Danni da emotrasfusione: oneri probatori

Cass. Civ., sez. VI, ordinanza 22 aprile 2021, n. 10592 (rel. M. Rossetti)

Nella controversia tra il paziente che assuma di avere contratto un'infezione in conseguenza d'una emotrasfusione, e la struttura sanitaria ove quest'ultima venne eseguita, non è onere del primo allegare e provare che l'ospedale abbia tenuto una condotta negligente o imprudente nella acquisizione e nella perfusione del plasma, ma è onere del secondo allegare e dimostrare di avere rispettato le norme giuridiche e le leges artis che presiedono alle suddette attività.

Danno da perdita del rapporto parentale: non può liquidarsi con le Tabelle di Milano

Cass. Civ., sez. III, sentenza 21 aprile 2021, n. 10579 (rel. E. Scoditti)

Al fine di garantire non solo un'adeguata valutazione delle circostanze del caso concreto, ma anche l'uniformità di giudizio a fronte di casi analoghi, il danno da perdita del rapporto parentale deve essere liquidato seguendo una tabella basata sul sistema a punti, che preveda, oltre l'adozione del criterio a punto, l'estrazione del valore medio del punto dai precedenti, la modularità e l'elencazione delle circostanze di fatto rilevanti, tra le quali, da indicare come indefettibili, l'età della vittima, l'età del superstite, il grado di parentela e la convivenza, nonché l'indicazione dei relativi punteggi, con la possibilità di applicare sull'importo finale dei correttivi in ragione della particolarità della situazione, salvo che l'eccezionalità del caso non imponga, fornendone adeguata motivazione, una liquidazione del danno senza fare ricorso a tale tabella.

Sezioni Unite: per la prova di avvenuta notifica occorre deposito CAD

Cass. Civ., Sezioni Unite., sentenza 15 aprile 2021, n. 10012 (rel. E. Manzon)

In tema di notifica di un atto impositivo ovvero processuale tramite il servizio postale secondo le previsioni della legge 890/1982, qualora l'atto notificando non venga consegnato al destinatario per rifiuto a riceverlo ovvero per temporanea assenza del destinatario stesso ovvero per assenza/inidoneità di altre persone a riceverlo, la prova del perfezionamento della procedura notificatoria può essere data dal notificante esclusivamente mediante la produzione giudiziale dell'avviso di ricevimento della raccomandata che comunica l'avvenuto deposito dell'atto notificando presso l'ufficio postale (c.d. CAD), non essendo a tal fine sufficiente la prova dell'avvenuta spedizione della raccomandata medesima.

Domicilio digitale: notifica PEC al difensore ai fini del termine breve per l’impugnazione

Cass. Civ., sez. VI, ordinanza 16 aprile 2021, n. 10186 (rel. G. Dongiacomo)

Ai fini del termine breve di impugnazione, la notifica della sentenza finalizzata alla decorrenza di quest'ultimo (ove la legge non ne fissi la decorrenza diversamente o solo dalla comunicazione a cura della cancelleria), a garanzia del diritto di difesa della parte che ne è destinataria (in ragione della competenza tecnica del destinatario nella valutazione dell'opportunità della condotta processuale più conveniente da porre in essere ed in relazione agli effetti decadenziali derivanti dalla sua inosservanza), dev'essere univocamente rivolta a tale fine acceleratorio e percepibile come tale dal destinatario e va, dunque, eseguita o nei confronti del procuratore della parte ovvero della parte presso il suo procuratore, nel domicilio eletto o nella residenza dichiarata, con la conseguenza che la notifica alla parte, senza espressa menzione, nella relata di notificazione, del suo procuratore quale destinatario (anche solo presso il quale quella è eseguita), non è idonea a far decorrere il termine breve di impugnazione (Cass. SU n. 20866 del 2020).
Inoltre, il termine breve d'impugnazione, previsto dall'art. 325 c.p.c., decorre dalla notificazione della pronuncia anche per le sentenze emesse ai sensi dell'art. 281 sexíes c.p.c.: le quali, peraltro, non costituiscono un documento distinto dal verbale di causa che la contiene e nel quale il giudice inserisce la redazione del dispositivo e dei motivi della decisione, come si ricava, in particolare, dall'art. 35 disp.att. c.p.c., nel testo introdotto dall'art. 117 del d.lgs. n. 51 del 1998, tant'è che la sottoscrizione da parte del giudice della sentenza emessa ai sensi dell'art. 281 sexíes c.p.c. equivale a sottoscrizione anche del verbale d'udienza, atteso che tale verbale costituisce parte integrante della sentenza stessa, di cui forma un corpo unico.

Consenso informato – Diritto di autodeterminazione: il danno non è in re ipsa – Oneri probatori

Cass. Civ., sez. III, ordinanza 23 marzo 2021, n. 8163 (rel. A. Moscarini)

In tema di responsabilità professionale del medico, in presenza di un atto terapeutico necessario e correttamente eseguito dal quale siano tuttavia derivate conseguenze dannose per la salute, ove tale intervento non sia stato preceduto da un'adeguata informazione del paziente circa i possibili effetti pregiudizievoli non imprevedibili, il medico può essere chiamato a risarcire il danno alla salute solo se il paziente dimostri, anche tramite presunzioni, che, ove compiutamente informato, egli avrebbe verosimilmente rifiutato l'intervento, non potendo altrimenti ricondursi all'inadempimento dell'obbligo di informazione alcuna rilevanza causale sul danno alla salute" (Cass., 3, n. 2847 del 9/2/2010; Cass., 3, n. 2998 del 16/2/2016; Cass. 3, n. 26827 del 14/11/2017).
Sul punto, la giurisprudenza della Suprema Corte è del tutto consolidata nel senso di configurare il diritto all'autodeterminazione quale diritto autonomo e distinto rispetto al diritto alla salute e nell'individuarne il fondamento negli artt. 2, 13 e 32 Cost. (Cass., 3, n. 28985 del 11/11/2019; Cass., 3, n. 16892 del 25/6/2019; Cass., 3, n. 19199 del 19/7/2018; Cass., 3, n. 17022 del 28/6/2018), ma è altresì consolidata nel richiedere un giudizio controfattuale su quale sarebbe stata la scelta del paziente ove fosse stato correttamente informato atteso che, se avesse prestato senza riserve il consenso a quel tipo di intervento, la conseguenza dannosa si sarebbe dovuta imputare esclusivamente alla lesione del diritto alla salute determinata dalla successiva errata esecuzione della prestazione professionale, mentre, se egli avesse negato il consenso, il danno biologico scaturente dalla inesatta esecuzione della prestazione sanitaria sarebbe riferibile "ab origine" alla violazione dell'obbligo informativo e concorrerebbe unitamente all'errore relativo alla prestazione sanitaria alla sequenza causale produttiva della lesione della salute quale danno conseguenza (Cass., 3, n. 28985 del 11/11/2019).
La giurisprudenza è in particolare consolidata nel senso di ritenere che le conseguenze dannose derivanti dal diritto all'autodeterminazione debbano essere debitamente allegate dal paziente tenuto conto che il presupposto della domanda risarcitoria è costituito dalla sua scelta soggettiva (criterio della vicinanza della prova) essendo il discostamento dalle indicazioni terapeutiche del medico, eventualità non rientrante nell'id quod plerunque accidit; al riguardo la prova può essere fornita con ogni mezzo, ivi compreso il notorio, le massime di esperienza e le presunzioni, non essendo configurabile un danno risarcibile "in re ipsa" (Cass., 3, n. 28985 dell'11/11/2019; Cass., 3, n. 20885 del 22/8/2018; Cass., 3, n. 2369 del 31/1/2018; Cass., 3, n. 2998 del 16/2/2016).

Il terzo non può eccepire l’irritualità della chiamata in causa

Cass. Civ., sez. III, ordinanza 1 aprile 2021, n. 9132 (rel. F. Fiecconi)

Il terzo, chiamato in causa su istanza di parte, non può eccepirne l'irritualità per mancata osservanza delle prescrizioni stabilite dall'art. 269, secondo comma, cod. proc. civ., essendo al riguardo carente di interesse, atteso che il suo interesse a far valere questioni relative al rapporto processuale originario è correlato esclusivamente alla correttezza della decisione in merito o in rito su di esso e non anche alla stessa ritualità della chiamata in giudizio. Del resto, il rigore dell'art 269 cod. proc. civ. - nella parte in cui esso dispone che la chiamata in cauta del terzo avvenga mediante citazione a comparire nella prima udienza o in altra udienza all'uopo disposta dal giudice - non può portare alla disapplicazione del precedente articolo 268, il quale ammette l'intervento volontario del terze finché la causa non sia rimessa dall'istruttore al collegio; difatti nulla vieta ci e il terzo, il quale sia stato chiamato in causa tardivamente, possa validamente accettare il contraddittorio, aderendo allo stato in cui la causa si trova, in tal caso la partecipazione del terzo alla lite, pur essendo stata provocata da una delle parti, deve considerarsi rituale sotto il profilo dell'intervento volontario». Sez. 2, Sentenza n. 1136 del 23/3/1977; in senso conforme, Sez. 2, Sentenza n. 4680 del 18/10/1978).

Danno da perdita del rapporto parentale: escluso il danno esistenziale

Cass. Civ., sez. III, ordinanza 26 marzo 2021, n. 8622 (rel. D. Sestini)

In virtù del principio di unitarietà e onnicomprensività del risarcimento del danno non patrimoniale, deve escludersi che al prossimo congiunto di persona deceduta in conseguenza del fatto illecito di un terzo possano essere liquidati sia il danno da perdita del rapporto parentale che il danno esistenziale, poiché il primo già comprende lo sconvolgimento dell'esistenza, che ne costituisce una componente intrinseca (Cass. n. 30997/2018, conforme a Cass. n. 25351/2015), atteso che, in tema di risarcimento del danno non patrimoniale, in assenza di lesione alla salute, ogni "vulnus" arrecato ad altro valore costituzionalmente tutelato va valutato ed accertato, all'esito di compiuta istruttoria, in assenza di qualsiasi automatismo, sotto il duplice aspetto risarcibile sia della sofferenza morale che della privazione, ovvero diminuzione o modificazione delle attività dinamico-relazionali precedentemente esplicate dal danneggiato, cui va attribuita una somma che tenga conto del pregiudizio complessivamente subito sotto entrambi i profili, senza ulteriori frammentazioni nominalistiche (Cass. n. 23469/2018).

Responsabilità degli amministratori: inoperatività della polizza in caso di dolo – rigetto manleva

Tribunale di Palermo, sez. V civ., sentenza 30 ottobre 2020, n. 3545 (rel. R. Monfredi)

Va rigettata la domanda di manleva proposta dal convenuto amministratore della società nei confronti della compagnia assicuratrice. Per un verso, infatti, va rilevato che le conseguenze connesse alla carica di amministratore di società sono esplicitamente escluse dal rischio garantito (art. 7.3 condizioni generali polizza) e, per altro verso, va evidenziata la natura dolosa dei fatti fonte di responsabilità, con conseguente applicabilità dell’ultimo inciso del comma 1^ dell’art. 1917 c.c. (assicurazione della responsabilità civile) che esplicitamente statuisce: “sono esclusi i danni derivanti da fatti dolosi”.
Posto che la questione attiene all’individuazione dell’oggetto del contratto e dunque non è un’eccezione in senso proprio (cfr. ex multis Cass. sez. III civ. n. 18742/19) e che l’accertamento del dolo in sede civile è autonomo rispetto a quello penale e prescinde anche dall’effettiva celebrazione del processo penale (cfr. Cass. sez. III civ. nn. 26505/09 e 7242/05), ritiene il collegio che, nel caso di specie, la circostanza che l’autore delle condotte distrattive ne sia anche il beneficiario diretto o indiretto unitamente ai propri fratelli e/o a società a loro riconducibili elida ogni dubbio in ordine al carattere doloso delle stesse.

Perdita del rapporto parentale: Tabelle di Milano e personalizzazione nella misura minima

Cass. Civ., sez. III, sentenza 18 marzo 2021, n. 7770 (rel. E. Scoditti)

Nella liquidazione equitativa del danno da perdita del rapporto parentale - diversamente da quanto statuito per il pregiudizio arrecato all'integrità psico-fisica - le tabelle predisposte dal Tribunale di Milano non costituiscono concretizzazione paritaria dell'equità su tutto il territorio nazionale; tuttavia, qualora il giudice scelga di applicare i predetti parametri tabellari, la personalizzazione del risarcimento non può discostarsi dalla misura minima ivi prevista senza dar conto nella motivazione di una specifica situazione, diversa da quelle già considerate come fattori determinanti la divergenza tra il minimo e il massimo, che giustifichi la decurtazione (Cass. 14 novembre 2019, n. 29495; 29 maggio 2019, n. 14746).