Inesistenza della notificazione del ricorso in Cassazione

Cass. Civ., Sez. I, ordinanza 8 ottobre 2018, n. 24735 (Rel. Vella)

L'inesistenza della notificazione del ricorso per cassazione è configurabile, in base ai principi di strumentalità delle forme degli atti processuali e del giusto processo, oltre che in caso di totale mancanza materiale dell'atto, nelle sole ipotesi in cui venga posta in essere un'attività priva degli elementi costitutivi essenziali idonei a rendere riconoscibile un atto qualificabile come notificazione, ricadendo ogni altra ipotesi di difformità dal modello legale nella categoria della nullità. Tali elementi consistono: a) nell'attività di trasmissione, svolta da un soggetto qualificato, dotato, in base alla legge, della possibilità giuridica di compiere detta attività, in modo da poter ritenere esistente e individuabile il potere esercitato; b) nella fase di consegna, intesa in senso lato come raggiungimento di uno qualsiasi degli esiti positivi della notificazione previsti dall'ordinamento (in virtù dei quali, cioè, la stessa debba comunque considerarsi, "ex lege", eseguita), restando, pertanto, esclusi soltanto i casi in cui l'atto venga restituito puramente e semplicemente al mittente, così da dover reputare la notificazione meramente tentata ma non compiuta, cioè, in definitiva, omessa (Cass., Sez. Un., 20 luglio 2016 n. 14916).

Le spese nel processo esecutivo

Cass. Civ., Sez. III, sentenza 5 ottobre 2018, n. 24571 (Rel. Porreca)

Il giudice dell'esecuzione, quando provvede alla distribuzione o assegnazione del ricavato o del pignorato al creditore procedente e ai creditori intervenuti, determinando la parte a ciascuno spettante per capitale, interessi e spese, effettua accertamenti funzionali alla soddisfazione coattiva dei diritti fatti valere nel processo esecutivo e, conseguentemente, il provvedimento di liquidazione delle spese dell'esecuzione, in tal caso ammissibile, implica, come tale, un accertamento meramente strumentale alla distribuzione o assegnazione stessa, privo di forza esecutiva e di giudicato al di fuori del processo in cui è stato adottato, sicché le suddette spese, quando e nella misura in cui restino insoddisfatte, sono irripetibili.

Omessa ctu e ricorso in Cassazione

Cass. civ., Sez. III, ordinanza 5 ottobre 2018, n. 24567 (Rel. Di Florio)

Il giudizio sulla necessità ed utilità di far ricorso allo strumento della consulenza tecnica d'ufficio rientra nel potere discrezionale del giudice del merito, la cui decisione è, di regola, incensurabile nel giudizio di legittimità; tuttavia, giusta la nuova formulazione dell'art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., è consentito denunciare in Cassazione, oltre all'anomalia motivazionale, solo il vizio specifico relativo all'omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che sia stato oggetto di discussione tra le parti, ed abbia carattere decisivo. Ne consegue che il ricorrente non può limitarsi a denunciare l'omesso esame di elementi istruttori, ma deve indicare l'esistenza di uno o più fatti specifici, il cui esame è stato omesso, il dato, testuale o extratestuale, da cui essi risultino, il "come" ed il "quando" tali fatti siano stati oggetto di discussione processuale tra le parti e la loro decisività" ( cfr. Cass. n. 7472/2017; Cass. n. 17399/2015 ).

L’iscrizione ipotecaria su beni di valore superiore al credito non è fonte di responsabilità per il creditore

Cass. Civ., Sez. III, ordinanza 5 ottobre 2018, n. 24565 (Rel. Pellecchia)

La mera iscrizione ipotecaria effettuata dal creditore su beni di valore eccedente il credito vantato non è idonea a costituire fonte di danno risarcibile (cfr., ex multis, Cass. civ. Sez. I, 30 luglio 2010, n. 17902; Cass. civ. Sez. III, 3 settembre 2007, n. 18533; Cass. civ., Sez. III, 24 luglio 2007, n. 16308).

Polizze “vita”: mancata risposta al questionario e annullabilità del contratto – Dichiarazioni reticenti

Cass. Civ., Sez. III, ordinanza 5 ottobre 2018, n. 24563 (Rel. Fiecconi)

Per valutare la correttezza del comportamento assunto dall'assicurato in rapporto agli obblighi informativi cui era tenuto nello stipulare la polizza "vita", il giudice, dunque, deve porre la sua attenzione sugli elementi denotanti le condizioni di salute, presenti al tempo della sottoscrizione della polizza, già noti o conoscibili da parte dell'assicurato in base a un criterio di ordinaria di diligenza, senza tener conto di quanto accaduto ex post se non in termini di ulteriore elemento di riscontro circa il collegamento logico-temporale con lo stato pregresso di salute. La pronuncia impugnata dimostra, invece, di non aver adeguatamente considerato i criteri dettati dalla Corte di legittimità per svolgere una corretta applicazione della norma, che impone un adeguato scrutinio del complessivo contegno tenuto dall'assicurato al momento della stipula del contratto di assicurazione, riportando la situazione ex ante. La Corte d'appello, in particolare, ha trascurato la rilevanza del questionario sottoposto al paziente, le cui mancate risposte sono da valutarsi unitamente agli esiti di pregressi ricoveri, indagini e analisi mediche e alle eventuali cure intraprese, conosciuti dall'assicurato al tempo della stipula del contratto.

Assicurazione contro il rischio di incendio: la clausola che prevede la corresponsione dell’indennizzo soltanto dopo che le cose distrutte siano state riparate o sostituite non è limitativa della responsabilità dell’assicuratore

Cass. Civ., Sez. III, ordinanza 5 ottobre 2018, n. 24562 (Rel. Fiecconi)

La tesi dell'apposizione di una condizione che, se non realizzata, faccia venir meno la pretesa contrattuale, dal giudice del merito è stata ritenuta non delimitativa della responsabilità, in quanto riferita a un diritto di indennizzo, derivante da un contratto di assicurazione contro il rischio di incendio, ove l' onere di preventivo esborso a carico dell'assicurato non ha snaturato il rischio oggetto dell'assicurazione, ma ha limitato l'oggetto della prestazione al rimborso delle spese di riparazione di stampi industriali di cui non è stata neanche dimostrata la obiettiva irrealizzabilità. La clausola, che sul piano formale è risultata essere specificamente sottoscritta, è stata ritenuta meritevole di tutela perché non impone una delimitazione di responsabilità sull'assicuratore, ma pone una condizione lecita e possibile, delimitante l' oggetto della prestazione assicurativa, che è stata preventivamente accettata dall'assicurato e, pertanto, non è in grado di snaturare la ripartizione del rischio di incendio indicato nel contratto di assicurazione. Pertanto, anche volendo valutare l'interpretazione data sotto lo spettro di un'interpretazione complessiva che attribuisce a ciascuna clausola il senso che risulta dal complesso dell'atto ( 1363 cod. civ. ), e che comunque assicura un'interpretazione a favore del contraente più debole ( art. 1370 co.civ. ), è il caso di sottolineare che l'indennizzo che «verrà corrisposto dalla società soltanto dopo che le cose distrutte o danneggiate saranno state riparate » dalla Corte di merito è stato ritenuto essere frutto di un bilanciamento di interessi preventivamente valutati al tempo della stipula del contratto, e ciò al fine di determinare il premio assicurativo corrispondente al rischio assicurato. La pattuizione, pertanto, nell'economia del contratto di assicurazione, è stata intesa nel senso di circoscrivere l'adempimento della prestazione all'esborso, per sua natura non inesigibile, che l'assicurato deve affrontare per la riparazione. Un giudizio di tal tenore, pertanto, appare del tutto congruente con i criteri indicati da questa Corte di legittimità per scrutinare la validità delle condizioni apposte nel contratto di assicurazione. Esso, dunque, è incensurabile in tale sede.

Gli obblighi informativi dell’intermediario finanziario ed il concreto profilo dell’investitore

Cass. Civ., Sez. VI, ordinanza 4 ottobre 2018, n. 24393 (Rel. Dolmetta)

La prestazione dell'informazione circa margini e termini di rischio di una specifica operazione si pone come momento in sé funzionale a che l'investitore vada a considerare - nel caso, a riconsiderare - gli effettivi suoi interesse e propensione a procedere nel senso di investimenti particolarmente rischiosi. E non già - questo è il punto - rispetto all'astratto atteggiarsi una categoria concettuale, secondo quanto per regola avviene nel momento del rilascio, da parte dell'investitore, della dichiarazione generale sui propri obiettivi di investimento. Bensì con riferimento a una singola, concreta operazione di investimento, come ormai individuata in tutti i suoi aspetti salienti. Neppure la sussistenza di una buona conoscenza del mercato finanziario, tratta dall'esperienza della relativa pratica, viene a incidere sulla consistenza degli obblighi informativi dell'intermediario; infatti, come ha rilevato la già richiamata pronuncia n. 8333/2018, la «buona conoscenza del mercato finanziario è indizio, semmai, della capacità di distinguere tra investimenti consigliabili e sconsigliabili, sempre che, però, si disponga delle necessarie informazioni sullo specifico prodotto oggetto dell'operazione, che dunque si ha tutto l'interesse a ricevere». Ché, anzi, proprio perché frutto del mero accumularsi delle operazioni effettuate, la «buona conoscenza» dell'investitore ha particolarmente bisogno di essere vigilata e nutrita dalla doverosa professionalità dell'intermediario.

Revocazione per errore materiale: non è impugnabile la valutazione fatta dal giudice di non integrare il contraddittorio

Cass. Civ., Sez. VI, ordinanza 4 ottobre 2018, n. 24267 (Rel. Cigna)

L'istanza di revocazione di una pronuncia della Corte di Cassazione, proponibile ai sensi dell'art. 391-bis c.p.c., implica, ai fini della sua ammissibilità, un errore di fatto riconducibile all'art. 395, n. 4, c.p.c., che consiste in un errore di percezione, o in una mera svista materiale, che abbia indotto il giudice a supporre l'esistenza (o l'inesistenza) di un fatto decisivo, che risulti, invece, in modo incontestabile escluso (o accertato) in base agli atti e ai documenti di causa, sempre che tale fatto non abbia costituito oggetto di un punto controverso, su cui il giudice si sia pronunciato. L'errore in questione presuppone, quindi, il contrasto fra due diverse rappresentazioni dello stesso fatto, delle quali una emerge dalla sentenza, l'altra dagli atti e documenti processuali, sempreché la realtà desumibile dalla sentenza sia frutto di supposizione e non di giudizio, formatosi sulla base di una valutazione" (Cass. 442/2018); nel caso di specie la Suprema Corte non è incorsa in nessun errore di percezione, avendo ben tenuto presente la circostanza del contraddittorio non integro per la mancanza della proprietaria dell'autovettura tamponante (litisconsorte necessario) e valutando tuttavia inutile, stante l'anticipata conferma del rigetto della domanda risarcitoria, la richiesta integrazione; siffatta attività di valutazione non può essere oggetto di ricorso per revocazione.

Ricorso per Cassazione: la notificazione telematica della sentenza impugnata

Cass. Civ., Sez. VI, ordinanza 4 ottobre 2018, n. 24253 (Rel. Orilia)

In tema di ricorso per cassazione, qualora la notificazione della sentenza impugnata sia stata eseguita con modalità telematiche, per soddisfare l'onere di deposito della copia autentica della decisione con la relazione di notificazione, il difensore del ricorrente, destinatario della suddetta notifica, deve estrarre copia cartacea del messaggio di posta elettronica certificata pervenutogli e dei suoi allegati (relazione di notifica e provvedimento impugnato), attestare con propria sottoscrizione autografa la conformità agli originali digitali della copia formata su supporto analogico, ai sensi dell'art. 9, commi 1 bis e 1 ter, I. n. 53 del 1994, e depositare nei termini quest'ultima presso la cancelleria della S.C., mentre non è necessario provvedere anche al deposito di copia autenticata della sentenza estratta dal fascicolo informatico

Credito fondiario

Cass. Civ., Sez. VI, ordinanza 3 ottobre 2018, n. 24138 (Rel. Dolmetta)

Il credito fondiario - che non rispetti il rapporto tra valore del bene ipotecato e montante del mutuo concesso fissato dalla normativa di cui all'art. 38 TUB - è nullo perché posto in essere in violazione di norme imperative (Cass., 13 luglio 2017, n. 17352, Cass., 9 maggio 2018, n. 11201; Cass., 16 marzo 2018, n. 6586; Cass., 12 aprile 2018, n. 9079; Cass., 11 maggio 2018, n. 11543; Cass., 28 maggio 2018, n. 13285; Cass., 28 maggio 2018, n. 13286). In realtà, il limite dell'«ammontare massimo del finanziamento» posto dalla norma dell'art. 38, comma 2, TUB (come poi specificato dalla correlata normativa regolamentare) è requisito che non si accontenta della presenza di riscontri formali, ma attiene alla sostanza del rapporto tra misura del credito concedibile e valore della garanzia a servizio. Secondo quanto discende prima di tutto dalla caratteristica strutturale di base del mutuo fondiario, quale concessione di credito in cui la valutazione del futuro «rientro» dell'erogato viene in modo specifico a puntualizzarsi, se non propriamente a circoscriversi, su determinati beni immobili portati in garanzia.