Rimessa alle Sezioni Unite la questione concernente gli effetti della sentenza penale sul giudizio civile

Cass. Civ., Sez. VI, ordinanza 30 ottobre 2018, n. 27716 (Rel. Cigna)

Se con riferimento alla domanda di risarcimento dei danni (nella specie derivanti da circolazione di veicolo soggetto ad assicurazione obbligatoria RCA) proposta, avanti il Giudice civile, nei confronti del conducente, del proprietario del veicolo e della società assicurativa della RCA, con atto di citazione notificato in data successiva alla pronuncia della sentenza penale di primo grado emessa nei confronti del conducente imputato per il reato di lesioni personali, ed in difetto di costituzione di parte civile nel processo penale, il giudizio civile per il risarcimento danni debba essere necessariamente sospeso in relazione alla posizione processuale di tutti i litisconsorti sia facoltativi (conducente) che necessari "ex lege" (proprietario ed impresa assicurativa), ai sensi dell'art. 75, comma 3, c.p.p.; ovvero se, invece, la sospensione necessaria predetta operi limitatamente all'azione risarcitoria proposta in sede civile nei confronti del solo conducente-imputato, previa separazione delle cause originariamente connesse, dovendo essere proseguito il giudizio civile nei confronti del proprietario e della società assicurativa; ovvero ancora se la sospensione necessaria ex art. 75, comma 3, c.p.c. non trovi affatto applicazione, laddove la causa risarcitoria -anziché essere proposta nei confronti del solo imputato- sia stata proposta, cumulativamente, anche nei confronti di altri soggetti cui le parti siano tra loro in relazione di litisconsorzio facoltativo, sia nel caso in cui rivestano la posizione di litisconsorti necessari.

Versamenti con carattere solutorio e decorrenza del termine prescrizionale

Cass. Civ., Sez. I, sentenza 30 ottobre 2018, n. 27704 (Rel. Nazzicone)

Poiché la decorrenza della prescrizione dalla data del pagamento è condizionata al carattere solutorio, e non meramente ripristinatorio, dei versamenti, essa sussiste sempre in mancanza di un'apertura di credito: onde, eccepita dalla banca la prescrizione del diritto alla ripetizione dell'indebito per decorso del termine decennale dal pagamento, è onere del cliente provare l'esistenza di un contratto di apertura di credito, che qualifichi quel pagamento come mero ripristino della disponibilità accordata.

Rimessa alle Sezioni Unite la questione concernente l’onere probatorio in tema di prescrizione del diritto alla ripetizione di indebito nei rapporti banca-cliente

Cass. Civ., Sez. I, ordinanza 30 ottobre 2018, n. 27680 (Rel. Lamorgese)

Rimessa alle Sezioni unite la questione concernente il riparto dell'onere probatorio in tema di prescrizione del diritto alla ripetizione di indebito nei rapporti banca-cliente. Secondo un primo orietamento, elemento costitutivo della eccezione di prescrizione estintiva è l'inerzia del titolare del diritto fatto valere in giudizio, mentre la determinazione della durata di questa, necessaria per il verificarsi dell'effetto estintivo, si configura come una quaestio iuris concernente l'identificazione del diritto stesso e del regime prescrizionale per esso previsto dalla legge. Ne consegue che la riserva alla parte del potere di sollevare l'eccezione implica che ad essa sia fatto onere soltanto di allegare il menzionato elemento costitutivo e di manifestare la volontà di profittare di quell'effetto, non anche di indicare direttamente o indirettamente (cioè attraverso specifica menzione della durata dell'inerzia) le norme applicabili al caso di specie, l'identificazione delle quali spetta al potere-dovere del giudice. Pertanto, secondo quest'ultimo orientamento, non incorre nelle preclusioni di legge la parte che, proposta originariamente un'eccezione di prescrizione quinquennale, invochi nel successivo corso del giudizio la prescrizione ordinaria decennale, o viceversa. Inoltre, il riferimento della parte ad uno di tali termini non priva il giudice del potere officioso di applicazione (previa attivazione del contraddittorio sulla relativa questione) di una norma che prevede un termine diverso, atteso che la questione relativa all'applicabilità di uno specifico termine di prescrizione attiene all'obbligo inerente all'esatta applicazione della legge, la cui rilevazione non è riservata al monopolio della parte ma può avvenire anche d'ufficio.
Secondo un diverso orientamento, invece, è onere della banca provare la natura solutoria del versamento per far decorrere da tal momento la prescrizione.

Notificazione di atto destinato a società

Cass. Civ., Sez. I, ordinanza 26 ottobre 2018, n. 27299 (Rel. Vella)

Il vigente art. 145, comma terzo, cod. proc. civ., consente la notificazione dell'atto destinato ad una società anche e direttamente nei confronti della persona fisica che rappresenta l'ente impersonale, ai sensi degli artt. 140 e 143 cod. proc. civ. (Cass. n. 18762/2011, n. 9237/2012, n. 2232/2017), incluso l'utilizzo del servizio postale e degli avvisi di deposito di cui all'art. 8, comma 2, della legge n. 890 del 1982, che costituiscono modalità sostanzialmente equivalenti alla notificazione ex art. 140 cod. proc. civ. (Sez. 1, 16/03/2018 n. 6654). In particolare, con specifico riferimento alle notificazioni in sede prefallimentare, questa Corte ha da tempo chiarito che l'art. 145 cod. proc. civ. - come riformato dall'art. 2 della legge 28 dicembre 2005, n. 263, in vigore dall'1 marzo 2006 e quindi applicabile ratione temporis - prevede «non più in via residuale, ma alternativa, la possibilità di notificare l'atto destinato ad un ente direttamente alla persona che lo rappresenta (purché ne siano indicati nell'atto qualità, residenza, domicilio o dimora), dunque senza previo tentativo di notificazione all'ente presso la sede legale, secondo le modalità disciplinate, per le persone fisiche, dagli artt. 138, 139 e 141 cod. proc. civ.» (Cass., Sez. VI-1, 03/05/2012 n. 6693; conf. Cass., Sez. I, 13/12/2012 n. 22957; Cass., Sez. VI-5, 06/04/2017 n. 9009; Cass., Sez. V, 04/04/2018, n. 8300).

Il decorso del “termine lungo” rende inammissibile l’impugnazione, anche se ancora pendente il “termine breve”

Cass. Civ., Sez. VI, ordinanza 24 ottobre 2018, n. 26960 (Rel. Cigna)

Ai sensi dell'art. 327 c.p.c., la decadenza dall'impugnazione per decorso del termine lungo dalla pubblicazione della sentenza, si verifica "indipendentemente dalla notificazione", e pertanto anche nel caso in cui - effettuata la notificazione della sentenza - il termine breve di impugnazione ex art. 325 c.p.c. venga a scadere in un momento successivo alla scadenza del termine lungo (Cass. n. 6187/2016; conf. Cass. n. 26272/2005; Cass. n. 8191/2000); in altre parole, una volta scaduto il termine lungo, l'impugnazione è comunque inammissibile, essendo irrilevante che non sia invece scaduto, per effetto di una notifica della sentenza impugnata, il termine breve.

La notifica della sentenza effettuata a mezzo PEC fa decorrere il termine breve per impugnare

Cass. Civ., Sez. VI, ordinanza 23 ottobre 2018, n. 26866 (Rel. De Stefano)

La notifica della sentenza effettuata alla controparte a mezzo PEC (ex art. 3 bis della I. n. 53 del 1994 nel testo, applicabile ratione temporis, modificato dall'art. 16 quater, comma 1, lett. d), del d.l. n. 179 del 2012, conv., con modif., dalla I. n. 228 del 2012) è idonea a far decorrere il termine breve d'impugnazione nei confronti del destinatario, ove il notificante provi di aver allegato e prodotto la copia cartacea del messaggio di trasmissione a mezzo posta elettronica certificata, le ricevute di avvenuta consegna e accettazione e la relata di notificazione, sottoscritta digitalmente dal difensore, nonché la copia conforme della sentenza che, trattandosi di atto da notificare non consistente in documento informatico, sia stata effettuata mediante estrazione di copia informatica dell'atto formato su supporto analogico e attestazione di conformità ex art. 16 undecies del citato d.l. n. 179 del 2012 (Cass., ordinanza 19 settembre 2017, n. 21597); inoltre, «il deposito di documentazione concernente l'avvenuta notifica della sentenza effettuata alla controparte a mezzo PEC, ancorché non corredata dalla attestazione di conformità delle ricevute di avvenuta consegna e accettazione del messaggio, è idonea a far decorrere il termine breve d'impugnazione nei confronti del destinatario, qualora quest'ultimo non abbia sollevato alcuna obiezione o contestazione sulla regolarità di tale notifica» (Cass., ordinanza 28 novembre 2017, n. 28339).

Violazione dell’onere probatorio e ricorso per Cassazione

Cass. Civ., Sez. VI, ordinanza 23 ottobre 2018, n. 26769 (Rel. Dell'Utri)

La violazione dell'art. 2697 c.c. si configura se il giudice di merito applica la regola di giudizio fondata sull'onere della prova in modo erroneo, cioè attribuendo l'onus probandi a una parte diversa da quella che ne era onerata secondo le regole di scomposizione della fattispecie basate sulla differenza fra fatti costituivi ed eccezioni, mentre per dedurre la violazione del paradigma dell'art. 115 c.p.c. è necessario denunciare che il giudice non abbia posto a fondamento della decisione le prove dedotte dalle parti, cioè abbia giudicato in contraddizione con la prescrizione della norma, il che significa che per realizzare la violazione deve aver giudicato, o contraddicendo espressamente la regola di cui alla norma, cioè dichiarando di non doverla osservare, o contraddicendola implicitamente, cioè giudicando sulla base di prove non introdotte dalle parti e disposte invece di sua iniziativa al di fuori dei casi in cui gli sia riconosciuto un potere officioso di disposizione del mezzo probatorio (fermo restando il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio, previsti dallo stesso art. 115 c.p.c.), mentre detta violazione non si può ravvisare nella mera circostanza che il giudice abbia valutato le prove proposte dalle parti attribuendo maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività consentita dal paradigma dell'art. 116 c.p.c., che non a caso è rubricato alla "valutazione delle prove" (Cass. n. 11892 del 2016; cfr. Cass., Sez. Un., sentenza 5 agosto 2016, n. 16598, in motivazione).

La notifica della sentenza reiettiva del reclamo avverso la sentenza dichiarativa di fallimento può essere effettuata dal cancelliere mediante PEC

Cass. Civ., Sez. I, ordinanza 22 ottobre 2018, n. 26638 (Rel. Vella)

In materia di reclamo ex art. 18 legge fall., questa Corte ha già avuto modo di chiarire che «la notifica del testo integrale della sentenza reiettiva del reclamo avverso la sentenza dichiarativa di fallimento, effettuata ai sensi della L. Fall., art. 18, comma 13, dal cancelliere mediante posta elettronica certificata (PEC), ai sensi del D.L. n. 179 del 2012, art. 16, comma 4, convertito con modifiche dalla L. n. 221 del 2012, è idonea a far decorrere il termine breve per l'impugnazione in cassazione ai sensi della L. Fall., art. 18, comma 14, non ostandovi il nuovo testo dell'art. 133 c.p.c., comma 2, come novellato dal D.L. n. 90 del 2014, convertito con modifiche dalla L. n. 114 del 2014, secondo il quale la comunicazione del testo integrale della sentenza da parte del cancelliere non è idonea a far decorrere i termini per le impugnazioni di cui all'art. 325 c.p.c.» (Sez. 1, sent., 20/05/2016 n. 10525; diff. ord. nn. 5374/16 e 18278/15; conf. Sez. 6-1, ord. 30/01/2017 n. 2315; Sez. 1, sent. 20/04/2017 n. 9974; Sez. 1, ord. 09/10/2017 n. 23575, ove si precisa che «il meccanismo previsto dall'art. 18, comma 14, legge fall. ha a fondamento, in ragione delle esigenze di celerità che caratterizzano il procedimento fallimentare, la mera conoscenza legale del provvedimento suscettibile di impugnazione, conoscenza che la comunicazione in forma integrale assicura al pari della notificazione»).

Avverso il provvedimento cautelare non è ammesso ricorso per Cassazione

Cass. Civ., Sez. VI, ordinanza 19 ottobre 2018, n. 26530 (Rel. Rubino)

Avverso il provvedimento cautelare, per sua natura privo di definitività idonea ad incidere con efficacia di giudicato sui diritti controversi, non è ammesso ricorso per cassazione: "Il ricorso straordinario per cassazione ex art. 111 Cost. è proponibile avverso provvedimenti giurisdizionali emessi in forma di ordinanza o di decreto solo quando essi siano definitivi ed abbiano carattere decisorio, essendo in grado di incidere con efficacia di giudicato su situazioni soggettive di natura sostanziale: donde l'inammissibilità dell'impugnazione con tale mezzo dell'ordinanza adottata dal tribunale in sede di reclamo avverso un provvedimento di natura cautelare o possessoria, ancorché se ne deduca la "abnormità", siccome recante statuizioni eccedenti la funzione meramente cautelare, trattandosi di decisione a carattere strumentale ed interinale, operante per il limitato tempo del giudizio di merito e sino all'adozione delle determinazioni definitive all'esito di esso, come tale inidonea a conseguire efficacia di giudicato, sia dal punto di vista formale che da quello sostanziale" (Cass. n. 20954/2017).

Rilevamento della velocità e idonea segnalazione

Cass. Civ., Sez. VI, ordinanza 19 ottobre 2018, n. 26466 (Rel. Scalisi)

Ai sensi dell'art. 2, d.m. 15 agosto 2007, i segnali stradali e i dispositivi di segnalazione luminosi devono essere installati "con adeguato anticipo" rispetto al luogo ove viene effettuato il rilevamento della velocità, e in modo da garantirne il tempestivo avvistamento, in relazione alla velocità locale predominante. La distanza tra i segnali o i dispositivi e la postazione di rilevamento della velocità deve essere valutata in relazione allo stato dei luoghi; in particolare, è necessario che non vi sia tra il segnale e il luogo di effettivo rilevamento una distanza superiore a quattro km, mentre non è stabilita una distanza minima, né assume rilevo la mancata ripetizione della segnalazione di divieto, dopo ciascuna intersezione, per gli automobilisti, che proseguano lungo la medesima strada. A maggior chiarezza va qui osservato che né la legge, né il D.L. n. 117 del 2007, né altra normativa successiva, indica le caratteristiche che debba avere il segnale di avvertimento perché ciò che conta è che si tratti di strada sottoposta a rilevazione elettronica della velocità e che la sussistenza di una apparecchiatura di rilevamento della velocità, sia segnalata agli utenti, nei termini di cui si è detto, con qualunque strumento purché sia adeguato e comunque, visibile, indipendentemente, però che si tratti di dispositivo luminoso, o di un cartello stradale verticale od orizzontale e/o di cartello verticale luminoso a luce intermittente.