Calcolo del danno differenziale: la l. 145/2018 adotta il criterio di scomputo per sommatoria o integrale anzichè per poste, con conseguente diritto di regresso dell’Inail per le somme a qualsiasi titolo pagate.
Irretroattività della Legge di bilancio 2019

Cass. Cvi., sez. L., 19 aprile 2019, n. 11114 (rel. D. Calafiore)

La legge n. 145 del 2018 ha inciso sui criteri di calcolo del danno cd. differenziale, modificando le voci da prendere in esame per determinare il quantum che, secondo il disposto dell'art. 10, comma 6, "ascende a somma maggiore dell'indennità liquidata all'infortunato o ai suoi aventi diritto"; correlativamente, è stato modificato il quantum di ciò che l'Istituto può pretendere in via di regresso nei confronti del responsabile civile; sostanzialmente, la finanziaria del 2019 ha imposto, ai fini del calcolo del danno differenziale, l'adozione di un criterio di scomputo "per sommatoria" o "integrale", anziché "per poste", con conseguente diritto di regresso dell'Istituto per "le somme a qualsiasi titolo pagate".

Erogazione del mutuo e contestuale costituzione di deposito cauzionale

Trib. Roma, Sez. III, 16 gennaio 2019

La costituzione presso la Banca di un deposito cauzionale infruttifero, intestato alla parte mutuataria e destinato ad essere svincolato all’esito dell’adempimento degli obblighi e alla realizzazione delle condizioni contrattuali, è da considerarsi come effettiva erogazione della somma da parte del mutuante, tenuto conto che la costituzione del deposito realizza quella piena disponibilità giuridica considerabile come equivalente della traditio materiale della somma.

Società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio: il dovere di controllo dei sindaci comprende anche i profili contabili

Cass. Civ., Sez. III, ordinanza 19 febbraio 2019, n. 4723 (Rel. Di Florio)

In tema di sanzioni amministrative per violazione delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria la responsabilità dei sindaci sussiste anche con riguardo ad operazioni con “parti correlate o in situazione di potenziale conflitto di interessi con gli ammnistratori”, realizzate al di fuori dell’oggetto sociale, essendo insufficiente, in tal senso il controllo del comitato interno, volto, viceversa, alla verifica del contenuto economico dell’operazione. La violazione contestata dalla Consob risulta pienamente integrata quando risulti l’omesso o l’inadeguato esercizio dell’attività di controllo da parte dei sindaci delle società quotate, non essendo il danno un elemento costitutivo dell’illecito, quanto invece parametro per la determinazione della sanzione; la responsabilità dei sindaci sussiste, dunque, indipendentemente dall’esito delle singole operazioni ed anche a fronte di insufficienti informazioni da parte degli amministratori, potendo gli stessi avvalersi della vasta gamma di strumenti informativi ed istruttori, prevista dall’art. 149 del d.lgs. n. 58 del 1998 (cfr. Cass. 5357/2018).

Il presupposto della responsabilità del preponente per il fatto del promotore finanziario è rappresentato dal rapporto di necessaria occasionalità tra incombenze affidate e fatto del promotore

Cass. Civ., Sez. III, ordinanza 22 novembre 2018, n. 30161

In tema di intermediazione finanziaria, la società preponente risponde in solido del danno causato al risparmiatore dai promotori finanziari da essa indicati in tutti i casi in cui sussista un nesso di occasionalità necessaria tra il danno e l'esecuzione delle incombenze affidate al promotore. Questa responsabilità solidale non viene meno per il fatto che il preposto, abusando dei suoi poteri, abbia agito per finalità estranee a quelle del preponente, ma deve essere esclusa quando la condotta del danneggiato presenti connotati di anomalia, vale a dire, se non di collusione, quanto meno di consapevole acquiescenza alla violazione delle regole gravanti sul promotore, palesata da elementi presuntivi, quali il numero o la ripetizione delle operazioni poste in essere con modalità irregolari, il valore complessivo delle stesse, l'esperienza acquisita nell'investimento di prodotti finanziari, la conoscenza del complesso iter funzionale alla sottoscrizione di programmi di investimento e le sue complessive condizioni culturali e socio-economiche.

L’approvazione, anche tacita, dell’estratto conto non impedisce di sollevare contestazioni ed eccezioni fondate su ragioni sostanziali attinenti alla legittimità dell’inclusione o dell’eliminazione di partite di conto

Cass. Civ., Sez. VI, ordinanza 20 novembre 2018, n. 30000

Ai sensi dell’art. 1832 c.c., la mancata contestazione dell’estratto conto e la connessa implicita approvazione delle operazioni in esso annotate riguardano gli accrediti e gli addebiti considerati nella loro realtà effettuale, nonché la verità contabile, storica e di fatto delle operazioni annotate (con conseguente decadenza delle parti dalla facoltà di proporre eccezioni relative ad esse), ma non impediscono la formulazione di censure concernenti la validità ed efficacia dei rapporti obbligatori sottostanti. Tutto ciò significa che l’approvazione tacita del conto non impedisce di sollevare contestazioni che siano fondate su ragioni sostanziali attinenti alla legittimità, in relazione al titolo giuridico, dell’inclusione o dell’eliminazione di partite del conto corrente.

Nel contratto di mutuo, l’onere di provare l’esistenza del titolo è posto a carico del mutuante-attore

Cass. Civ., Sez. II, ordinanza 29 novembre 2018, n. 30944

Qualora l’attore fondi la sua domanda su un contratto di mutuo, la contestazione, da parte del preteso mutuatario, circa la causale del versamento, non si tramuta in eccezione in senso sostanziale, sì da invertire l’onere della prova, giacché negare l’esistenza di un contratto di mutuo non significa eccepirne l’inefficacia o la modificazione o l’estinzione, ma significa negare il titolo posto a base della domanda, ancorché il convenuto riconosca di aver ricevuto una somma di denaro ed indichi la ragione per la quale tale somma sarebbe stata versata; anche in tale caso, quindi, rimane fermo l’onere probatorio a carico dell’attore, con le relative conseguenze nel caso di mancata dimostrazione dei fatti costitutivi del contratto di mutuo.

Le spese liquidate nel processo esecutivo non hanno efficacia di giudicato al di fuori del relativo procedimento

Cass. Civ., Sez. III, sentenza 5 ottobre 2018, n. 24571 (Rel. Porreca)

Il giudice dell'esecuzione, quando provvede alla distribuzione o assegnazione del ricavato o del pignorato al creditore procedente e ai creditori intervenuti, determinando la parte a ciascuno spettante per capitale, interessi e spese, effettua accertamenti funzionali alla soddisfazione coattiva dei diritti fatti valere nel processo esecutivo e, conseguentemente, il provvedimento di liquidazione delle spese dell'esecuzione, in tal caso ammissibile, implica, come tale, un accertamento meramente strumentale alla distribuzione o assegnazione stessa, privo di forza esecutiva e di giudicato al di fuori del processo in cui è stato adottato, sicché le suddette spese, quando e nella misura in cui restino insoddisfatte, sono irripetibili

Ammissione dell’intero credito in caso di concordato omologato cui sopraggiunga la dichiarazione di fallimento

Cass. Civ., Sez. I, sentenza 17 ottobre 2018, n. 26002 (Rel. Lamorgese)

Gli accordi stipulati nel piano di concordato preventivo omologato, non risolto né annullato, cui segua la dichiarazione di fallimento, non possono restare fermi e, dunque, il credito ammissibile al fallimento è quello originario (per l'intero) e non quello soggetto alla falcidia concordataria

Rimessa alle Sezioni Unite la questione concernente il riparto dell’onere probatorio in tema di prescrizione del diritto alla ripetizione di indebito nei rapporti banca-cliente

Cass. Civ., Sez. I, ordinanza 30 ottobre 2018, n. 27680 (Rel. Lamorgese)

Nei rapporti banca-cliente, il termine prescrizionale dell’azione di ripetizione da indebito decorre dal giorno del versamento, nel caso di versamento avente natura solutoria, e dal giorno di chiusura del conto, nella diversa ipotesi di versamento avente natura ripristinatoria. Ciò posto, su chi ricade l’onere di provare la natura solutoria o ripristinatoria del versamento ai fini dell’esatta individuazione del dies a quo del termine prescrizionale?