 20, seconda parte, c.p.c.) né a quello di cui al "giudice del luogo dove la persona giuridica ha uno stabilimento e un rappresentante a stare in giudizio per l'oggetto della domanda" (art. 19, comma 1, cpc).

Imposta di registro: la sentenza ex art. 2932 c.c. è soggetta all’imposta in misura proporzionale

Cass. Civ., Sez. VI, ordinanza 17 ottobre 2018, n. 26090 (Rel. Solaini)

In materia d'imposta di registro, la sentenza ex ad. 2932 c.c., che abbia disposto il trasferimento di un immobile in favore del promissario acquirente, subordinatamente al pagamento del corrispettivo pattuito, è soggetta ad imposta proporzionale e non in misura fissa, anche se ancora soggetta ad impugnazione, trovando applicazione l'art. 27 del d.P.R. n. 13 del 1986, alla stregua del quale non sono considerati sottoposti a condizione sospensiva gli atti i cui effetti dipendano, in virtù di condizione meramente potestativa, dalla mera volontà dell'acquirente, nella specie dall'iniziativa unilaterale del promittente acquirente (Cass. nn. 18006/16, 14470/18, 3806/17, 21625/2015, 16818/2014, 8544/2014, 6116/2011, 11780/2008, 4627/2003, contra Cass. n. 24514/15, non in termini, in quanto, si riferisce a condizione sospensiva non potestativa, mentre, il diverso orientamento di cui Cass. n. 9097/2012 e Cass, ordinanza n. 18180/2013 è isolato e superato). Nel caso di specie, i giudici d'appello hanno "malgovernato" i principi regolatori della materia, in quanto l'art. 27 comma 3 del DPR n. 131 cit., non considera, ai fini fiscali, sottoposti a condizione sospensiva gli atti che fanno dipendere l'avveramento degli effetti della predetta condizione, dalla mera volontà dell'acquirente o del creditore (nel caso di specie, dall'iniziativa unilaterale del promittente acquirente), infatti, la condizione del pagamento del saldo, non rileva ai fini tributari, in quanto, essendo lasciata all'autonomia dell'acquirente (che può decidere unilateralmente di non pagarlo, per ragioni di convenienza), dipende dalla sua mera volontà, e quindi, come disposto dall'art. 27 terzo comma del DPR n. 131 citato, ai fini tributari, tale trasferimento non è considerato sottoposto ad alcuna condizione.

Agevolazioni “prima casa” e acquisto di immobile in costruzione

Cass. Civ., Sez. VI, ordinanza 17 ottobre 2018, n. 26088 (Rel. Solaini)

In tema di agevolazioni tributarie, i benefici fiscali per l'acquisto della "prima casa", previsti dall'art. 1, sesto comma, della legge 22 aprile 1982, n. 168, e dall'art. 2, primo comma, del D.L. 7 febbraio 1985, n. 12 convertito, con modificazioni, nella legge 5 aprile 1985, n. 118, spettano pure all'acquirente di immobile in corso di costruzione, da destinare ad abitazione "non di lusso", anche se tali benefici possono essere conservati soltanto qualora la finalità dichiarata dal contribuente nell'atto di acquisto, di destinare l'immobile a propria abitazione, venga da questo realizzata entro il termine di decadenza del potere di accertamento dell'Ufficio in ordine alla sussistenza dei requisiti per fruire di tali benefici (che con riferimento all'imposta di registro è di tre anni dalla registrazione dell'atto).

Non esiste obbligo di instaurazione del contraddittorio prima dell’emissione dell’avviso di accertamento

Cass. Civ., Sez. VI, ordinanza 17 ottobre 2018, n. 26087 (Rel. Solaini)

Non esiste nel nostro ordinamento un obbligo generale d'instaurazione preventiva del contraddittorio con il contribuente prima dell'emissione dell'avviso d'accertamento, essendo tale obbligo circoscritto, per i tributi "non armonizzati" ai soli casi espressamente previsti (Cass. sez. un. n. 24823/15).

Adempimento del debito, da parte del coobbligato, dopo la dichiarazione di fallimento

Cass. Civ., Sez. I, sentenza 17 ottobre 2018, n. 26003 (Rel. De Marzo)

Il coobbligato, il quale intenda far valere, con l'ammissione al passivo, l'avvenuto pagamento successivo aIla dichiarazione di fallimento, deve dimostrare, ai sensi dell'art. 61, secondo comma, l. fall., il carattere integralmente satisfattivo delle ragioni ereditarie;

il principio di cristallizzazione della massa passiva (ossia della sostanziale immutabilità dell'insinuazione) rende irrilevante il pagamento parziale, ancorché quest'ultimo esaurisca l'obbligazione del solvens (per es., in caso di fideiussore parziale).

Concordato omologato e successiva dichiarazione di fallimento: il credito ammesso al fallimento è quello originario

Cass. Civ., Sez. I, sentenza 17 ottobre 2018, n. 26002 (Rel. Lamorgese)

Gli accordi stipulati nel piano di concordato preventivo omologato, non risolto né annullato, cui segua la dichiarazione di fallimento, non possono restare fermi e, dunque, il credito ammissibile al fallimento è quello originario (per l'intero) e non quello soggetto alla falcidia concordataria.