Sulla notifica degli atti introduttivi alle Amministrazioni presso l’Avvocatura dello Stato

Cass. Civ., sez. III, sentenza 8 novembre 2018, n. 28528 (rel. C. D'Arrigo)

L'impugnazione del preavviso di fermo amministrativo previsto dall'art. 86 del d.P.R. n. 602 del 1973, avendo natura di ordinaria azione di accertamento negativo della pretesa creditoria, segue le regole generali del rito ordinario di cognizione, con la conseguenza che ad essa è applicabile la previsione di cui al combinato disposto dell'art. 144, primo comma, cod. proc. civ. e dell'art. 11, primo comma, del r.d. n. 1611 del 1933, in forza del quale l'atto introduttivo del giudizio nei confronti di un'amministrazione dello Stato deve essere notificato presso l'ufficio dell'Avvocatura dello Stato nel cui distretto ha sede l'autorità giudiziaria competente, con esclusione della deroga prevista dagli artt. 6, comma 9, e 7, comma 8, del d.lgs. n. 150 del 2011, valevole solamente per í giudizi di opposizione ad ordinanza-ingiunzione e di opposizione al verbale di accertamento di violazione del codice della strada.

La notificazione dell'atto introduttivo di un giudizio eseguita direttamente all'Amministrazione dello Stato e non presso l'Avvocatura distrettuale dello Stato, nei casi nei quali non vi è deroga alla regola di cui all'art. 11 r.d. n. 1611 del 1933, non può ritenersi affetta da mera irregolarità, ma, secondo quanto espressamente previsto da tale disposizione, da nullità, ma non anche da inesistenza. Essa è quindi suscettibile di rinnovazione ai sensi dell'art. 291 cod. proc. civ., ovvero di sanatoria, qualora l'Amministrazione si costituisca (Sez. 6 - 2, Ordinanza n. 21574 del 2017)
Un'eccezione alla regola generale dell'obbligo di difesa - ed alla conseguente domiciliazione ex lege - delle amministrazioni statali riservata all'Avvocatura dello Stato è rinvenibile nel giudizio di opposizione a ordinanza-ingiunzione e a sanzione amministrativa già regolato dagli artt. 22 ss. della legge 24 novembre 1981, n. 689, e ora regolamentato dagli artt. 6 e 7 del d.lgs. 1° settembre 2011, n. 150.
In particolare, l'art. 6, commi 8 e 9, del d.lgs. n. 150 del 2011, stabilisce che il decreto di fissazione dell'udienza di comparizione delle parti deve essere notificato dalla cancelleria, unitamente al ricorso introduttivo, all'opponente ed all'autorità che ha emesso l'ordinanza impugnata, e che tali parti possono stare in giudizio personalmente, potendo l'autorità opposta avvalersi di funzionari appositamente delegati allorquando detta autorità sia un'amministrazione dello Stato. Ciò comporta, quindi, una deroga all'art. 11, comma primo, del r.d. n. 1611 del 1933 sull'obbligatorietà della notificazione all'Avvocatura dello Stato degli atti introduttivi di un giudizio contro le amministrazioni erariali; inoltre, allorquando l'autorità opposta sia rimasta contumace ovvero si sia costituita personalmente (o tramite funzionario delegato), è derogato anche il secondo comma del sud detto art. 11, che prevede la notificazione degli altri atti giudiziari e delle sentenze presso la stessa Avvocatura (Sez. U, Sentenza n. 599 del 24/08/1999; Sez. 6 - 2, Ordinanza n. 25080 del 07/11/2013; Sez. 2, Sentenza n. 14279 del 19/06/2007).

Rimessa alle Sezioni Unite la questione concernente la responsabilità della P.A., ex art. 28 Cost., per condotte dei dipendenti pubblici dirette a perseguire finalità esclusivamente personali mediante la realizzazione di un reato doloso

Cass. Civ., Sez. III, ordinanza 5 novembre 2018, n. 28079 (Rel. Scrima)

La questione, oggetto di contrasto, concernente la configurabilità della responsabilità civile della P.A., ex art. 28 Cost., anche per le condotte dei dipendenti pubblici dirette a perseguire finalità esclusivamente personali mediante la realizzazione di un reato doloso, quando le stesse siano poste in essere sfruttando, come premessa necessaria, l’occasione offerta dall’adempimento di funzioni pubbliche, e costituiscano, inoltre, non imprevedibile sviluppo dello scorretto esercizio di tali funzioni è stata rimessa al primo Presidente per l'eventuale assegnazione alle Sezioni Unite

Rimessa alle Sezioni Unite la questione del bilanciamento del diritto di cronaca e del diritto all’oblio

Cass. Civ., Sez. III, ordinanza 5 novembre 2018, n. 28084 (Rel. Gianniti)

Il delicato assetto dei rapporti tra diritto all'oblio e diritto di cronaca o di manifestazione del pensiero assume così - alla luce del vigente quadro normativo e giurisprudenziale, nazionale ed europeo, il primo dei quali come di recente innovato, a garanzia del generale principio della certezza del diritto - i contorni della questione di massima di particolare importanza, parendo ormai indifferibile l'individuazione di univoci criteri di riferimento che consentano agli operatori del diritto (ed ai consociati) di conoscere preventivamente i presupposti in presenza dei quali un soggetto ha diritto di chiedere che una notizia, a sé relativa, pur legittimamente diffusa in passato, non resti esposta a tempo indeterminato alla possibilità di nuova divulgazione; e, in particolare, precisare in che termini sussiste l'interesse pubblico a che vicende personali siano oggetto di (ri)pubblicazione, facendo così recedere il diritto all'oblio dell'interessato in favore del diritto di cronaca. Si rimettono pertanto gli atti al Primo Presidente della Corte per l'eventuale assegnazione alle Sezioni Unite della questione di massima di particolare importanza, concernente il bilanciamento del diritto di cronaca - posto al servizio dell'interesse pubblico all'informazione - e del c.d. diritto all'oblio - posto a tutela della riservatezza della persona - alla luce del quadro normativo e giurisprudenziale negli ordinamenti interno e sovranazionale.

Spese processuali

Cass. Civ., Sez. VI, ordinanza 5 novembre 2018, n. 28190 (Rel. La Torre)

La condanna ex art. 91 c.p.c. alle spese processuali a norma dell'art. 91 c.p.c., ha il suo fondamento nell'esigenza di evitare una diminuzione patrimoniale alla parte che ha dovuto svolgere un'attività processuale per ottenere il riconoscimento e l'attuazione di un suo diritto; sicché essa non può essere pronunziata in favore del contumace vittorioso, poiché questi, non avendo espletato alcuna attività processuale, non ha sopportato spese al cui rimborso abbia diritto (cfr. da ultimo Cass. n. 16174 del 19/06/2018). Principio applicabile anche nel processo tributario, come implicitamente confermato dall'art. 15, comma 2 sexies, del d.lgs. n. 546 del 1992 ( Cass., Sez. VI - 5, n. 12195 del 18/05/2018).

Ricorso per cassazione: le questioni nuove o i nuovi temi di contestazione sono inammissibili

Cass. Civ., Sez. VI, ordinanza 2 novembre 2018, n. 28060 (Rel. Nazzicone)

I motivi del ricorso per cassazione devono investire, a pena d'inammissibilità, questioni che siano già comprese nel tema del decidere del giudizio d'appello, non essendo prospettabili per la prima volta in sede di legittimità questioni nuove o nuovi temi di contestazione non trattati nella fase di merito, tranne che non si tratti di questioni rilevabili d'ufficio. Il ricorrente, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità per novità della censura, ha l'onere non solo di allegare l'avvenuta deduzione della questione avanti al giudice del merito, ma anche di indicare in quale atto del precedente giudizio lo abbia fatto, onde dar modo alla Corte di cassa ione di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione, prima di esaminarne il merito (conf. Cass. 22069/2015).

Sulla nullità del saggio degli interessi moratori convenzionali

Cass. Civ., sez. III, ordinanza 30 ottobre 2018, n. 27442 (rel. M. Rossetti)

E' nullo il patto col quale si convengano interessi convenzionali moratori che, alla data della stipula, eccedano il tasso soglia di cui all'art. 2 della I. 7.3.1996 n. 108, relativo al tipo di operazione cui accede il patto di interessi moratori convenzionali.
Il riscontro dell'usurarietà degli interessi convenzionali moratori va compiuto confrontando puramente e semplicemente il saggio degli interessi pattuito nel contratto col tasso soglia calcolato con riferimento a quel tipo di contratto, senza alcuna maggiorazione od incremento: è infatti impossibile, in assenza di qualsiasi norma di legge in tal senso, pretendere che l'usurarietà degli interessi moratori vada accertata in base non al saggio rilevato ai sensi dell'art. 2 I. 108/96, ma in base ad un fantomatico tasso talora definito nella prassi di "mora-soglia", ottenuto incrementando arbitrariamente di qualche punto percentuale il tasso soglia.
Nonostante l'identica funzione sostanziale degli interessi corrispettivi e di quelli moratori, l'applicazione dell'art. 1815, comma secondo, cod. civ. agli interessi moratori usurari non sembra sostenibile, atteso che la norma si riferisce solo agli interessi corrispettivi, e considerato che la causa degli uni e degli altri è pur sempre diversa: il che rende ragionevole, in presenza di interessi convenzionali moratori usurari, di fronte alla nullità della clausola, attribuire secondo le norme generali al danneggiato gli interessi al tasso legale.

Rimessa alle Sezioni Unite la questione concernente gli effetti della sentenza penale sul giudizio civile

Cass. Civ., Sez. VI, ordinanza 30 ottobre 2018, n. 27716 (Rel. Cigna)

Se con riferimento alla domanda di risarcimento dei danni (nella specie derivanti da circolazione di veicolo soggetto ad assicurazione obbligatoria RCA) proposta, avanti il Giudice civile, nei confronti del conducente, del proprietario del veicolo e della società assicurativa della RCA, con atto di citazione notificato in data successiva alla pronuncia della sentenza penale di primo grado emessa nei confronti del conducente imputato per il reato di lesioni personali, ed in difetto di costituzione di parte civile nel processo penale, il giudizio civile per il risarcimento danni debba essere necessariamente sospeso in relazione alla posizione processuale di tutti i litisconsorti sia facoltativi (conducente) che necessari "ex lege" (proprietario ed impresa assicurativa), ai sensi dell'art. 75, comma 3, c.p.p.; ovvero se, invece, la sospensione necessaria predetta operi limitatamente all'azione risarcitoria proposta in sede civile nei confronti del solo conducente-imputato, previa separazione delle cause originariamente connesse, dovendo essere proseguito il giudizio civile nei confronti del proprietario e della società assicurativa; ovvero ancora se la sospensione necessaria ex art. 75, comma 3, c.p.c. non trovi affatto applicazione, laddove la causa risarcitoria -anziché essere proposta nei confronti del solo imputato- sia stata proposta, cumulativamente, anche nei confronti di altri soggetti cui le parti siano tra loro in relazione di litisconsorzio facoltativo, sia nel caso in cui rivestano la posizione di litisconsorti necessari.

Versamenti con carattere solutorio e decorrenza del termine prescrizionale

Cass. Civ., Sez. I, sentenza 30 ottobre 2018, n. 27704 (Rel. Nazzicone)

Poiché la decorrenza della prescrizione dalla data del pagamento è condizionata al carattere solutorio, e non meramente ripristinatorio, dei versamenti, essa sussiste sempre in mancanza di un'apertura di credito: onde, eccepita dalla banca la prescrizione del diritto alla ripetizione dell'indebito per decorso del termine decennale dal pagamento, è onere del cliente provare l'esistenza di un contratto di apertura di credito, che qualifichi quel pagamento come mero ripristino della disponibilità accordata.

Rimessa alle Sezioni Unite la questione concernente l’onere probatorio in tema di prescrizione del diritto alla ripetizione di indebito nei rapporti banca-cliente

Cass. Civ., Sez. I, ordinanza 30 ottobre 2018, n. 27680 (Rel. Lamorgese)

Rimessa alle Sezioni unite la questione concernente il riparto dell'onere probatorio in tema di prescrizione del diritto alla ripetizione di indebito nei rapporti banca-cliente. Secondo un primo orietamento, elemento costitutivo della eccezione di prescrizione estintiva è l'inerzia del titolare del diritto fatto valere in giudizio, mentre la determinazione della durata di questa, necessaria per il verificarsi dell'effetto estintivo, si configura come una quaestio iuris concernente l'identificazione del diritto stesso e del regime prescrizionale per esso previsto dalla legge. Ne consegue che la riserva alla parte del potere di sollevare l'eccezione implica che ad essa sia fatto onere soltanto di allegare il menzionato elemento costitutivo e di manifestare la volontà di profittare di quell'effetto, non anche di indicare direttamente o indirettamente (cioè attraverso specifica menzione della durata dell'inerzia) le norme applicabili al caso di specie, l'identificazione delle quali spetta al potere-dovere del giudice. Pertanto, secondo quest'ultimo orientamento, non incorre nelle preclusioni di legge la parte che, proposta originariamente un'eccezione di prescrizione quinquennale, invochi nel successivo corso del giudizio la prescrizione ordinaria decennale, o viceversa. Inoltre, il riferimento della parte ad uno di tali termini non priva il giudice del potere officioso di applicazione (previa attivazione del contraddittorio sulla relativa questione) di una norma che prevede un termine diverso, atteso che la questione relativa all'applicabilità di uno specifico termine di prescrizione attiene all'obbligo inerente all'esatta applicazione della legge, la cui rilevazione non è riservata al monopolio della parte ma può avvenire anche d'ufficio.
Secondo un diverso orientamento, invece, è onere della banca provare la natura solutoria del versamento per far decorrere da tal momento la prescrizione.